“Due colpi di pistola alle gambe e se continua a scrivere un colpo alla testa che gli passa la voglia”, “Sanno tutto, scrivono di tutti”, “vanno lasciati perdere per un paio d’anni per eliminarli dopo”. Dicono così i protagonisti delle intercettazioni dell’inchiesta ‘La Svolta’ che ha colpito la ‘ndrangheta in Liguria.
Messaggio chiaro: Christian Abbondanza e Marco Ballestra rischiano la pelle. Anche perché sono soli. Niente protezione per loro.
Comincia così l’articolo (che è più un grido di allarme) di Ferruccio Sansa su Il Fatto Quotidiano nel numero della vigilia di Natale; del ‘bandito Christian‘ ne abbiamo parlato e ne parliamo da un po’ cercando di sostenere le sue denunce che risultano antipatiche e spigolose come sono spigolosi i rompipalle per vocazione. Vocazionista dell’antimafia più che professionista, si dovrebbe dire.
Se c’è qualcosa che a Christian va riconosciuto (da sempre) è l’amore per i dati, i confronti, i passaggi, le date e i collegamenti: merce rara in un movimento antimafia che rischia di diventare sociologico credendo di potersi bastare senza scendere nei dettagli investigativi e nella mappatura dei ‘cattivi’ oltre alla memoria dei ‘buoni’, soprattutto se i ‘cattivi’ sono sani, operativi e politicamente accolti nei loro territori.
So già (succede che me lo ricordino nei commenti ogni volta che ne scrivo) che Christian Abbondanza e la Casa della Legalità sono considerati scomodi anche da voci autorevoli dell’antimafia a cui sono molto legato (ne parla Savona News qui e risponde direttamente l’associazione qui) ma credo che il punto che oggi ci deve interessare sia un altro: la memoria antimafia deve essere abbastanza contemporanea da sfociare nella vigilanza per essere utile. E su questo credo non sia difficile essere uniti.