Ventimiglia Vallecrosia Bordighera - 10 aprile 2016, 07:11

Ventimiglia: a 70 anni vive per strada, dormendo sotto un albero. La nostra intervista ad un invisibile della società

"Vivo dell'elemosina di chi esce dal supermercato, di chi passa di qui, di chi mi chiede come sto e di chi si accorge di me".

Ventimiglia: a 70 anni vive per strada, dormendo sotto un albero. La nostra intervista ad un invisibile della società

Lui il suo nome non ha voluto dircelo, un po' per vergogna, un po' forse per timore. Ma mentre gli chiediamo di far due chiacchiere, sono poche le persone che passando non lo salutano con rispetto, regalandogli un sorriso. Una di queste si ferma, parlandogli con affetto, e descrivendolo la "mascotte" della città.

Lui è Mario, Giuseppe, Antonio o potrebbe essere chiunque. Lo chiameremo Ulisse per tutelarlo da ulteriori problemi. Da diversi anni svolge una “professione” che fa paura e che risulta spesso incomprensibile: il clochard. E questa è la sua storia, raccontata all'angolo di una strada, accanto ad un supermercato, da dove ogni giorno osserva la vita di Ventimiglia.

Mi sono trasferito qui quasi 20 anni fa. Ero un macellaio, dapprima come dipendente, poi ho aperto un mio negozio. La crisi è arrivata quando hanno chiuso il macello di Ventimiglia. In poco tempo ha seguito la stessa sorte anche il mio negozio. Sono stato assunto come dipendente in un centro commerciale, ma essendo malato di diabete, alla prima assenza per malattia sono stato lasciato a casa. Da due anni la mia vita dipende dalla sensibilità degli altri. Da due anni vivo sotto un albero, d'estate e d'inverno”.

Mentre chiediamo a Ulisse se prima di vivere per strada avesse una famiglia, i suoi occhi diventano lucidi, si sistema un po' la barba, come per distrarsi e, dopo un lungo silenzio sussurra: “avevo una moglie e due figlie. Ora non ho più niente. Solo una delle due ragazze viene a trovarmi, ogni tanto”. Cambia discorso Ulisse, come per farci capire che questa non sarà sempre la sua vita, ma che si sta dando da fare “ sto aspettando che mi diano la pensione, se sono fortunato entro due anni potrei farcela. Ho fatto anche richiesta per la casa popolare. Devo aspettare, mi hanno detto”. Si aspetta in coda dal panettiere, ma aspettare sotto un albero che arrivi la pensione, per altri due anni, per altri due inverni, per dei 70 anni che diventeranno 72, non è la stessa cosa.

Vorremmo sapere da lui se qualcuno lo aiuta e se c'è unione con i suoi “colleghi”, ma scuotendo la testa e con uno sguardo incerto se rimanere alto o basso, spiega “c'è stato un periodo in cui ricevevo alcuni pasti. Ora no. Vivo dell'elemosina di chi esce dal supermercato, di chi passa di qui, di chi mi chiede come sto. I vestiti che indosso sono tutti regalati da persone che mi vedono e che hanno un po' di cuore. Io preferisco stare solo. Quando dopo mezzogiorno lascio questo posto, al pomeriggio c'è qualcun altro che lo occupa. Ho con me solo un piccolo cane finto, di plastica, Fuffi, che mi fa compagnia nelle giornate in cui aspetto la beneficenza di chi si accorge di me”.

Ha i capelli lunghi e incolti Ulisse, uguali alla sua barba. Un maglione troppo grande per lui e le mani che non sanno se rimanere incrociate, o nascoste dentro alla giacca. Così come i suoi occhi, che non hanno il “coraggio” di fissare quelli degli altri, consapevoli di una situazione che farebbe sentire disperato il più forte degli uomini, ma con una piccola speranza: quella di poter lasciare l'albero di un viale poco lontano, e di poter prima o poi tornare ad avere la propria dignità.

Stefania Orengo

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