Politica - 12 marzo 2013, 11:13

Imperia: lunghissimo 'report' sui commercio del Circolo onegliese del Partito Democratico

"Il nostro Circolo nei mesi scorsi ha già avuto primi confronti con le associazioni di categoria nel tentativo di raccogliere elementi utili alla stesura di un valido programma per le prossime elezioni amministrative ma riteniamo che ciò non possa e non debba bastare"

Imperia: lunghissimo 'report' sui commercio del Circolo onegliese del Partito Democratico

Il Circolo di Oneglia del Partito Democratico ha dato corso al proprio interno ad una serie di  approfondimenti sulla situazione del commercio onegliese  anche con  soggetti direttamente coinvolti sia dal punto di vista professionale che politico. "Il nostro Circolo nei mesi scorsi ha già avuto primi confronti con le associazioni di categoria nel tentativo di raccogliere elementi utili alla stesura di un valido programma per le prossime elezioni amministrative ma riteniamo che ciò non possa e non debba bastare".

"In momenti in cui pare - scrive il Circolo - ci siano venga dato rilievo solo a 'girandole di nomi', ci permettiamo di esternare pubblicamente in maniera schematica alcuni punti che riteniamo possano essere di supporto ai futuri nostri amministratori locali. Si tratta in sostanza di un appello alle associazioni di categoria per aprire una collaborazione costruttiva per il futuro della nostra città in un momento in cui quasi quotidianamente ci giungono, da zone tradizionalmente più ricche, notizie di imprese che chiudono lasciando senza prospettive di un sostegno economico migliaia di dipendenti: in sostanza si tratta di una crisi annunciata!

1) La nostra analisi prende atto che la causa predominate della diminuzione impressionante delle attività commerciali onegliesi, evidenziate dalla chiusura di numerosi negozi,  è data dalla contrazione macroscopica dei consumi su tutti i livelli merceologici. La ‘gente’ non consuma più, non compra e questo porta ad una insostenibilità del settore che fa del consumo, dell’acquisto e della vendita di merci, la ragione della sua esistenza.  Dopo una prima contrazione dei consumi ritenuti meno essenziali si è arrivati  ora anche ai generi di prima necessità come gli alimentari. Dalla discussione è anche emerso che una percentuale del  calo dei consumi si potrebbe imputare a “nuove abitudini”   che in questi ultimi anni hanno modificato il nostro quotidiano e alle quali forse è anche difficile disabituarsi, abitudini che concorrono a  drenare  parte del denaro a disposizione per acquisti diffusi. Alcuni esempi: l'uso sempre più smodato del cellulare da parte di tutti, ma in particolare dall'utenza giovane, assorbe in ogni famiglia una parte importante del reddito; l'uso dell'auto privata per gli spostamenti al posto del mezzo pubblico ha anch'esso la sua importanza, un diverso modo di fare la spesa con l'acquisto di cibi pronti o preconfezionati certamente più costosi di quei prodotti che venivano preparati e cotti in casa ma che necessitavano di maggior tempo. Riteniamo che sarebbe utile  per dare ai cittadini una visione più chiara della situazione avere una maggiore e migliore diffusione dei dati effettivi di questo calo magari attraverso l’opera e l’aiuto delle organizzazioni di categoria. Di qui parte il nostro appello!!

2) Se a quanto sopra non si può immediatamente porre rimedio (mancanza della cd. bacchetta magica) dalla nostra prospettiva di politica locale, riteniamo che si possa  comunque prenderne profondamente coscienza, anzi riteniamo che il Circolo debba anche farsi interprete delle esigenze di sopravvivenza di quanti operano nel settore, se non altro affinché questi non trovino in altri interlocutori più fantasiosi che offrano risposte di  un populismo demagogico.  Certamente le difficoltà da affrontare sono molte compreso il fatto di conciliare l’esigenza alla “sopravvivenza del settore”  con  forme di contrasto all’evasione fiscale o di verifiche sugli scontrini emessi e/o  sulla tracciabilità  dei pagamenti  cercando di non creare diffidenze nei nostri programmi.  Apriamo al tentativo, senza pregiudizi, di ricondurre l’analisi ad una visione più equilibrata!

3) Veniamo infine ad un punto che riteniamo particolarmente importante: è stato evidenziato che forse l’effetto più pesante della crisi è quello della divaricazione sempre più ampia tra i ricavi dell’attività e le spese che necessitano per far andare avanti l’attività stessa.

L’AFFITTO: Contratti di locazione che erano stati sottoscritti in periodi di affari prosperi, e quindi stipulati nella consapevole certezza di poterli onorare, oggi non possono più essere sostenuti. Dal 2000/2005 il volume d’affari si è ridotto di oltre il 50%, mentre le spese generali e fisse sono di fatto aumentate; gli affitti non possono essere più pagati e quindi nel breve gli sfratti per morosità evidente diventano esecutivi. E’ chiaro che la revisione dei contratti di locazione non può essere obiettivo raggiungibile tout-court, ma ci pare che sia un percorso fattibile il farsi promotori di una istanza affinché gli enti preposti sollecitino una sensibilizzazione dei proprietari dei muri ad una assunzione di responsabilità  contribuendo anche loro al superamento di questo momento delicato per tutti. Se il settore produttivo e commerciale ha una pesante contrazione forse sarebbe auspicabile che i soggetti titolari di rendite immobiliari possano contribuire con coscienza e generosità ad affrontare la situazione  magari ottenendo una sorta di sgravio sui tributi locali:  si potrebbe agire premiando chi concede “riduzioni su un contratto di locazione”. Rileviamo che un artigiano o un commerciante che chiude non lo fa a cuor leggero, prima le tenta tutte. Dapprima da fondo alla linea di credito che le banche concedono  in quanto titolari di un conto corrente, se non basta danno  fondo ai propri risparmi, successivamente per ottenere ulteriori finanziamenti pongono in garanzia i beni sino ad arrivare alla loro casa".

"Restiamo in ascolto delle Vostre considerazioni - termina il PD - disponibili come sempre ad sereno confronto, segnalando sommessamente che forse si potrebbe ipotizzare una soluzione che preveda una riforma del commercio portatrice di benefici sia al servizio reso alla cittadinanza che ai piccoli commercianti tenendo conto per esempio della necessità:
- di  stabilire orari di apertura più rigidi per gli esercizi commerciali e in particolare quelli delle grandi superfici;
- di prevedere regole per aperture nei giorni festivi del tipo 10 giorni ogni anno a scelta di ogni esercizio commerciale;
- di regolamentare l’apertura giornaliera libera (es. 40 ore settimanali) : ipotizzando anche di fornire  incentivi per chi ha personale con riduzione dei costi dello straordinario o incentivi per i costi dell'energia elettrica per la diminuzione di utilizzo  nelle ore di apertura ecc". 

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