Crediamo da sempre che 'i panni sporchi vanno lavati in casa propria' ed il motivo per cui scriviamo quanto segue, riguarda solo il fatto che i protagonisti (dall'una e dall'altra parte in causa e che non menzioniamo) hanno spesso cercato di denigrare il nostro lavoro, provando a metterci in cattiva luce ogni volta che hanno potuto, per 'scalare' quella leadership che rimane indiscussa del nostro giornale on line.
Due giornalisti, infatti, nei giorni scorsi, sono stati licenziati dalla testata per cui lavoravano, tra l'altro di proprietà della Diocesi di Ventimiglia-Sanremo, per non aver accettato quello che dai due è considerato testualmente "Un ricatto consistente nel rinunciare al proprio contratto di lavoro, in regola e a tempo indeterminato, in cambio di un contratto di collaborazione 'capestro' che garantiva, in prima battuta, occupazione fino al 31 dicembre prossimo (con possibilità di tacito rinnovo) e come se ciò non bastasse, destinava parte dello stipendio annuale, alcune migliaia di euro, a pagare un 'patto di non concorrenza' a fronte del quale si sarebbero entrambi impegnati, una volta ed eventualmente licenziati dal giornale, a non aprirne altri (giornali) o a collaborare con altri giornali, in provincia di Imperia. Ma non é tutto. Nell'ottica di una riorganizzazione aziendale necessaria per ripianare alcune situazioni debitorie, l'azienda che lascia a casa due persone - e, intanto, acquista in leasing Ipad per tutti (che nessuno ha richiesto) inserisce in azienda almeno una terza persona. Operazione quest'ultima avvenuta in concomitanza con i due licenziamenti di chi, come dall'editore stesso affermato: 'non ha voluto allinearsi'. Davvero un gran bell'esempio di umanità da parte di una Chiesa che, per voce di Papa Francesco, cerca di valorizzare l'uomo nelle sue due massime espressioni che sono il lavoro e la famiglia. In un solo colpo, invece, hanno violato entrambe: il lavoro, licenziando due persone, e la famiglia".
Questa mattina la nostra redazione ha ricevuto un intervento dei due giornalisti ed ovviamente manca la posizione opposta ma, un licenziamento da parte della Curia lascia sicuramente molto perplessi, anche in relazione ad un passaggio di uno dei due che scrive: "Una volta giunto in redazione sono stato posto di fronte a una costrizione: 'o ti licenzi e firmi il nuovo contratto o sei licenziato'. In preda a un crollo nervoso e per paura di commettere errori dettati dalla fretta ho preferito allontanarmi per qualche ora, avvisando l'amministratore delegato sul cancello della redazione. Al mio ritorno in redazione mi sono trovato una lettera di richiamo per essermi allontanato senza giustificazione. Nel frattempo, ero anche andato a fare delle foto per un servizio. A quel punto sono stato colto da un nuovo crollo nervoso, più pesante del primo e sono stato portato in ambulanza in ospedale. Al mio ritorno, mi è stato riferito che il Vescovo non aveva gradito tutto il trambusto e ho trovato sulla scrivania la lettera di licenziamento". Il secondo scrive: "Posso capire i problemi economici, ma da parte dell'editore, essendo diventato padre da poco tempo, a maggior ragione ho più che mai bisogno di sicurezze per il futuro. Con un contratto a tempo indeterminato avevo determinate tutele, con un contratto da collaboratore della durata di soli 3 mesi, tutto ciò non è possibile. Ho chiesto una tutela minima della durata di pochi anni per lavorare con un minimo di serenità, ho ricevuto un aut aut: 'O firmi o sei licenziato'. Tutto questo nel giro di soli 5 giorni, tra la consegna del testo del nuovo contratto e l'ultimatum definitivo. La Chiesa da sempre attenta al sociale e alla difesa della famiglia, lo è ancora di più con la guida di Papa Francesco. Reputo quanto accaduto in contrasto con il messaggio del nuovo Pontefice".
Queste sono, ovviamente, le considerazioni di una delle due parti che ci hanno inviato una loro nota stampa, che a dimostrazione della correttezza e libertà di questo giornale abbiamo pubblicato nella circostanza dei fatti ricevuti senza voler per forza commentare cose che non ci appartengono per nulla.





