La campagna scavi presso la Mansio Romana Lucus Bormani, proseguirà per altri tre anni. E' quanto dichiarato dal Sindaco Valerio Urso che soddisfatto per le nuove attività di scavo ha confermato che: "Alla luce dei progressi ottenuti e la scoperta di nuovi reperti, la campagna di scavi, proseguirà per almeno un triennio. I lavori consentiranno di promuovere il sito sia da un punto di vista archeologico che turistico".
La scoperta del sito risale al 1977, quando fu dato il via ai lavori di costruzione di un edificio scolastico comunale. Dopo il rinvenimento di alcuni manufatti, tutta l'area, circa 1.600 mq, fu posta sotto la direzione e la responsabilità della Soprintendenza archeologica della Liguria in collaborazione con l'Istituto Internazionale di Studi Liguri, che si protrasse fino al 1987.
Fu però solo a partire dal 2016 che le attività di ricerca permisero di evidenziare una continuità di frequentazione del luogo fin da periodi precedenti a quello romano, sigillati sotto depositi di origine alluvionale. Il confronto con la documentazione pregressa, relativa agli scavi precedenti, ha consentito di capire come fosse strutturata l'area della mansio, suddivisa in ambienti realizzati con basamento in pietra ed alzato in argilla, affacciati su spazi porticati e dotati di impianti di servizio, tra i quali anche un pozzo. I lavori di indagine realizzati in collaborazione tra il Comune di San Bartolomeo al Mare, l'Università di Genova, l'Associazione Etruria Nova Onlus e la Soprintendenza Archeologica, le Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia, La Spezia e Savona.
Alle attività di scavo archeologico partecipano tra le 10 e le 15 persone, dirette dalla Dott.ssa Elena Santoro che intervistata ha spiegato ai presenti che: " gli elementi sino ad ora raccolti fanno pensare che il sito della Mansio Romana di San Bartolomeo al Mare, già noto con il toponimo "Lucus Bormani", sia stato frequentato sin dall’Età del Bronzo recente e finale (secoli XII-X secolo a.C.), come attesta il rinvenimento di alcune olle di grandi dimensioni decorate con impressioni eseguite a mano, che documentano la presenza di un possibile insediamento con ambienti destinati alla conservazione di derrate alimentari. L'area venne poi occupata nuovamente durante l’Età del Ferro (fine V - II secolo a.C.), probabilmente da un piccolo impianto artigianale legato alla lavorazione di metalli: interessante a questo proposito è il ritrovamento di un’anfora di produzione massaliota che testimonierebbe la presenza di traffici commerciali da e verso il Golfo di Marsiglia. Con la realizzazione della via Julia Augusta (anno 13 a.C.) avvenne l'inizio della occupazione romana di questa parte del Ponente ligure. La Mansio romana Lucus Bormani (periodo compreso tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C.) si situa nei pressi dell'itinerario ed è ricordata nella Tabula Peutingeriana con il toponimo Luco Bormani (che rimanda al bosco sacro a Borman, divinità ligure di origine centroeuropea) e segnalata anche nell’Itinerarium Antonini. Le stutture della mansio vennero abbandonate durante la media età imperiale, tra II e III secolo d.C., mentre l’area costiera alla quale il complesso faceva riferimento continuò ad essere frequentata fino al VI-VII secolo d.C.".
La Dott.ssa Santoro ha concluso confermando che: "Rispetto agli anni passati, quest'anno l'attività di scavo è stata finalizzata alla comprensione del grande complesso del periodo romano. Ci siamo dedicati allo scavo di un piazzale scoperto e contemporaneamente stiamo ultimando una campagna di pulizia del sito che ci ha permesso di documentare tutte quelle specifiche di come fosse articolato il sito nelle varie epoche. Questo intervento effettuato nel mese di agosto ha messo in luce qualche dato in più che fa presupporre che all'interno della mansio si siano vissute diverse trasformazioni che stiamo cercando di rintracciare e ricostruire".
Il Sindaco Urso auspica che la Mansio Romana Lucus Bormani diventi il polo culturale di San Bartolomeo al Mare e grazie a questa nuova campagna di scavi venga approntato un programma triennale che consentirà di attuare una scopertura del loco mettendo in evidenza i reperti, che saranno dapprima catalogati e in seguito grazie all'aiuto dell'ufficio del turismo potranno essere visti sul posto. L'idea, ha concluso Urso: "sarebbe quella di poter creare qui stesso un'area museale e rendere questo sito un luogo di interesse archeologico che possa richiamare turisti e visitatori da ogni parte del territorio nazionale e perché no, anche dall'estero, in previsione anche della pista ciclabile".