“Ci risiamo. Come ogni 10 febbraio riparte la vociante canea di coloro che si ergono a paladini del ricordo dei ‘massacri’ delle foibe. Il 10 febbraio 1947 furono firmati i Trattati di Parigi che sancirono la pacificazione dell’Europa. L’Italia, con la legge 30 marzo 2004 scritta da Roberto Menia, braccio destro di Fini, è diventato l’unico paese del continente a commemorare quella data con il lutto al braccio per ricordare le vittime solo di una parte. Così la giornata della pacificazione in Europa è stata trasformata nella ‘Giornata nazionale del Revanscismo’, dove tutti (specialmente gli alunni delle scuole), sono tenuti a manifestare un po’ di sano neoirredentismo di stato in perfetta continuità con il vecchio mito della vittoria mutilata”.
Interviene in questo modo Rifondazione Comunista sulle commemorazioni delle Foibe. “Non siamo stupiti. Da anni assistiamo a un costante tentativo di revisionismo storico che punta a far passare chi combatteva per la libertà come un sadico assassino. Nessuno nega l’intimo compianto dei propri morti, che siano familiari o ‘compagni’ d’armi, ma ben altra cosa è utilizzare una mesta ricorrenza per farne manifestazioni o cortei sventolando bandiere tricolori e talvolta anche croci celtiche, e inneggiando all’orgoglio nazionalistico. Ma vediamo un po’ la storia cosa dice: dopo l’8 settembre i nazifascisti ben presto ripresero il controllo sull’intera Istria e ciò costo la vita di 13 mila istriani, nonché la distruzione di interi villaggi. Ma la persecuzione degli sloveni inizia con la fine della prima guerra mondiale quando questi territori passano sotto il controllo italiano. Così scriveva Mussolini nel 1920: ‘Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani’. Nei quindici lager fascisti costruiti nella ex Jugoslavia, morirono 11.606 sloveni e croati. In suolo italiano i campi in cui furono concentrati deportati jugoslavi erano almeno 195, per un totale di 98.000 internati. Nel 1941-42 sono da attribuirsi alla responsabilità diretta delle truppe di occupazione italiana almeno 250 mila morti, comprendendo tutti i territori direttamente amministrati e quelli dello Stato Croato dove l'opera delle truppe italiane fu di supporto e affiancamento alle milizie ustascia filofasciste. Le vittime furono solo in piccola parte conseguenza di operazioni militari vere e proprie. I villaggi jugoslavi distrutti dagli italiani furono non meno di 250.
La risposta tedesca alla resistenza Jugoslava fu costituita da feroci rappresaglie sulla popolazione civile e la mano libera data alle forze della Croazia collaborazionista. Anche le truppe occupanti italiane commisero parecchie atrocità. Ciò portò a notevoli perdite umane tra la popolazione civile di gran parte delle regioni jugoslave. Una stima approssimativa indica almeno un milione di morti. Le perdite più alte furono tra i serbi di Croazia e Bosnia e tra ebrei e zingari. Vediamo ora cosa dice la storia sulle Foibe. I cosiddetti ‘infoibati’, secondo fonti fasciste (il federale Bilucaglia) tra il ‘43 e l’aprile del ‘45 furono circa 500 e altrettanti dopo il maggio ‘45 comprendendo : prigionieri di guerra (militari e guardie di finanza), collaborazionisti arrestati dai partigiani successivamente processati e condannati a morte per crimini di guerra e infine vittime di vendette personali. Inoltre un certo numero di infoibati corrispondono a morti a causa dei bombardamenti nazisti . Addirittura nella grotta di S.Lorenzo fu ritrovata la salma di un giovane partigiano ucciso nel 1946 dai fascisti! Rifiutiamo dunque le onoranze richieste per i ‘caduti delle foibe’ (commemorazioni, monumenti e lapidi, intitolazione di vie, ecc), visti i ruoli impersonati dalla maggior parte degli ‘infoibati’. Si può provare pietà nei confronti dei morti, ma da qui ad onorare chi tradiva, spiava, torturava, uccideva, ce ne corre!”
“Quando l’umanità si lascia trascinare dalla febbre del nazionalismo, dalla voglia di supremazia e prevaricazione di un popolo su un altro, dalla guerra imperialista, quando si lascia andare alla violenza, allora la violenza genera altra violenza fino a coinvolgere tutti indiscriminatamente, chi ha iniziato la violenza e chi, per difendersi, l’ha dovuta utilizzare. Un’unica lezione bisogna trarre da questi fatti : mai più nazionalismi, mai più violenze, mai più guerre. Ed impari finalmente l’uomo, come diceva Brecht, ad essere un aiuto all’uomo”.