Malattie rare: questa settimana abbiamo il piacere di ospitare LIRH che supporta i pazienti affetti dalla malattia di Huntington nella persona di Barbara D’Alessio, Vice Presidente Fondazione.
Che cos’è la malattia di Huntington (MH)? La malattia di Huntington è una malattia rara, genetica, ereditaria, neurodegenerativa.
Rara - perché rientra nei numeri dell’Unione Europea, secondo cui le malattie rare sono quelle che hanno una prevalenza inferiore a 5 casi su 10.000 persone
Genetica - dal 1993 se ne conosce la causa: si tratta di una mutazione da espansione di un tratto del DNA nel gene HTT, che produce una proteina anomala (chiamata huntingtina), che provoca la morte progressiva di cellule nervose (neuroni) in alcune aree del cervello.
Ereditaria – Essendo una malattia genetica “dominante”, ogni figlio ha una possibilità su due di ereditare il gene mutato dal genitore affetto. Le alterazioni nel controllo delle emozioni che interferiscono con le dinamiche di relazione, insieme al carattere di ereditarietà dominante, determinano il grave disagio di interi nuclei familiari.
Neurodegenerativa – la perdita di cellule nervose porta ad una progressiva e severa disabilità sia fisica che mentale.
Chi colpisce? La malattia colpisce indifferentemente uomini e donne nati da un genitore affetto con un inizio, in genere, intorno ai 40 anni. Raramente può avere inizio prima dei 20 anni (forme giovanili) o, talvolta, in tarda età. In Italia si stimano circa 6.500 malati e circa 35.000 persone a rischio, con una previsione di aumento del numero delle persone affette entro il 2030 (Epidemiology of Huntington disease: first post-HTT gene analysis of prevalence in Italy - Squitieri et al. Clin Genet. 2016).
Quali sono i sintomi? I sintomi riguardano la sfera del movimento (la MH è anche detta ‘còrea’, dal greco ‘danza’ per via dei movimenti involontari che induce), la sfera del comportamento, con disturbi di tipo psichiatrico (annovera il triste primato del più alto tasso di suicidi) e la sfera cognitiva, portando ad una progressiva demenza. Non ti ricordi più chi sei, hai incontrollabili scatti di ira, a volte desideri morire, i tuoi movimenti diventano impacciati e ti cadono le cose dalle mani, cominci a parlare con difficoltà, il cibo ti va di traverso, e movimenti simili a scatti scuotono i tuoi arti e poi tutto il tuo corpo. Le tue facoltà mentali si riducono progressivamente, perdi peso e vivi nel timore di trasmettere tutto questo ai tuoi figli.
Come vive una persona affetta dalla patologia? Le persone affette dalla malattia di Huntington vivono, molto spesso, in solitudine, in quanto si nascondono. Le famiglie hanno paura di essere discriminate e di parlare della malattia, la nascondono anche alle persone più vicine. Isolandosi, si privano sia della possibilità di condividere la propria esperienza con altri, sia della possibilità di accedere a trattamenti adeguati, a cure sperimentali e, più in generale, a informazioni utili per affrontare meglio la loro condizione.
Come viene diagnosticata? La malattia viene diagnosticata eseguendo un test genetico sul DNA, attraverso un prelievo di sangue. Il test, tuttavia, non è un ‘mero’ prelievo di sangue, in quanto le implicazioni di un eventuale esito positivo sulla vita propria e su quella dei propri cari (partner, fratelli, figli) sono devastanti. La scelta di sottoporsi o meno al test genetico è strettamente personale, nessuno deve mai esser obbligato o forzato a farlo, neanche dalla persona più vicina. Raccomandiamo a chiunque stia pensando di affrontare questa scelta di seguire un percorso di accompagnamento al risultato del test (counseling) con professionisti qualificati. E’ importante ricordare che, anche se la presenza della mutazione responsabile della malattia è prevedibile con un test, la malattia non è ad oggi – purtroppo - ancora prevenibile.
Quali sono le cure e la diagnosi? La diagnosi si fa ricostruendo la storia familiare e attraverso un esame clinico. Tuttavia, la certezza assoluta della diagnosi si ha soltanto con il test genetico. La malattia di Huntington non è ancora guaribile, ma è curabile. L’approccio corretto è quello multidisciplinare: farmacologico, psicologico, fisioterapico, nutrizionale. Un approccio corretto richiede grande esperienza e personalizzazione della terapia.
E i progressi nella ricerca? L’interesse da parte della comunità scientifica e dell’industria farmaceutica è aumentato moltissimo negli ultimi anni. Ci sono molte sperimentazioni farmacologiche in corso, alcune delle quali anche in Italia, e altre che ci aspettiamo abbiano inizio nei prossimi due anni. I ricercatori stanno cercando di trovare la strada per bloccare l’insorgenza o per rallentare il decorso della malattia. Di tutto questo parleremo nel dettaglio il prossimo sabato 3 Dicembre a Roma, in occasione del convegno ‘I confini della ricerca sulla Malattia di Huntington. Dalle scoperte iniziali ai risultati sperimentali’, che si svolgerà presso l’Istituto Vaccari in viale Angelico 22 (zona Prati/San Pietro) dalle 10 alle 16.
Il binomio malattia rara si affianca al termine “malattia orfana” perché? In realtà non sono orfane le malattie, ma i farmaci potenzialmente utili a curarle. L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) designa come ‘orfani’ quei prodotti (farmaci) destinati alla diagnosi, alla prevenzione o al trattamento di malattie rare, che– visti i numeri esigui - non hanno mercato sufficiente per ripagare le spese del proprio sviluppo. Rimangono pertanto senza sponsor e quindi “orfani” Poiché tali farmaci rispondono ad un bisogno di salute pubblica, i Paesi industrializzati hanno introdotto una serie di incentivi per promuovere la ricerca su questo tipo di farmaci a livello industriale.
Le istituzioni come aiutano le malattie rare e l’Huntington nello specifico? A livello ‘macro’, l’attenzione per le malattie rare è molto aumentata negli ultimi anni. In Italia ci sono Istituzioni come l’Istituto Superiore di Sanità o Orphanet che svolgono un ruolo importante di monitoraggio e classificazione delle malattie rare. Esiste anche un Piano nazionale Malattie Rare del Ministero della Salute, che si pone l’obiettivo di disciplinare questa materia tutelando l’interesse dei pazienti. A livello ‘micro’, registriamo una disparità tra le regioni: ce ne sono alcune che offrono servizi riabilitativi e assistenziali anche quotidiani, altre in cui si fa fatica a trovare specialisti che abbiamo una minima conoscenza di questa malattia.
Di cosa si occupala Vostra associazione? La Lega Italiana Ricerca Huntington e malattie correlate (LIRH) onlus è una fondazione di partecipazione, senza scopo di lucro, che sostiene la ricerca scientifica, conduce a sua volta attività di ricerca, fornisce assistenza gratuita ai pazienti, promuove la conoscenza sulla malattia sia nei confronti del pubblico che degli specialisti e divulga i risultati della ricerca. Abbiamo la fortuna di avere come direttore scientifico il prof. Ferdinando Squitieri, clinico e ricercatore, uno dei massimi esperti al mondo nello studio e nella cura di questa patologia. Grazie a lui e ai nostri collaboratori, siamo in grado di fornire assistenza neurologica, psichiatrica, genetica, psicologica, nutrizionale gratuita a circa 600 famiglie su tutto il territorio nazionale. Abbiamo sedi ambulatoriali a Roma, Milano, Campi Bisenzio (Firenze), Isernia, San Giovanni Rotondo (FG), Catania. Abbiamo un numero verde attivo tutti i giorni 800.388.330, che risponde a richieste di informazioni sulla malattia, sul test, sulla ricerca e a richieste di visite e consulenze. Siamo inoltre impegnati in diversi progetti di ricerca, il più importante dei quali si chiama Enroll-HD ed è uno studio internazionale cd ‘osservazionale’, che non prevede somministrazione di farmaci ma acquisizione di informazioni cliniche e campioni biologici, che convergono in una unica piattaforma globale accessibile ai ricercatori di tutto il mondo. L’obiettivo è quello di comprendere la storia naturale della malattia, studiandone l’evoluzione negli anni, per individuare le strategie sperimentali (e quindi terapeutiche) più appropriate. Ad oggi, contribuiscono ad Enroll 14 Paesi di tutti e 5 i continenti e sono stati raccolti dati e campioni biologici di oltre 12.000 persone in tutto il mondo. Vogliamo arrivare a studiare un campione di almeno 20.000 persone nei prossimi anni. Possono partecipare non solo persone affette, ma anche persone a rischio che non vogliono sottoporsi al test, persone con esito negativo al test e partner non consanguinei.
Cosa possiamo dire ai pazienti ed ai loro congiunti che affrontano questa malattia per la prima volta e sono disorientati? Possiamo dire loro di avere fiducia nella ricerca. Si trovano in una fase storica promettente, in cui il fermento scientifico è vivissimo e primi risultati concreti si cominciano a vedere. Possiamo dire loro di non sentirsi soli, perché non lo sono, di chiamarci se hanno dubbi di qualsiasi tipo.
Come possiamo aiutare concretamente la Vostra Associazione? Attraverso una corretta comunicazione che aiuti le persone ammalate a non sentirsi sole e le famiglie ad ottenere le informazioni necessarie per scelte utili, come quelle di partecipare ad una sperimentazione oppure ad eseguire un test con l’assistenza competente. Potete sostenere i nostri progetti di ricerca, assistenza, formazione e divulgazione divulgando le nostre coordinate per le donazioni (IBAN IT 38 J 05385 781700 000000 71259) e attraverso la scelta del 5 per mille del reddito (Codice Fiscale 90026220948 nel riquadro ONLUS). Potete aiutarci a far comprendere ai pazienti e alle loro famiglie che la ricerca ha bisogno di loro, non solo in termini di risorse economiche ma anche in termini di loro disponibilità a partecipare a progetti di ricerca (come Enroll, per esempio), tempo che loro possono mettere a nostra disposizione per aiutarci a conoscere meglio questa malattia e a trovare la strada per sconfiggerla.
Potete aiutarci nella divulgazione delle informazioni, perché è importantissimo che chi si nasconde venga incoraggiato a ‘venire fuori’.
Ringraziamo sentitamente: Barbara D’Alessio, Vice Presidente Fondazione, Responsabile Comunicazione, Marketing e Sviluppo della Fondazione LIRH onlus.
Scrivete a: salute@sanremonews.it
Disclaimer: tutti gli articoli redatti dal sottoscritto, si avvalgono dei maggiori siti e documenti basati sulle evidenze, ove necessario sarà menzionata la fonte della notizia: essi NON sostituiscono la catena sanitaria di controllo e diagnosi di tutte le figure preposte, come ad esempio i medici. Solo un medico può effettuare la diagnosi ed approntare un piano di cura.
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Il sottoscritto e Sanremonews in questo caso non ne rispondono.
Compito dell’infermiere è la somministrazione della cura, il controllo dei sintomi e la cultura all’ Educazione Sanitaria.