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Attualità | 24 ottobre 2024, 18:14

Sanremo: respinto dal Tar di Genova il ricorso della 'Miramare Srl' per la ristrutturazione dell'albergo

I proprietari della struttura ricettiva avevano fatto il ricorso contro il Comune e la Regione

Sanremo: respinto dal Tar di Genova il ricorso della 'Miramare Srl' per la ristrutturazione dell'albergo

Il Tar di Genova ha respinto il ricorso presentato dalla società ‘Miramare Srl’ contro il Comune di Sanremo e la Regione Liguria, in relazione alle domande di ristrutturazione dell’edificio dell’hotel 5 stelle nel quartiere della Foce.

Il ricorso riguarda l’adozione del Piano Urbanistico che non ha consentito la ristrutturazione del compendio immobiliare (l’hotel vero e proprio e gli altri edifici adibiti a dependance). La ‘Miramare’, infatti, vorrebbe realizzare due interventi di ricostruzione di due edifici con un progetto di ristrutturazione riguardante il corpo di fabbrica principale.

La società chiedeva:di includere l’ambito SU_06 nelle zone di riqualificazione escludendola, per contro, dalle zone assimilabili alla zona ‘A’ ma anche di consentire gli interventi di sostituzione e ristrutturazione edilizia e l’ampliamento su esistente nel limite del 20% del volume geometrico della costruzione, che l’osservazione è stata respinta con la motivazione e che in riferimento alla richiesta di classificare come riqualificazione l’ambito SU_06, si ritiene di mantenere la classificazione di cui allo strumento urbanistico vigente in coerenza con la normativa sovraordinata di PTCP che qualifica l’area in argomento come SU “Strutture Urbane qualificate”, assoggettata a regime di mantenimento, anteponendo quindi un interesse conservativo del tessuto urbano a quello di riqualificazione.

In particolare, la norma di pianificazione impugnata precisa che l’ambito di riqualificazione SU_06 ‘Include la struttura urbana ottocentesca situata a ponente del centro cittadino, compresa tra il Casinò, la pista ciclabile, Via Barabino e le aree contigue a Corso degli Inglesi. Il tessuto edilizio è costituito da ville ed edifici di pregio, spazi liberi e percorsi con valore storico-artistico e paesaggistico. Include le parti di tessuto urbano esterne ai centri storici, ma caratterizzate dalla presenza di edificato di valore architettonico e di un impianto urbano unitario e generalmente qualificato. Queste caratteristiche e l’unitarietà dell’impianto urbano, sono destinate ad essere conservate e valorizzate […]’, e, quanto agli interventi edilizi ammissibili sull’esistente, consente, oltre alla manutenzione ordinaria e straordinaria ed al restauro e risanamento conservativo, anche interventi di ristrutturazione edilizia ‘nel rispetto delle caratteristiche tipologiche, formali e strutturali dell’edificio. Il ricorso a interventi di ristrutturazione edilizia comportanti anche demolizione e ricostruzione è da limitare a casi sporadici in cui (fatta salva l’esclusione di edifici di rilevante importanza per il loro significato storico/testimoniale ovvero riconosciuti di valore architettonico in relazione al contesto in cui sono collocati) il degrado architettonico/strutturale sia tale da rendere impossibile un diverso recupero dell’esistente’.

Ed inoltre il Tar sottolinea che: “La società ricorrente – ben conscia della genericità ed astrattezza della sua prospettazione ‘in prevenzione’ - per un verso afferma di essere “in procinto” di presentare un non meglio specificato (nel senso della incompatibilità con la nuova disciplina) progetto di ristrutturazione riguardante il corpo di fabbrica principale, che peraltro definisce “prestigioso”; per altro verso (vedi punto 3.3.2 della memoria di replica 9.1.24 nel ricorso R.G. 502/2019, p. 7), sollecita il licenziamento di una CTU o di una verificazione, volte ad escludere il carattere ‘di pregio’, non si capisce se del solo edificio di proprietà, o addirittura dell’intera zona urbanistica. Senonché, si tratta di una richiesta istruttoria a sua volta palesemente inammissibile, vuoi perché di carattere estremamente generico ed esplorativo; vuoi perché, se riferita al carattere architettonico di pregio dell’edificio di proprietà, essa diverrà rilevante soltanto al momento di un eventuale diniego opposto alla richiesta di rilascio del titolo edilizio; vuoi perché, se invece riferita al carattere di pregio dell’intero ambito urbanistico, si tratta di una verifica volta ad escludere un carattere (il pregio) della struttura urbana, definitivamente impresso alla zona dal P.T.C.P. (art. 35 N.D.A.), che, coerentemente, predica un regime normativo di mantenimento, con una disposizione di carattere sovraordinato, neppure impugnata”.

Secondo il Tribunale Amministrativo Regionale il ricorso è inammissibile.

Carlo Alessi

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