Attualità - 13 dicembre 2024, 12:20

Cold Case svedese, morte di Sargonia Dankha, la Procura chiede l'ergastolo per Salvatore Aldobrandi: "Femminicidio legato a gelosia e possesso" (Foto)

Il 75enne sanremese è accusato di omicidio volontario aggravato e soppressione del cadavere

I Pubblici Ministeri di Imperia, Paola Marrali e Matteo Gobbi, hanno chiesto stamani alla Corte d'Assise presieduta da Carlo Alberto Indellicati, la condanna all'ergastolo per Salvatore Aldobrandi, il 75enne sanremse accusato dell’omicidio volontario aggravato e della soppressione del cadavere di Sargonia Dankha, una giovane di origini irachene naturalizzata svedese, scomparsa nel 1995 a Linköping. La requisitoria dell'accusa è stata caratterizzata da un’analisi delle prove e delle dinamiche relazionali che hanno portato alla tragica morte della ragazza. Per il reato di soppressione di cadavere i pm hanno comunque richiesto l'assoluzione - in quanto prescritto - che, però non va a influire sulla pena finale invocata che per la Procura deve essere il carcere a vita. 

La pm Marrali ha sottolineato la natura ossessiva e possessiva del rapporto tra Aldobrandi e Sargonia. "Siamo di fronte a un femminicidio, un gesto estremo di possesso e di gelosia," ha dichiarato. Riferendosi al contesto legale, ha spiegato perché il caso viene processato in Italia: "Procediamo qui perché in Svezia, in assenza del cadavere, non si è potuti arrivare a giudizio. Ma le prove raccolte e le circostanze del caso dimostrano chiaramente che si tratta di omicidio."

Durante la requisitoria, il pm ha citato la sentenza legata al caso Roberta Ragusa per tracciare un parallelismo con la vicenda di Sargonia: "La Corte di Cassazione nel caso Ragusa ci ha indicato come valutare i fatti in assenza di un corpo. Anche Sargonia è scomparsa senza lasciare traccia, ma non ci sono elementi che suggeriscano una fuga volontaria. Al contrario, tutto indica che la sua scomparsa sia legata a un atto violento." Sargonia era una giovane donna con una vita felice, un nuovo fidanzato e una casa pronta per iniziare una nuova fase della sua vita.

Le prove emerse durante i vari processi includono una denuncia presentata da Sargonia nel 1994, in cui esprimeva la sua paura di Aldobrandi. "Io ho paura di Salvatore, può farmi qualsiasi cosa," aveva confidato. Tra le prove, anche le minacce dell’imputato: "Se ti metti con qualcun altro, ti ammazzo, ti stacco la testa," e le parole rivolte alla madre della ragazza: "Se io voglio, tua figlia non la vedrai più."

Il pm Marrali ha anche ricordato i precedenti penali di Aldobrandi, tra cui una condanna per violenza sessuale e maltrattamenti verso la moglie. "È un uomo bugiardo, infedele, dalla personalità doppia: gentile e premuroso in apparenza, ma irascibile e violento quando contraddetto," ha affermato. L'accusa ha concluso sostenendo che le prove raccolte dimostrano senza dubbio la responsabilità di Aldobrandi: "Era l’unico, il 13 novembre 1995, ad avere il movente e l’opportunità di uccidere Sargonia. La sua morte non può che essere un omicidio."

Il pm Matteo Gobbi, nel corso della sua requisitoria, ha invece sottolineato che il giudizio non deve limitarsi all’evento dell’ipotetico omicidio, ma considerare anche gli atteggiamenti di Salvatore Aldobrandi successivi alla scomparsa di Sargonia. Secondo il om, la ricostruzione dell’istruttoria ha fornito prove chiare della responsabilità dell’imputato, come il mancato rispetto da parte di Sargonia di appuntamenti importanti quel giorno, un comportamento che non le era abituale. "L’unica spiegazione plausibile è che Salvatore Aldobrandi l’abbia uccisa nel suo appartamento. Questo non solo perché da quella casa lei non è mai stata vista uscire, ma anche per la ricostruzione di tutti gli atteggiamenti tenuti da Aldobrandi quel giorno e in quelli successivi".

Aldobrandi viene visto nel pomeriggio, intorno alle 15. Due testimoni dichiarano: "Ci ha visti, ma non ci ha considerato, ed era molto strano. Inoltre, era vestito in maniera molto leggera." Questo dettaglio può sembrare banale, ma in realtà è significativo. Va considerata l’adrenalina del momento: in una situazione così drammatica non si può essere completamente lucidi. Era vestito solo con una giacca di pelle marrone e una sciarpa, un abbigliamento inadeguato al rigido clima svedese.

Per il pm, l’unica ricostruzione plausibile è che Aldobrandi abbia ucciso Sargonia la mattina del 13 novembre e si sia occupato del cadavere nelle ore successive: "L’unica spiegazione plausibile è che Sargonia sia stata uccisa la mattina del 13 novembre e che, nel corso del pomeriggio e della serata, Salvatore Aldobrandi si sia occupato della soppressione del cadavere. Ogni singola udienza di questo processo è stata faticosa per via di difficoltà legate alla lingua, al sistema processuale e alla memoria dei testimoni, che dopo 30 anni hanno avuto difficoltà a ricordare. Tuttavia, l’esito dell’istruttoria non lascia spazio al dubbio: ciò che dovrete giudicare è un complesso probatorio basato su dati oggettivi. Non ci sono spazi per il riconoscimento di circostanze attenuanti. Tenendo conto della personalità dell'imputato, emersa durante l'istruttoria, e non ultimo il comportamento tenuto durante il processo, nei confronti della collega e dei testimoni. Tenuto conto di tutti gli elementi, tenuto conto che si tratta di un delitto imprescrittibile, chiedo che Salvatore Aldobrandi venga dichiarato responsabile dei reati a lui ascritti, al capo 1, ritenute le circostanze aggravanti ed anche la recidiva, contestata durante la prima udienza, ed applicabile in questo caso, chiedo che venga condannato alla pena dell'ergastolo. Al capo 2, (l'assoluzione ndr)  invece, chiedo che venga assolto per intervenuta prescrizione".

Il caso

Salvatore Aldobrandi, noto a Sanremo come Samuele, è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato e soppressione di cadavere di Sargonia Dankha, 21enne irachena naturalizzata svedese, scomparsa a Linköping il 13 novembre 1995. All'epoca dei fatti, Aldobrandi, oggi 75enne, gestiva un ristorante nella città svedese e aveva una relazione con la giovane, che stava cercando di porre fine al loro rapporto. Dopo alcuni mesi trascorsi in carcere in Svezia, venne rilasciato senza processo, poiché nel sistema legale svedese non si può procedere in assenza del cadavere.

Trasferitosi a Sanremo nel gennaio 1996, Aldobrandi ha lavorato come pizzaiolo fino al recente arresto. La svolta nel caso è stata impressa dalla Procura di Imperia, che, grazie alla tenacia della famiglia Dankha e al lavoro degli inquirenti italiani, ha riaperto il fascicolo. La Procura sostiene che le prove contro Aldobrandi siano "schiaccianti", inclusi campioni di sangue e capelli della vittima rinvenuti nel bagagliaio di una Ford Escort rossa a lui in uso.

All’epoca, le indagini svedesi ipotizzarono anche la presenza di complici che avrebbero aiutato Aldobrandi a far sparire il corpo, forse in una discarica. La famiglia Dankha non ha mai smesso di cercare giustizia, affidandosi a un legale italiano e continuando a sollecitare nuove indagini.