Ad oggi sono una ventina coloro che si sono rivolti al Cuav, il Centro per uomini autori di violenza contro le donne, attivo a Imperia, in via Don Abbo, da ottobre 2023.
La struttura, finanziata da fondi ministeriali assegnati alla Regione, è gestita dall’associazione 'White Dove' che dal 1982 si occupa di “buone relazioni” ed è tra le realtà fondatrici di Relive (Relazioni Libere dalle Violenze). I percorsi di cambiamento e recupero esistono dagli anni ’Ottanta in America e nel Nord Europa e arrivano in Italia nel 2009. L’associazione è pioniera nel campo e a Genova è attiva dal 2011. “I programmi funzionano, si registra una netta diminuzione di azioni violente per i soggetti presi in carico”, spiega Silvia Baudrino, psicologa e criminologa, presidente di White Dove. Con una netta differenza tra violenza fisica e psicologica: “Il 98 per cento degli uomini interrompe immediatamente la violenza fisica, quella psicologica richiede più tempo e lavoro”.
Gli uomini si avvicinano al Centro volontariamente oppure a seguito di un provvedimento giudiziario. Negli anni la frequentazione del centro è cambiata, complici le ultime normative che prevedono agevolazioni, come sconti di pena o la sospensione condizionale della pena, per coloro che intraprendono un percorso: “Prima gli uomini arrivavano in maniera spontanea o 'spintanea' ossia spinti dal partner o da qualcuno nella loro rete di conoscenze. Dal 2019 con l’entrata in vigore del Codice Rosso e nel 2023 con la legge 168, la maggior parte arriva in modo coatto, obbligati da provvedimenti giudiziari”.
Il programma inizia con un contatto telefonico da parte dell’uomo e continua con cinque incontri individuali conoscitivi. Se la persona è ritenuta idonea prosegue con un percorso di gruppo, dalla durata di almeno un anno, in cui si affrontano le tematiche legate alla violenza di genere e si dà voce all’uomo: “Evidenze scientifiche dimostrano come un cambiamento più veloce e duraturo derivi da un trattamento di gruppo”, sottolinea Baudrino. “Il primo obiettivo rimane quello di garantire la sicurezza delle donne e dei figli coinvolti in relazioni con violenza”.
Per questo durante il percorso una professionista formata contatta per tre volte la partner per informarla, monitorare il caso, ma anche per invitarla a recarsi in un centro antiviolenza. Un approccio complesso, come complessa è la matrice della violenza: “Non è una questione privata, ma culturale. Si deve affrontare con un approccio ecologico considerando più punti di vista, quello individuale, ma anche famigliare e dell'intera società”.