Alessandro Masu, presidente e proprietario della Sanremese, ha tutte quelle caratteristiche sempre più rare nel mondo del calcio. Per prima cosa, non è di passaggio. Per seconda, non tradisce i valori che lo hanno reso un leader nella sua attività nautica della "San Lorenzo al Mare Cantieri", non ha fretta, sa attendere con pazienza che un seme germogli perché, come sostiene, “ci metti un minuto a distruggere tutto e anni per costruire”. Terzo: in un calcio di smemorati, ha memoria. E così quella frase che disse a inizio estate 2021 quando acquisì la società - “sono qui a investire sui giovani di oggi per farli diventare campioni” - resta intatta nella sua unicità: se dopo averla pronunciata sono arrivati due secondi posti dietro a cavalcate irripetibili come quella del Novara (85 punti) e del Sestri Levante (90), due finali playoff, un settore giovanile con 400 famiglie felici, giocatori che arrivano o vorrebbero arrivare a Sanremo perché sicuri della serietà del club, un passo avanti non ancora risolutivo ma comunque un passo avanti nelle strutture ferme da tempo, l'apprezzamento di tifosi e club avversari che sanno come a Sanremo si facciano le cose per bene, beh, l'inizio difficile di questo campionato - con la squadra sull'ultimo gradino dei playout dopo 13 gare, a un terzo del cammino - non deve passare in secondo piano ma merita di essere inquadrato in un panorama ben più ampio.
Con Masu ci siamo concessi una lunga chiacchierata che riconcilia con i valori di chi gestisce una società di calcio. In cui non si guarda ai soldi spesi, alle critiche del momento, a quell'unica delusione (“non parlo dei tifosi della Sanremese ma più in generale del "pubblico" che stenta ad avvicinarsi a noi anche nei momenti felici”), all'avversario di nome (“l'avevo già detto dopo la finale playoff che al Varese invidio i suoi tifosi. E se non avessi preso la Sanremese, magari avrei provato con il club biancorosso...”), al futuro (“non rischio la mia azienda per il calcio: se mi mettono in condizione di poter investire nelle strutture, posso anche rimanere qui a vita”) ma in cui ci si trova bene, semplicemente, ad ascoltare e a parlare con una persona che lascia attaccato qualcosa. Chiamale, se vuoi, vibrazioni positive o, perfino, emozioni.
Come ci si trova a reggere le critiche di un inizio difficile dopo due anni di presidenza in cui ha portato la Sanremese a due secondi posti e alla finale playoff?
Ci si trova ad avere a che fare con la verità e con la memoria. Partiamo del primo anno: potevo contare su una squadra molto esperta, quando sono arrivato abbiamo inserito 5-6 giocatori importanti per fare un campionato importante. L'obiettivo era migliorare la posizione della stagione precedente: quindi avremmo dovuto o potuto arrivare quarti, terzi, secondi o primi. Senza alcun infortunio siamo andati oltre le più rosee aspettative, arrivando secondi e a giocarci il campionato dopo aver recuperato molti punti al Novara. Se la guardo dal punto di vista societario ed economico, fu un'annata dove il sottoscritto buttò via un po' di soldi perché se fossimo andati in Lega Pro, com'era possibile se solo avessimo battuto l'Asti in casa dopo il 5-1 del Piola, non saremmo stati pronti né come società né come piazza, perché non avevamo lo stadio a norma. Il rischio sarebbe stato di fare una stagione come quella attuale del Sestri che in C è costretto a viaggiare e spendere per trovare casa giocando un giorno a Carrara e uno a Vercelli, con il rischio di non riuscire a costruire qualcosa di duraturo.
Perché ha buttato via un po' di quei soldi, allora?
Perché era il primo anno alla Sanremese, perché ho preso la residenza a Sanremo, perché lavoro qui e perché l'obiettivo prefissato era fare meglio dell'anno prima.
Passiamo alla seconda stagione da proprietario: altro secondo posto, altra finale playoff. Deluso?
No. Siamo arrivati secondi con 74 punti dietro al Sestri che ne ha messi assieme 94... Alla fine del campionato precedente mi sono trovato in maniera trasparente con mister Andreoletti: lui aveva l'ambizione di allenare in Lega Pro ed è arrivata l'opportunità della Pro Sesto. Detto, fatto: abbiamo ringiovanito la squadra allestendo una rosa che in due-tre anni potesse di nuovo competere per vincere il campionato, imbastendo nel frattempo un discorso sulle strutture con l'amministrazione che riguardasse non solo lo stadio, ma anche il centro di Pian di Poma. Tenete conto che la prima squadra oggi si cambia allo stadio, va ad allenarsi con macchine e pulmini a Pian di Poma in un cantiere aperto dove non sono ancora pronti gli spogliatoi, poi tornano al Comunale a farsi la doccia. Si immagini se in questa situazione facessi venire a Sanremo dei professionisti in Lega Pro...
Siamo al terzo anno: stavolta, almeno dopo 13 giornate, sì che sarà deluso...
Sì e no. No perché abbiamo deciso di continuare un percorso di ringiovanimento con il rischio di non partire bene, lasciando andare via Aperi, Mikhaylovskiy, Valagussa e Rizzo, tutti over 30 tranne quest'ultimo. Ma tengo a dire una cosa: la Sanremese quest'anno non ha dichiarato di voler vincere il campionato e nemmeno di voler arrivare seconda o terza. Abbiamo detto di voler fare una buona stagione: non certo per dover lottare in zona retrocessione, ma nemmeno per stare al passo dei budget dell'Alcione - che a Milano e provincia pesca da 30 o 40 settori giovanili ognuno con 600 bambini - e tanto meno dell'Rg Ticino. Vorrei aggiungere una cosa: i nostri giocatori, giovani o esperti che siano, arrivano tutti da fuori e a tutti, oltre ai rimborsi, vanno garantiti vitto e alloggio. Di più: io non voglio rimanere a Sanremo un anno e poi far fallire la società.
Deluso e arrabbiato, con la Sanremese in zona playout, un po' lo è. Vero?
Sì, sono stupito e arrabbiato perché non possiamo essere quart'ultimi con una rosa forte ma fino a due domeniche fa non avevamo l'attacco: Ibe, Silenzi, Gatto... Cinque attaccanti su cinque fuori, dieci partite con il 2006 Camerino di punta e con Gagliardi seconda punta.
Non siete partiti bene: poteva cambiare l'allenatore prima?
Può darsi, ma nel calcio sono tutti bravi con il senno del poi. Giannino l'anno scorso è arrivato secondo, non ultimo. La scelta del nuovo tecnico, Mattia Gori, classe '91, non è casuale, perché a me ricorda Andreoletti. La società sta gestendo il futuro: poi, quando Sanremo mi darà la possibilità di avere strutture a livello professionistico, si potrà pensare al salto.
Come sta il vivaio?
Si parla sempre e solo di prima squadra ma negli ultimi tre anni ho investito molti soldi nel settore giovanile, dotandolo di allenatori professionali e professionisti. Prima di me a Sanremo c'era un presidente che governava la prima squadra e una seconda società che gestiva il settore giovanile: le due realtà nemmeno si parlavano.
Torniamo a mugugni e critiche: come si reagisce?
Qualcuno magari pensa che mi demoralizzino e, invece, mi motivano: io sono qui per dimostrare a tutti a testa alta perché e per come gestisco per il bene della Sanremese. Aggiungo che, nella vita, sbagli solo se fai qualcosa. Se poi mi vengono a dire che quest'anno abbiamo speso poco e facciamo ridere, io rispondo che abbiamo investito 50 mila euro in più della stagione scorsa e che siamo forti, ma non lo abbiamo ancora dimostrato giocando per due mesi e mezzo senza attaccanti.
Ci sarà qualcuno che le è stato vicino.
L'ad Bortolazzi e il ds Panuccio, fedeli scudieri che nei momenti difficili mi mostrano vicinanza non solo a parole ma con i fatti. E Gianni Brancatisano, responsabile del settore giovanile: se ci sono 4 tifosi che contestano, ci sono anche 400 genitori che sono contenti.
Capitolo strutture: ci aravamo lasciati con la tribuna inagibile nella finale playoff con il Varese di due anni fa. Come siamo messi?
Ad oggi l'amministrazione comunale ha dimostrato di credere nel mio progetto: la tribuna è stata resa agibile già lo scorso anno e l'impianto di Pian di Poma viene rimodernato. C'è un nuovo campo a 11 in sintetico dove ci alleniamo e sono in corso i lavori per il blocco spogliatoio e bar. Ecco perché anche se oggi vincessimo il campionato, il prossimo anno non potremmo salire e le alternative sarebbero solo fallire o trovare un nababbo da due milioni di euro. Ecco perché servono calma e fiducia, bisogna crescere i giovani, farli esordire e, poi, l'anno prossimo, provare a disputare un campionato di vertice. Non lo dico oggi: lo dicevo ad agosto.
Come risalire in classifica?
Siamo indietro ma è novembre. Il nuovo allenatore ha idee importanti, con Rg Ticino e Fezzanese abbiamo dimostrato di avere invertito il trend, creando tante palle gol. E abbiamo finalmente visto in campo le punte. A chi mi rimprovera dicendo "non hai gli attaccanti, ma i difensori sì", rispondo che la prima difesa è l'attacco.
Il pubblico risponde più del primo anno?
I tifosi ci sono, il pubblico in generale no. A chi dice che la gente viene allo stadio se la squadra vince, rispondo che quando abbiamo fatto qualcosa di eccezionale come aver vinto 5-1 a Novara, la partita successiva in casa ci siamo trovati con 150-200 persone. La delusione più grande in assoluto, per me, è questa: dopo la finale playoff dissi che "al Varese invidio il pubblico" perché quando conta senti e vedi una spinta da dodicesimo uomo. Faccio anche l'esempio del Derthona: si è salvato all'ultima giornata sostenuto da 700-800 persone, quest'anno che lotta per il vertice le ha per lo meno mantenute. Spezzo anche una lancia a favore del tifoso sanremese perché prima di noi è stato fatto di tutto per distruggere questa società: perfino gli arbitri avevano paura di venire qui a giocare. Quello sulla presenza del pubblico è forse l'unico rammarico di questa avventura: se poi penso a quei 4 tifosi che non aspettano altro che contestare quando le cose non vanno bene e che, quando invece vanno a gonfie vele, ti dicono che succede perché gli altri sono scarsi.
L'ultimo Sanremese-Varese fu la finale playoff: come valuta quanto accaduto ai biancorossi e cosa si aspetta dalla sfida di domani?
Il Varese è cambiato molto rispetto a due anni fa. I biancorossi di allora erano molto molto forti, con princìpi e interpreti importanti: lasciando perdere la scorsa stagione, che non posso in alcun modo giudicare perché ero in un altro girone, quest'anno mi sembra una squadra parecchio rinnovata che, comunque, resta temibile, con un pubblico fedele, un allenatore molto bravo ed esperto e giocatori capaci di fare la differenza.
Come giudica il campionato?
Non vedo una squadra alla Novara o alla Sestri levante che può inanellare 85 o 94 punti. Alcione e Ticino hanno qualcosina in più anche perché hanno investito tanti soldi, subito dietro vedo un gruppetto con Chisola, Asti, Vado e Derthona, squadre esperte e navigate più o meno sullo stesso livello. La Sanremese potrebbe essere la mina vagante: capace di vincere con il Varese e magari di perdere con il Pont Donnaz.
Matteo Andreoletti in serie C con il Benevento è a 2 punti dalla vetta e dalla B. Dopo la finale playoff con il Varese disse: "Merita categorie superiori ed è giusto che le ottenga...".
Lo sento ogni settimana, è un predestinato: adesso lo dicono in tanti, io lo facevo quando non lo conosceva quasi nessuno. Prima di diventare proprietario del club, gli promisi: "Prendo la Sanremese solo se rimani in panchina con noi". Disputammo un campionato strepitoso. Noni a dicembre con 16 punti, alla cena di natale dissi: "Questo campionato possiamo anche vincerlo". Il rammarico è non aver avuto in quella stagione la "fame" di voler fare la Lega Pro. Se Larotonda, Maugeri, Maglione e Conti, i giovani di allora, avessero avuto le motivazioni di oggi, ce l'avremmo fatta.
Cosa farà da grande nel calcio Alessandro Masu?
Ho sempre detto a tutti e all'amministrazione: se mi mettono in condizione di poter investire nelle strutture, posso anche rimanere qui a vita. Ho preso la residenza a Sanremo anche per dimostrare che non sono di passaggio, lavoro a 15 chilometri da qui. È il mio luogo ideale: certo, senza strutture non butto via soldi e me ne sto con la mia famiglia.
È imprenditore nella nautica con la sua San Lorenzo al Mare Cantieri: come sta andando?
Molto bene, sono 13 anni che siamo su questa piazza: il lavoro è un po' come la vita, se ti comporti bene e fai le cose in un certo modo, è difficile che vada male. Di sicuro non metto a rischio la mia azienda per il calcio: deve esserci il giusto equilibrio. Sono convinto che un proprietario di una squadra non debba buttare per forza via risorse: è impossibile guadagnare, ma puoi anche non rimetterci se la società può far fronte ai costi con i ricavi che derivano dalle strutture. Aggiungo che la Sanremese ha un nome che può avere un futuro con o senza Masu. Di sicuro, nel calcio ci metti un minuto a distruggere tutto e anni a costruire. Per quanto mi riguarda, non mi sarei mai avvicinato a una società e a una piazza senza passato: non fosse stata la Sanremese, avrebbe potuto essere benissimo il Varese.