Le dichiarazioni del sindaco di Sanremo Alberto Biancheri "sono stato messo all'angolo, praticamente trombato", probabilmente, oltre che alla querelle del "punto nascite", sembrano riferite all'esito delle ultime elezioni provinciali che hanno visto la vittoria del candidato "imperiese" Claudio Scajola.
Il breve commento del primo cittadino matuziano purtroppo sembra sottendere quella ancor troppo diffusa, non solo in politica, "sindrome del 1860" per dirla come i più fini analisti: non è altro che il complesso di inferiorità che, periodicamente, emerge da troppi ambienti della città dei fiori verso il Capoluogo.
La verità è che il primato politico (e forse culturale) fa oggettivamente capo a Imperia da quando questa città è stata eretta capoluogo: quantomeno, oltre 160 anni fa, contestualmente alla nascita dell'Italia. Se non dai tempi di Andrea Doria, comunque, non certo soltanto dall'"era Scajola".
Sanremo può, invece, vantare un primato economico e soprattutto un brand fortissimo, dovuto alla sua notorietà internazionale. Un marchio, che se in troppi non si richiudessero nelle loro immaginifiche mura, potrebbe consentire alla città dei fiori di essere capofila di un autentico rilancio del territorio. Sull'agroalimentare "Sanremo", se lo volesse, potrebbe essere in un colpo solo l'oliva taggiasca, il fagiolo di Pigna, l'aglio di Vessalico. Potrebbe, culturalmente, essere le medieovali Taggia, Dolceacqua, Diano Castello e Pieve di Teco. O la romana Ventimiglia. Potrebbe essere le spiagge, da Andora al confine francese.
Sanremo potrebbe, con la potenza del suo brand, essere tutto questo e molto di più. Potrebbe, se anziché perdersi troppo spesso in anacronistici derby tra dilettanti, solo si accorgesse di tutto il bello che le sta intorno.
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