Tra una settimana inizia la 73esima edizione del Festival di Sanremo, celeberrima kermesse musicale che, da quasi tre quarti di secolo, porta alla ribalta in eurovisione (accanto a tormentoni destinati a dominare le radio per tutto l’anno) anche fantastiche composizioni floreali.
Il settore florovivaistico è un comparto storico dell’economia ligure, concentrato per il 95% tra le province di Imperia e Savona. Un settore che, però, da ormai più di un anno è vittima dell’impatto dei rincari, che continuano a mettere sotto pressione il settore con gli aumenti dei costi di produzione, arrivando a toccare anche un +95% dei costi per piante e sementi e un vero e proprio allarme rosso per i vivai travolti dai rincari dell’energia.
Già nei mesi scorsi si era arrivati a parlare di +250% per i fertilizzanti, +110% per il gasolio, +15% per i fitosanitari contro i parassiti e +45% per i servizi di noleggio, cui si aggiungono l’incremento delle spese di trasporto e gli aumenti degli imballaggi, che vanno dal +72% per la plastica dei vasetti dei fiori al +40% per il vetro al +31% per la carta. “Oggi più che mai – commentano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale – è essenziale sostenere il settore florovivaistico nostrano, da sempre fiore all’occhiello della nostra economia nonostante l’importante impatto dei rincari sulla filiera”.
Un primo passo contro il caro bollette è stato rappresentato dall’estensione a fabbricati e serre della riduzione dei costi del gasolio fino alla fine dell’anno, cui si è aggiunto il Decreto Ministeriale (DM) 19 ottobre 2022 n. 532191, finalizzato a ridurre l’impatto degli aumentati costi energetici sostenuti dalle aziende florovivaistiche a attraverso cui il MASAF ha previsto sostegni alle imprese del settore floricolo per 25 milioni di euro. La domanda di aiuto può essere presentata dal 25 gennaio al 27 febbraio 2023 e possono beneficiare del sostegno le imprese agricole di produzione primaria di fiori e piante ornamentali, inscritte all’INPS e all’Anagrafe delle aziende agricole (SIAN), con un fascicolo aziendale valido al momento della presentazione della domanda e aventi codice ATECO 1.19.1, 1.19.2 e 1.30. “Il settore florovivaistico – continuano Boeri e Rivarossa – è stato, fin dall’inizio della crisi, uno tra i più colpiti dall’emergenza energetica. Si tratta di uno dei comparti cardine dell’economia agricola nazionale, oltre che di quella regionale, motivo per cui ci auguriamo che, anche quest’anno, grazie all’indubbia vetrina fornita dal Festival di Sanremo per i fiori Made in Italy e Made in Liguria, la filiera possa vivere un nuovo slancio e difendere le aziende, l’occupazione, l’ambiente e il territorio”.
Nonostante negli anni svariati produttori abbiano deciso di convertire le proprie coltivazioni spostandole su varie tipologie di fogliame, meno redditizio ma anche meno rischioso e deperibile, proprio perché spesso raccoglibile anche nel periodo caldo, con costi di produzione immensamente più bassi – permettendo altresì al mercato locale di assestarsi diversamente rispetto al passato e a qualsiasi prodotto del territorio di mantenere alti livelli di qualità, sempre beneficiando del favorevole clima tipico della zona – ad oggi la situazione della floricoltura vede il settore vivere un momento decisamente felice della propria storia, con il 90% delle produzioni realizzate in loco destinato all’esportazione e un generale clima di positività. Accanto alle fronde, anche la produzione floricola più propriamente detta è tornata negli anni ad essere indiscussa protagonista del mercato ligure, di cui i fiori recisi continuano a essere intramontabile e rinomato simbolo nel mondo, ranuncoli in primis.
“La floricoltura ligure e italiana deve essere tutelata – concludono il Presidente di Coldiretti Liguria e il Delegato Confederale – perché la scomparsa dei fiori italiani dai mercati rischierebbe di favorire le importazioni da Paesi stranieri, meno attenti sia alla qualità del prodotto che alla stessa vita dei lavoratori. Spesso, infatti, si tratta di prodotti ottenuti dallo sfruttamento, come nel caso delle rose dal Kenya (scelte per il lavoro sottopagato e senza diritti) e dei fiori provenienti da Colombia ed Ecuador, dove ad essere penalizzate sono le donne. Anche per questo scegliere i prodotti del territorio è la scelta giusta”.