Festival di Sanremo - 14 febbraio 2016, 15:09

#Sanremo2016, Gae Capitano: il podio finale del Festival e la disamina di tutti i brani che hanno caratterizzato questa edizione

La 66esima edizione del Festival di Sanremo -con i suoi plagi senza pudore, incuranza delle regole della lingua italiana, dubbi ribaltamenti dei risultati - si rivela una perfetta cartina tornasole dello stato culturale del nostro paese: l’italia dei furbi. Ma ci lascia un podio almeno dignitoso: Stadio, Francesca Michielin e Caccamo & Iurato.

#Sanremo2016, Gae Capitano: il podio finale del Festival e la disamina di tutti i brani che hanno caratterizzato questa edizione

Gli Stadio non erano i favoriti, ma già la presenza del videoclip strappalacrime proiettato durante l’esibizione, faceva presagire manovre di incoronamento per Curreri & soci. D’altronde il Festival è specializzato proprio nel riciclaggio dei cataloghi di artisti con qualche anno di attività, con margini di guadagno più alti. Certo, “Un giorno mi dirai” è costruita ad hoc, con un sound radiofonico e una costruzione accattivante, ma l’utilizzo di un giro armonico e un testo ruffiano non sono al livello di uno dei più grandi gruppi italiani come gli Stadio, che in passato ci ha regalato prodotti di ben altra levatura.

Francesco Caccamo e Deborah Iurato hanno combattuto sul palco senza l’esuberanza , bellezza o stravaganza dei loro colleghi, puntando tutto su una esecuzione garbata e piacevole, anche se sussurrata e senza troppe emozioni. Gusti a parte per la scelta del brano, con il loro atteggiamento controcorrente, avevano già vinto- con il loro pubblico- alla prima puntata.

Avevo già premiato Francesca Michielin per il suo testo “Nessun grado di Separazione” e ho apprezzato anche il brano nella sua completezza. Federica Abate si conferma una autrice in grado di cogliere i gusti del pubblico attuale e il testo – a cui avevo dato un pari voto con il brano di Noemi – rimane uno dei più belli del Festival.

Noemi, partiamo proprio da lei per commentare i passaggi più caratteristici di questa edizione: all’inizio del Festival ho classificato la sua “Nella Borsa di una donna” (Masini-Adati-Iammarino), il brano più interessante da un punto di vista letterario, per l’originalità del tema e la bellezza delle immagini evocate. Confermo. Però il merito va tutto ad uno dei più amati e talentuosi personaggi degli ultimi decenni a cui il testo è stato – spudoratamente- copiato, a partire dal titolo, Il grande Giorgio Faletti.

La malizia di questa operazione è innanzi tutto nella scelta di rubare le idee ad una canzone scritta da un bravissimo scrittore ma meno conosciuto interprete. Per me, reo di non conoscere il brano, è stato però un grande il piacere personale di riconoscerne la grandezza. Il commento di Noemi? "La mia canzone è plagiata, non lo sapevate? A noi non importa niente del regolamento, quando le cose sono belle, sono belle. Forse Faletti e Masini hanno avuto la stessa musa ispiratrice".

Nella prossima edizione del festival già si parla di istituire un nuovo riconoscimento da affiancare al Premio della Critica: il “Visage de Bronze”.

Secondo passaggio caratteristico per importanza: Il brano di Lorenzo Fragola “Infinite volte” contiene una “ ingenuità” nella scrittura (la ormai famosa “Sento come se hai paura”), dimenticanza che verrebbe voglia di perdonare, vista la giovane età dell’interprete, magari ricordandosi i nostri vent’anni. Ho pensato all’imbarazzo di Lorenzo messo di fronte all’evidenza e invece arriva il suo commento: “Spero che il Maestro De Gregori mi ascolti”. Straordinario. La parte di pubblico a cui si rivolge il brano e il team di autori di Fragola non badano ai questi preistorici dettagli linguistici e i risultati attiveranno, perché il pezzo è piacevole e riuscito, in particolare per il refrein accattivante, opera di autori capaci come Rory Di Benedetto, già nel team di Marco Mengoni.

Per chiudere il quadretto, l’ammirevole Alessio Bernabei, il cui pezzo “Siamo Infinito” è accusato di aver copiato un brano – questa volta conosciuto – di Ariana Grande. Il commento? “ Tiziano Ferro sui plagi ha costruito la sua carriera”. La politica italiana ha dei grandi discepoli.

Concludiamo la carrellata: la povera Arisa - sempre criticata per qualche cosa dai media- si conferma ancora una volta una delle poche vere interpreti del festival. Non ho segnalato il testo del suo brano “ Guardando il cielo” tra i più meritevoli di questa edizione, ma ha una sua deliziosa leggerezza. Arisa e e G.Anastasi (l’autore), quasi sussurrando nel caos della manifestazione, ci hanno regalato una bella canzone.

Tra i Big ricorderò di questa edizione il brano “Il diluvio Universale di Annalisa, i tristi equilibrismi sintattici contenuti nel brano “Di me e di te” degli Zero Assoluto , l’interpretazione convincente di Valerio Scanu,(continuo a considerare debole il testo “Finalmente piove” ma il brano si è rivelato piacevole e lui un artista in crescita), Il brano “Il primo amore non si scorda mai”di Enrico Ruggeri.

Probabilmente la vera musica italiana non è rappresentata dal Festival di Sanremo (e il probabilmente è “messo lì” solo per diplomazia).

I ragazzi della sezione giovani sono la punta dell’iceberg di questa considerazione, infatti si sono rivelati in molti casi di artisti capaci e professionali, che scrivono e cantano a livelli molto alti: Chiara dello Iacovo, Cecile, Mahmood, Leonardi (solo per la voce) e Miele, di cui spero di sentire ancora belle cose.

Per finire, pur riconoscendone la qualità, non ho menzionato Ermal Metal, artista interessante e bravo autore, il cui brano “Non esistono le favole” ha tentato di rendersi “piacione” con un ritornello ruffiano e da festa in piazza, e attendo di ascoltare altre cose di Francesco Gabbani: ho premiato il suo brano nei giorni scorsi per la qualità molto alta del testo e ho difeso la sua posizione nella fase di eliminazione di Miele perché il suo brano “Amen” meritava di vincere. Ma anche qui ho sentito il tentativo di piacere, proponendo una canzonetta nazional -popolare che – aldilà della ricercatezza linguistica -tenta di imitare lo stile, forse irraggiungibile, di Battiato.

E a proposito di nazional popolare: non credo si tratti di un plagio volontario, ma il ritornello accattivante del brano “Amen” ha le note principali di una canzone di qualche anno fa. Per i più esperti lascio l’indizio di un anagramma (Artesio) e l’anno di pubblicazione (1975).

Tutte le altre canzoni? Resteranno ottime scelte come sottofondi musicali per call-center.

Redazione

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