Attende l’investitura a candidato alla presidenza della Regione, ma da politico navigato qual è Andrea Orlando sa che se arriverà sarà soltanto attraverso un’intesa tra il Pd, di cui è uno dei maggiori esponenti (è anche stato vicesegretario nazionale), e le altre forze chiamate a tentare di comporre il complesso puzzle del "campo largo", con l’obiettivo di riportare il centrosinistra al vertice della Liguria, dopo la lunga stagione di Toti e del centrodestra, interrotta dalla vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’ormai ex governatore.
Intanto, il parlamentare spezzino, tre volte ministro nell’ultimo decennio, cerca di portarsi avanti con incontri mirati da Levante a Ponente. Oggi, all’ora di pranzo, la visita a Sanremo, dove ha incontrato il neo sindaco Alessandro Mager, "scortato" da maggiorenti dem locali e provinciali. Erano presenti anche gli assessori Massimo Donzella (ex Pd, ora civico), Fulvio Fellegara (Generazione Sanremo, vicesindaco) e Lucia Artusi (Pd).
L’abbiamo avvicinato al termine del confronto a Palazzo Bellevue.
Qual è la reale situazione, ad oggi?
"E’ abbastanza incardinata. C’è una coalizione, c’è un confronto programmatico e ci sono alcuni nomi sul tavolo. Tra questi c’è il mio e tra le forze politiche bisognerà registrare qual è quello che ha più gradimento".
Di fatto, però, lei è candidato in pectore. Come dimostra anche questa visita, seguita da altre sul territorio.
"Lo sono diventato perché questo lavoro lo facevo prima ancora delle elezioni: ad oggi dovrebbe essere il centesimo incontro. Non c’è niente di particolare o straordinario. Siamo in una fase di evoluzione, tanto che non ho nemmeno potuto godere della classica settimana di ferie ad agosto. Però è un lavoro che faccio per me, se sarò il candidato. In caso contrario, metterò a disposizione della coalizione una rete di relazioni".
Ma dovranno pur uscire a breve i nomi dei candidati (anche il centrodestra continua a tenere le carte coperte) dato che si voterà a fine ottobre, salvo slittamento a novembre con l'election day legato ad altre due Regioni (Emilia Romagna e Umbria), spinto da Roma...
"Immagino di sì, ma è una domanda da rivolgere alle forze politiche, non a me. L’unica colpa che ho è di aver detto che non sarei indisponibile se mi chiedessero di candidarmi. Ma non ho avanzato richieste. Non sono io a dover valutare se c’è qualcuno migliore o peggiore di me, ma le forze politiche. C’è un tavolo di confronto aperto a livello nazionale e regionale, e c’è un lavoro di scrittura della traccia programmatica. Non stiamo di certo fermi. E’ chiaro a tutti, però, che bisogna arrivare a una stretta molto rapidamente".
Quanto incide il gioco politico d’incastri sulle candidature con le altre due regioni chiamate al voto? Qualcuno sostiene che il Pd non possa fare asso pigliatutto per le presidenze.
"In Umbria non è maturata una candidatura Pd, mentre in Emilia Romagna sì. E, comunque, nelle recenti tornate elettorali il Pd ha sostenuto una candidatura 5Stelle in Sardegna e nel Molise, oltre a un candidato civico in Abruzzo".
La Liguria è matura per un vero "campo largo"?
"A me pare che ci siano tutte le condizioni. Bisogna fare in modo che questo campo sia largo e coerente, dotandolo sostanzialmente di un’effettiva unità programmatica. Per questo il lavoro che si sta facendo anche sul programma non è di routine, considerato che veniamo da valutazioni molto differenti su varie questioni. E’ quindi giusto e importante che prima di imprimere la stretta sul nome del candidato presidente ci sia un chiarimento su alcuni temi di carattere programmatico. Se la scelta dovesse cadere su di me valuterei il tutto. Anche perché, come già detto in tante occasioni, dovremmo essere la coalizione che chiude una stagione e un sistema di potere, il quale a mio avviso aveva tolto ossigeno alla Liguria. E contemporaneamente essere la coalizione capace di evitare la paralisi che rischia di determinarsi a seguito della vicenda giudiziaria. Dobbiamo, quindi, dire con chiarezza quali sono le nostre priorità. Perché la coalizione della paralisi è diventata, nei fatti, quella del centrodestra, al di là dei proclami".
Sanremo ha un po’ sperimentato il "campo largo", con i civici di Mager che hanno aggregato Pd e Generazione Sanremo al ballottaggio, riuscendo così a battere il centrodestra in volata.
"Intanto io distinguo il Totismo dalle forze che, in Regione, hanno sostenuto Toti in questo decennio. Penso che nella prima fase ci sia stata pure parte della società moderata, legata alle imprese, che si è rivolta in quella direzione non trovando risposte adeguate nel centrosinistra. E anche nelle principali esperienze di governo, in una fase di difficoltà in cui lo stesso centrosinistra si era venuto a trovare. A quelle forze noi dobbiamo proporre un ragionamento di verità. L’idea delle scorciatoie per fare le cose è andata a infrangersi contro un muro; quella da ricostruire è che bisogna agire nella legalità e rapidamente. Per farlo, dobbiamo creare un nuovo patto tra le forze del centrosinistra e quelle civiche, specie le più interessate a propositi di sviluppo sostenibile. Che, in qualche modo, a Sanremo si sono incontrate. Non dico che debba essere esportato il modello Sanremo, perché ogni realtà ha la sua specificità, ma è interessante l’incontro di oggi, per capire ciò che può produrre".