Lei si chiama Laila, ha 10 anni, è italiana, è nata e cresciuta a Ventimiglia ed è figlia di due genitori convertiti all’Islam. La mamma si chiamava Lara, ora Zaira. Il papà si chiamava Massimo, ora Mumin.
Abbiamo conosciuto lei e la sua famiglia alla Parrocchia di San Nicola, durante l’incontro tra la comunità cristiana e quella musulmana in occasione del Ramadan. La prima volta che abbiamo visto Laila aveva una pila di cartoni di pizza in mano e le stava portando ai tanti ragazzi che hanno partecipato alla cena di fratellanza di ieri sera. La sua è una storia particolare, un viaggio al contrario rispetto alla normale concezione cristianocentrica della religione. Nelle sue parole, innocenti come dev’essere, c’è la speranza di un futuro di pace, condivisione, tolleranza e integrazione. C’è il disprezzo per chi uccide in nome della divisione, per chi non può tollerare le differenze.
“Io sono contenta – ci dice Laila – è giusto che ognuno la pensi come vuole, per esempio ho una compagna che pensa che sia la natura ad aver creato il mondo e non Dio, mentre io la penso diversamente”. Laila ha 10 anni, conosce bene Ariana Grande e sa altrettanto bene quanto è successo qualche giorno fa a Manchester: “È successa una cosa che detesto, è orribile che si faccia del male a chi non la pensa nello stesso modo – e poi aggiunge – i miei amici mi vogliono bene, io rispetto le loro scelte”.
Laila ci saluta con un messaggio tanto semplice quanto fondamentale, nella sua innocenza c’è tutto ciò che i “grandi” sembrano non voler capire: “È possibile vivere in pace, ma ognuno si deve impegnare per farlo”.