Eventi - 20 dicembre 2024, 14:14

‘Formare gli sguardi’ sul disturbo psichiatrico e la vulnerabilità psicologica con il Fermi Polo Montale di Ventimiglia, WIFTMI e Sapienza Università di Roma

La rassegna ‘Costruire un nuovo sguardo per la cittadinanza’ è arrivata al suo secondo appuntamento

Arriva al suo secondo appuntamento la rassegna ‘Costruire un nuovo sguardo per la cittadinanza’, parte del progetto ‘Formare gli sguardi’, realizzato grazie alla collaborazione fra l’IIS Fermi Polo Montale di Ventimiglia, Women in Film, Television & Media Italia e Sapienza Università di Roma. 

"Il progetto, vincitore di Bando ministeriale ‘Cinema e Immagini per la scuola 2024’ - si spiega nel comunicato -, ha coinvolto questa volta otto classi dell’Istituto: la 4 e 5 a AFM Fermi, accompagnate dalle docenti Michelangela Di Giorno, Lia Gagliano e Nathalie Giordano; la 4 e 5 D e la 5 E Sociosanitario, accompagnate dai docenti Manuela Orrao, Michele Palmero, Andrea Poletto e Antonio Rao; la 4 e 5 A RIM e 5 B RIM Montale accompagnate dalle insegnanti Maria Grazia Cristofori, Isabella De Amicis e Federica Lorenzi. Oltre che per queste classi, le porte dello storico Cinema Olimpia di Bordighera del Sig. Augusto Venchi si sono aperte per l’occasione anche a due classi dell’ITIS di Imperia: la 2 B e la 3 C (Chimici), accompagnate dalle prof. sse Mariuccia Reitano e Giuseppa Favara e dal prof. Bruno Sacella. In questa sua seconda edizione il progetto infatti ha raccolto l’adesione di altri Istituti del territorio, i cui docenti si sono riconosciuti nei valori e negli obiettivi formativi dei percorsi attivati: la costruzione di una società più inclusiva, in cui la scuola e l’audiovisivo si fanno promotori di uno sguardo alternativo sulle diversità e le fragilità degli individui, riconoscendovi non delle debolezze ma la ricchezza e l’unicità di ciascuno come persona. Proprio il saldo ancoraggio a questo obiettivo ha orientato il team di progetto nella scelta del documentario da proporre alle classi per questo secondo appuntamento della rassegna, lo scorso 18 dicembre: ‘Kripton’ di Francesco Munzi, il racconto onesto della reale esperienza di sei pazienti, alcuni dei quali molto giovani, in cura presso due comunità terapeutiche della periferia romana. Una fotografia molto lontana dalla rappresentazione stereotipata che del disturbo mentale ci restituiscono solitamente i media, spesso tendenti a sfruttare il fascino ‘oscuro’ che la malattia psichiatrica esercita sul pubblico del cinema e delle serie TV, quando non addirittura colpevoli di ricorrere a linguaggi che consolidano lo stigma sociale che colpisce il malato mentale. 

‘Kripton’, distante anni luce da queste tendenze, sposta innanzitutto l’attenzione dalla malattia al percorso di cura, restituendone un racconto multiprospettico e realistico attraverso interviste e immagini della routine quotidiana delle comunità. Da un lato i pazienti e le loro riflessioni, capaci talvolta di azzerare la distanza che separa il mondo dei ‘sani’ da quello dei ‘matti’, come quella domanda di uno dei pazienti, Dimitri – inevitabilmente senza risposta - sul senso del dolore e della vita, in cui scopriamo la radice di una sofferenza che ci accomuna tutti e tutte, ma che si acutizza però solo in alcuni, quelli che ‘sentono e percepiscono di più’, e quindi soffrono di più. Dall’altro lato il racconto delle famiglie, che ci accompagna verso la presa di coscienza che la fragilità e il dolore della malattia mentale non riguarda solo il singolo ma si allarga, coinvolgendo le famiglie, anch’esse chiamate a far fronte ad una responsabilità di cui – nonostante tutte le buone intenzioni – si fa fatica a reggere il peso. Infine, il punto di vista e la voce di chi in comunità terapeutica funge da collettore tra le persone e i loro mondi: il personale medico, la cui fotografia ritratta dal documentario restituisce allo spettatore un’umanità di cui oggi più che mai si sente il bisogno. Proprio il Dottor Pallagrosi, direttore di una delle due comunità terapeutiche raccontate in ‘Kripton’ e parte anch’egli di questo commovente racconto per immagini, è stato l’ospite della consueta tavola rotonda successiva alla proiezione: una tavola rotonda che, pur sempre moderata dalla responsabile scientifica del progetto, la prof.ssa Romana Andò di Sapienza Università di Roma, è stata significativamente orientata dagli studenti e dalle studentesse nei temi da mettere a fuoco. Il Dottor Pallagrosi, con grande professionalità ed empatia rispetto ad un pubblico così giovane, ha potuto quindi dare risposta alle moltissime domande che sono state poste: cosa sono gli psicofarmaci e che ruolo hanno nel percorso di cura dei malati? Qual è il futuro che ha atteso i sei pazienti raccontati nel documentario e quali le reali possibilità di ripresa per chi soffre di disturbo psichiatrico? Importanti anche le domande di alcune docenti esperte di disabilità, come la prof.ssa Carmen Ramò del Fermi di Ventimiglia, che ha chiesto quanto la malattia mentale sia determinata da fattori endogeni e quanto dal contesto sociale/familiare, sottolineando l’importanza di una maggiore sensibilità rispetto a questi temi; oppure la prof.ssa Mariuccia Reitano dell’ITIS di Imperia, che ha posto l’attenzione sulle famiglie dei pazienti, sul loro ruolo ed anche sulle difficoltà che esse vivono di riflesso. Ma soprattutto, tante riflessioni da parte di giovani ragazze e ragazzi che hanno sottolineato come i pazienti ritratti in ‘Kripton’ li abbiano toccati in quanto persone prima che malati: per la loro simpatia, per la loro profondità, per quei lati del carattere simili ai propri. Ecco, proprio riflessioni come questa hanno dato l’occasione al Dottor Pallagrosi di ricordare quanto sia fondamentale riconoscere nel paziente prima di tutto una persona, evitando di identificarlo sempre e solo con la sua patologia: necessario a questo punto il richiamo a Basaglia, intellettuale e professionista ancora poco conosciuto dalle giovani generazioni, e alla rivoluzione che il suo pensiero e la sua esperienza hanno determinato in Italia, unico paese che ha abolito gli istituti manicomiali in quanto luoghi di segregazione e emarginazione sociale. Dando poi risposta alla domanda ‘Che ruolo può svolgere la scuola nella vita dei giovani pazienti con disturbo psichiatrico?’, posta dalla prof.ssa Ambra Saitta, ideatrice e coordinatrice del progetto insieme alla Dott.ssa Federica Nicchiarelli di WIFTMI, il Dottor Pallagrosi, in pieno accordo con la prof.ssa Romana Andò, ha sottolineato che la comunità scolastica può molto: includere invece di escludere, accogliere invece di isolare, abbracciare invece di stigmatizzare, parlare di questi temi invece di ignorarli. Questo può davvero fare la differenza. Come infatti ha dimostrato l’incontro, gli e le adolescenti hanno desiderio di confrontarsi su questi temi, riconoscendone l’importanza.  

Sull’onda delle parole del Dott. Pallagrosi, ecco quelle di Pia Orsini e Daniela Lorenzi, Presidente di Penelope Coordinamento Donne del Ponente Ligure, anche questa volta presenti in sala: ‘Importante parlare di questi temi e degli investimenti necessari per poter strutturare comunità e percorsi terapeutici adatti’. Ma anche: ‘Impressionante come si sia creato un silenzio profondo dopo meno di 5 minuti, pur essendo piena la sala come non lo era mai stata. Come i ragazzi si siano fatti coinvolgere e abbiano partecipato, di fatto conducendo loro la tavola rotonda con le loro domande’: queste le parole di Federica Nicchiarelli, alla conclusione dell’evento, con cui tutto il team di progetto ha concordato in pieno".