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Attualità | 27 marzo 2025, 07:51

Sanremo: scomparsa di Alfredo Moreschi, la testimonianza di Piero Farina dal titolo 'Una piccola favola per un grande sogno'

"Ciao amico mio, mio primo maestro, non è un addio”

Foto Sanremo 1952

Foto Sanremo 1952

Il Club per l'UNESCO di Sanremo ricorda la figura dell'emerito cittadino Alfredo Moreschi attraverso la testimonianza del regista Piero Farina, socio dell'associazione matuziana, legato da una lunga e profonda amicizia con Alfredo.

“In un angolo riservato della mia casa da sempre conservo una fotografia dei primi anni cinquanta dove due bambini e un ragazzino, tenendosi per mano, corrono verso l’obiettivo di un fotografo. Lo scatto pare cogliere un momento di gioia dei loro giochi o forse si tratta solo del suggerimento di chi ha scattato l’immagine conscio di ottenere, con quella corsa, maggior naturalezza dai tre protagonisti. Le piccole ombre verticali lasciate dai loro passi fanno pensare a un giorno di avanzata primavera. Allora il contrasto della stampa in bianco e nero era reso più vivace dai pastelli di un professionale laboratorio fotografico. Dopo qualche anno, quando il ragazzino ricevette in regalo una cinepresa otto millimetri, si ricordò  di quella foto, pensò di affidarsi al suo autore, a quel giovane che ben presto si rivelò capace  di dare ordine e significato alle prime immagini che lui aveva girato. Di fronte ai suoi occhi si accese così la magìa del racconto cinematografico, prese forma e sostanza la storia a cui, da incapace,  aveva pensato. Fu un’indimenticabile esperienza che quel ragazzino tenne sempre presente, anche dopo molto tempo, quando nel corso della sua esperienza professionale legata al linguaggio delle immagini, il ricordo di quel giovane appassionato che con pellicola e acetone era stato capace d’indicargli la strada da percorrere, la narrazione con le immagini che non è solo informazione, ma che talvolta diviene anche poesia. Il giovane fotografo dei primi anni sessanta si chiama Alfredo Moreschi e oggi non c’è più. Qualche giorno fa siamo stati al telefono per più di un’ora, come spesso accadeva quando assieme ad altri due amici, Gabriele Candiolo e ad Ario Calvini stavamo chiusi in macchina fino a tarda notte sotto le finestre di casa mia a parlare di cinema, di progetti di film da inviare a Montecatini al concorso nazionale della Fedic. Abbiamo parlato anche dell’età che avanza, della morte che, come diceva Trilussa, sta ‘anniscosta in ne gli orloggi’, e ho avuto la sensazione che Alfredo, in quel caso, non avrebbe voluto esequie col suono delle campane. Come congedo forse avrebbe gradito di più ascoltare il ronzio di una vecchia Arriflex o lo scatto secco di un otturatore. Ciao amico mio, mio primo maestro, non è un addio”.

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