Attualità - 17 dicembre 2024, 07:21

Minaccia di sparare a due cani aggressivi per difendersi, il TAR restituisce le armi al cacciatore: "Provvedimento sproporzionato"

L’uomo, esasperato dalle aggressioni degli animali, aveva dichiarato di voler difendere sé stesso e i suoi cani

Il TAR della Liguria ha annullato il decreto con cui la Prefettura di Imperia aveva vietato a un cacciatore (di cui non pubblicheremo il nome ma residente nella provincia di Imperia, ndr) di detenere armi e munizioni. La sentenza, pronunciata nella camera di consiglio dell'8 novembre 2024 e depositata nei giorni scorsi, segna una svolta in una vicenda che ha suscitato notevole attenzione nella Riviera dei Fiori. 

Il caso trae origine da una segnalazione fatta dal ricorrente, un pensionato appassionato di caccia e incensurato, ai Carabinieri della stazione locale. Durante un controllo stradale, l’uomo aveva denunciato una situazione di grave pericolo legata alla presenza di due cani di grossa taglia – un rottweiler e un altro cane – lasciati liberi dai loro proprietari e protagonisti di numerosi episodi di aggressioni contro persone e animali domestici. Nel corso del dialogo con i militari, esasperato per la mancanza di interventi risolutivi da parte delle autorità competenti, il cacciatore aveva dichiarato che, qualora si fosse trovato nuovamente di fronte ai cani aggressivi durante una battuta di caccia, avrebbe potuto sparare per difendersi.

Questa affermazione, pur dettata dalla frustrazione e dalla preoccupazione, è stata interpretata come un segnale di potenziale pericolo, spingendo i Carabinieri a ritirare cautelativamente le armi e le munizioni in suo possesso. Successivamente, la Prefettura di Imperia ha emesso un decreto formale di divieto di detenzione di armi, ignorando il parere contrario della Questura, che aveva invece giudicato la misura sproporzionata rispetto ai fatti.

Il Tribunale ha accolto il ricorso presentato dal cacciatore tramite il suo legale, ritenendo che il provvedimento della Prefettura fosse viziato da un evidente travisamento dei fatti e da un’inadeguata motivazione. I giudici hanno sottolineato che le dichiarazioni del ricorrente, pur imprudenti, non costituivano una reale minaccia, ma piuttosto l’espressione di un disagio derivante dalla pericolosità di una situazione ampiamente documentata.

Nel corso dell’istruttoria, infatti, è emerso che i due cani lasciati liberi dai proprietari avevano già aggredito diverse persone e animali nella zona. Il ricorrente stesso era stato morso alla gamba dal rottweiler, evento che lo aveva costretto a ricorrere alle cure del pronto soccorso di Sanremo. Altri residenti avevano segnalato episodi simili, descrivendo un clima di insicurezza nel quartiere. Nonostante ciò, nessuna misura era stata adottata per arginare il problema, aggravando ulteriormente il senso di impotenza dei cittadini coinvolti.

La sentenza ha anche ribadito che i provvedimenti in materia di detenzione di armi devono avere una finalità esclusivamente cautelare e non punitiva, e devono basarsi su una valutazione razionale e completa di tutte le circostanze del caso. In questo specifico contesto, i giudici hanno evidenziato come il ricorrente, in oltre cinquant’anni di attività venatoria, non avesse mai manifestato comportamenti irresponsabili o pericolosi. La sua esternazione, benché infelice, era chiaramente motivata dalla necessità di proteggere sé stesso e i propri cani, piuttosto che da un’intenzione violenta.

Con questa decisione, il TAR della Liguria ha annullato il decreto prefettizio, restituendo al cacciatore il diritto alla detenzione di armi e munizioni. La sentenza rappresenta un richiamo all’obbligo delle amministrazioni di motivare adeguatamente i provvedimenti limitativi dei diritti, evitando decisioni arbitrarie o basate su interpretazioni sommarie dei fatti.

Il cacciatore, che aveva anche sottolineato il proprio impegno per una soluzione legale al problema dei cani aggressivi, ha ottenuto non solo il riconoscimento della legittimità delle sue ragioni, ma anche il rimborso del contributo unificato a carico del Ministero dell’Interno. Le spese di lite, invece, sono state compensate tra le parti, data la complessità della vicenda.