Alla fermata non c'era nessuno. Solo un vecchio e due signore, ma nessuno della mia scuola. Era tardi. Forse non ce l'avrei fatta a entrare alla seconda ora.
— Scusi signore, che ora è? — chiesi al vecchio.
— È l'ora qu t'accatti nu rilorgio.
Ma io ce l'avevo un orologio ed era bello e grosso, ricevuto per la prima comunione da mio zio Mary che sta in Australia da quando si è fatto cambiare sesso. Sono diversi anni che non viene in Italia però a Natale ci siamo visti su skype e gli ho promesso che un giorno andrò a trovarlo. Tengo il suo regalo nel cassetto del mio comodino e non lo uso perché sono sicuro di romperlo. Sono un casinista: me lo dicono tutti che quello che tocco distruggo.
La maestra dell'asilo mi chiamava Attila. E me lo diceva ogni giorno: "Attila stai fermo qui e non ti muovere". "Bambini raccogliete i vostri disegni prima che arrivi Attila", ecc.
Prima non ci facevo tanto caso e pensai che forse avevo due nomi come una mia compagna che si chiamava Elena Luisa, ma presto capii che non era così e che quello era un nome cattivo e siccome anche i miei compagni cominciavano a chiamarmi con quel nome, un giorno mi aggrappai ai pantaloni della maestra e la presi a calci nelle gambe. Quando arrivarono la direttrice e le bidelle per calmarmi ero ancora lì che scalciavo. Da allora non ho sentito più nessuno chiamarmi Attila; solo la mamma di un mio compagno, un giorno, mentre parlava fitto fitto con la maestra, pronunciò quel nome puntando il dito verso di me e da allora non vidi più né lei né suo figlio.
Non avevo voglia di chiedere l'ora anche a quelle due signore. Le conoscevo e loro conoscevano me. Sicuramente avevano sentito sia me che il vecchio e se avessero voluto aiutarmi l'avrebbero già fatto.
Decisi che sarei entrato a scuola alla terza ora. Mi allontanai dalla fermata e me ne andai verso la piazza della chiesa. L'orologio del campanile non aveva niente contro di me e avrei saputo l'ora per regolarmi sul prossimo bus.