Ancora un decennio dopo la caduta di Napoleone, ma in un certo senso anche dopo, la moda e i sentimenti filofrancesi si conservarono a Porto Maurizio, soprattutto negli atteggiamenti signorili e nei modi di vestire delle donne portorine, che facevano ostentativamente il verso alle loro consorelle francesi, mentre ad Oneglia, che pur vantava tradizioni sabaude, i costumi e i caratteri apparivano più grezzi e popolari.
Del resto anche nel periodo rivoluzionario, tramite il particolare operato didattico di Filippo Buonarroti, Porto Maurizio assumeva tratti assai più simili a quelli nizzardi di quanto non avesse Oneglia.
Dalla cessione genovese alla corte torinese Oneglia, infatti, non aveva rilevato a pieno i costumi sabaudi e nemmeno le frequentazioni della vicina Francia, famigliari invece ai portorini, nonostante che questi ultimi appartenessero ai domini della Superba: i portorini, nello stesso tempo, intrattenevano fitti scambi con il sud francese al pari di quanto facevano le vicine Laigueglia ed Alassio.
Soprattutto la prima che era una vera e propria signora del mare e che vantava già proprie colonie a Marsiglia e persino in Sud Africa e oltre Atlantico, come appresi dai racconti di mio nonno che toccò molti porti fuori Europa e che mi narrava delle imprese dei concittadini lontano dal paese fin dai secoli precedenti.
Di gente di Porto Maurizio e di Ventimiglia, ma anche di Laigueglia, Alassio e Ceriale, l'avo aveva trovato traccia anche nei dialetti presso la manodopera impiegata dalla Compagnia delle Indie britannica in terra sudafricana, ma anche più in là, nell'Indostan britannico, in Estremo Oriente.