Con la deposizione di una corona d'alloro, Imperia ricorda i martiri delle foibe, gli italiani trucidati dal regime comunista di Tito. Oggi si celebra il giorno del ricordo, voluto per ricordare i massacri e l'esodo giuliano dalmata, avvenuti tra il 1943 e il 1945.
Alla cerimonia erano presenti il sindaco Claudio Scajola, il presidente della Provincia Domenico Abbo, l'associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, le autorità politiche, civili e militari, oltre a un esule, Lino Vivoda, che nel 1943 aveva appena 12 anni quando il padre lo mandò da Pola in Istria per sfuggire ai bombardamenti.
"In Istria sono capitato in mezzo alla guerra partigiana. - ha raccontato Vivoda ai cronisti presenti – Mi hanno anche rastrellato le S.S., sapevo due parole di tedesco e mi sono salvato, gli altri li hanno mandati tutti in Germania. Su trenta sono tornati in quattro".
Sono terribili i ricordi dell'uomo ormai quasi novantenne. "Ho salvato una bambina che era seduta sui gradini di un palazzo. Le ho detto 'vieni via con me, più avanti sono morti suo fratello, la mamma e papà. L'ho portata con me in rifugio, dopo aver percorso trenta metri, nel punto in cui era seduta lei è caduta una bomba che ha buttato giù il palazzo".
Vivoda ricorda ancora quanto sia stato difficile lasciare la città in cui era nato "solo per rimanere italiano, perché per restare bisognava prendere la cittadinanza jugoslava, parlare croato, era abolito l'italiano, hanno chiuso le scuole. Un'esperienza dura di guerra".
L'anziano ha voluto ringraziare la città di Imperia per la cerimonia che organizza ogni anno. "Per il ricordo dei nostri morti, e di quelli come me che sono sparsi in giro per i cinque continenti. Io ho ringraziatodi cuore la gente di Imperia che si è comportata molto diversamente da quando sono venuto dall'altra sponda dell'Adriatico in Italia, con il treno da Ancona a La Spezia. Naturalmente ci accusavano di essere fascisti perché scappavamo da un 'paradiso' rosso, che poi era quello dei partigiani di Tito che ammazavano tutti solo perché erano italiani. Un comportamento di Imperia diverso da quello di Bologna, dove quando il nostro treno, in cui viaggiavamo su vagoni bestiame caricati sulla paglia, dopo quindici ore si è fermato a Bologna, dove in piazza Rossini avevano preparato latte caldo per i vecchi bambini e l'esercito con le cucine da campo, delle minestre, sono arrivati esagitati a gridare 'Via i fascisti da Bologna, sennò fermiamo tutto il traffico', e hanno rovesciato latte e minestre, facendoci partire fino a Parma la sera, e poi siamo andati a La Spezia. Il clima nelle altre città era molto diverso da questo di Imperia, dove abbiamo avuto un'accoglienza fraterna e un mio concittadino, professor Gonan, è diventato due volte sindaco, quindi io ringrazio la gente di Imperia che ci ha accolto come fratelli".