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Attualità | 28 dicembre 2024, 09:59

Sanremo, Botanicando a Villa Ormond: viaggio botanico nel tempo e nello spazio (Foto)

Quattro passi tra i cinque continenti e senza saperlo

C’era un tempo in cui i giardini di Sanremo, con la loro seducente flora esotica, fatta di piante rare e spesso ancora sconosciute, erano una meta ambita per i turisti di tutt’Europa. La prestigiosa guida per stranieri: Stations hivernales de Bordighera et Sanremo (1879) riportava: "Una delle cose che più genera l’ammirazione degli abitanti del nord che giungono nella stazione invernale di Sanremo è la presenza di una vegetazione molto varia, che è lussureggiante in pieno inverno e dona un’eterna fisionomia pittorica". Una bellissima presentazione per una “città giardino”, a cui gli autori facevano seguire l’invito "agli amanti della botanica, che ci onorano con le loro visite invernali, a fare una piacevole escursione nel territorio di Sanremo per mostrare loro, passo dopo passo, le curiosità vegetali che arricchiscono la nostra città. Durante una bella giornata di sole, potremmo passeggiare tra le aiuole dei giardini pubblici e ammirarne le straordinarie collezioni di piante coltivate e, dal momento che si è avuta la buona idea di far conoscere le piante con piccole targhe affisse ai rami, avremmo l’opportunità di studiare la flora esotica e locale".

La descrizione delle piante, affidata a piccole targhe botaniche, era stata predisposta dal Comune presso i giardini pubblici dedicati a Maria Vittoria del Pozzo e che si trovavano nello spazio annesso al fabbricato del convento degli ex cappuccini, dove oggi sorge il Casino municipale. Riportava la guida storica: "Il giardino accoglie palme, cicadacee, conifere, banani, eucalipti e tante altre piante d’oltremare. I vialetti sono dotati di panchine, che offrono eccellenti occasioni di riposo per chi viene a soggiornare in città per beneficiare di cure salutari". La bellezza e il gradimento per il giardino avevano ottenuto il plauso del sottoprefetto di Sanremo che, scrivendo all’allora sindaco Giuseppe Corradi, definì il parco "un’opera che rende questa città più bella e più dilettevole". L’attenzione e la cultura del rispetto per le piante da parte della città erano affidate ad un innovativo Regolamento comunale per il pubblico giardino, che vietava tra l’altro di toccare le piante, incidere tronchi e rami, oltrepassare le siepi, ecc.

L’interesse per i giardini manifestato dagli ospiti di Sanremo era straordinario e si organizzavano visite guidate per comitive provenienti persino dalla lontana Germania. La stampa tedesca del 1885 riportava la sorprendente cronaca di un gruppo di appassionati botanici partiti in treno da Berlino per raggiungere Sanremo e visitare il giardino di Villa Parva del barone von Hüttner. Si narra che nel giardino della villa fosse meta obbligata visitare una suggestiva “Grotta di Venere”, scavata nel tufo e popolata da eleganti felci. In presenza di gentili signore che chiedevano perché la grotta avesse quel nome, dato che all’interno non si vedeva nessuna statua o quadro di Venere, il barone rispondeva: “Glielo mostrerò subito!” Allora prendeva uno specchio nascosto in un angolo della grotta e lo metteva davanti a colei che aveva rivolto la domanda! Suggestioni romantiche di un mondo passato.

Ma oggi, cosa è rimasto di quegli incantevoli giardini che tanto affascinavano il mondo della Belle Époque? Purtroppo, due guerre mondiali, la speculazione edilizia e tre gravi geli invernali hanno depauperato gran parte di quel prezioso patrimonio ambientale e culturale, ma tutto non è andato perduto. Il comune di Sanremo, nel corso degli anni, ha acquistato alcune di quelle proprietà con giardino, salvandole dall’espansione urbanistica. È il caso di Villa Ormond con il suo magnifico parco. Un giardino esteso su circa due ettari, con una flora esuberante e ricca di rarità botaniche che, nel corso degli anni, si è sempre più arricchita.

Chi percorre distrattamente i vialetti del parco, probabilmente non si rende conto che gode del privilegio di trovarsi in un giardino botanico, popolato con piante provenienti dalle zone più remote del mondo. L’Australia è presente con ben 28 specie, tra cui i giganteschi Ficus macrophylla (conosciuti anche come alberi strangolatori), le belle e possenti Araucaria bidwilli (alberi delle vedove), con i loro lunghi rami e i grossi coni. Imponente la secolare Lagunaria patersonia, che durante la fioritura si ricopre di una miriade di piccoli fiori dal delicato colore rosa malva. L’America meridionale la fa da padrona con ben 36 specie, seguita dal continente africano che vanta 30 taxa, 28 sono condivise tra Cina e Giappone e di 23 è la rappresentanza centroamericana. Tra le piante più rare si segnala “l’occhio d’uccello” (Alectryon coriaceus) un alberello dai curiosi frutti, che fanno pensare all’occhio di un volatile. Una particolare attenzione meritano gli insoliti (soprattutto nei giardini pubblici) rappresentanti del genere Encephalartos e Dion, che sono paragonabili alla stregua di fossili viventi e testimoni di una flora estinta da oltre 200 milioni di anni. Osservando una di queste piante è come se avessimo il privilegio di vedere un dinosauro vivente! Che dire poi del Palmetum, dove contiamo oltre 30 specie di palme? Tra queste vi sono eleganti e vigorosi esemplari di Howea forsteriana originarie della flora australiana, come pure le belle Archonthophoenix cunninghamiana, con la chioma delicata lo stipite verde e liscio, che in primavera accoglie una splendida infiorescenza violacea che, a maturazione, offre datteri di un colore rosso lucente.

Non manca una rappresentanza dell’isola di Taiwan, la bella palma Arenga engleri, con le foglie verde scuro e graziosamente seghettate agli apici. Poi, per gli esperti più raffinati, citiamo la Chambeyronia macrocarpa, della flora neozelandese, che in autunno produce giovani foglie di uno splendido rosso scarlatto. Tra la fitta vegetazione scopriamo anche la preziosa Serenoa repens, la “palma che cura la prostata”. La tribù di nativi americani Seminole, in Florida, la usava da secoli per trattare problemi di “iperplasia prostatica benigna” e la moderna medicina ne ha replicato per sintesi le proprietà farmacologiche. Dai muri sporgono, con grandi foglie e bei fiori viola purpurei, le esuberanti Wigandia urens, provenienti dal Venezuela. La pianta è conosciuta anche con il nome di "Tabaquero de Caracas" probabilmente per le grandi foglie ruvide, che ricordano quelle del tabacco. Poi, le aiuole lungo corso Cavallotti sono una piccola ed esuberante foresta tropicale. Bellissime le palme azzurre (Brahea armata) con le loro foglie argentee e le spettacolari infiorescenze giallo zolfo che emergono in primavera estate e si protendono verso il cielo; meravigliose le “trombe d’angelo” (Brugmansia insignis), che con la loro cascata di campanule giallo oro raggiungono il marciapiede; non da meno sono le vistose fioriture della Salvia leucantha, con bellissimi fiori bianco-fucsia. Sempre lungo la via sono presenti le pregiate Melaleuca, mirtacee australiane con una caratteristica corteccia sottile, che si sfoglia come carta velina e che formano bellissimi cuscini verdi, ricoperti di fiori bianchi simili a scovolini. Poi, in questi giorni abbiamo il privilegio di poter ammirare la splendida coppia di Agave attenuata, in piena fioritura natalizia, che sfoderano un’elegante e bella infiorescenza che ricorda il colo di un cigno. Un omaggio della flora messicana.

Il parco di Villa Ormond non è solo un giardino ma un viaggio botanico nel tempo e nello spazio. Per chi volesse approfondire si segnala: Le piante di villa Ormond, Guida fotografica, a cura di Claudio Littardi e Marco Alberti e Gartenflora, la lente del barone von Hüttner sui giardini di Sanremo durante la bella Époque, a cura di Claudio Littardi e Giacobbe Alessandro.

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