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Attualità | 20 settembre 2024, 07:21

Sanremo: violenze negli ospedali sotto la media nazionale, il primario Abregal "Empatia e dialogo i segreti del nostro successo"

Il medico: "Preveniamo aggressioni e dispute ascoltando i pazienti. Per loro ci saremo sempre e non li abbandoneremo mai"

Sanremo: violenze negli ospedali sotto la media nazionale, il primario Abregal "Empatia e dialogo i segreti del nostro successo"

"Sempre e per sempre, dalla stessa parte mi troverai". Sono tanti i medici che, in questi giorni, si ritrovano nelle parole di Francesco De Gregori, rimanendo al loro posto in corsia o in studio, nonostante le crescenti violenze negli ospedali, tema di grande preoccupazione a livello nazionale. A Sanremo, però, la situazione è diversa. Grazie alla professionalità e all’empatia dei medici del pronto soccorso, il nosocomio matuziano rappresenta un'eccezione positiva. I casi di violenza, fisica o verbale, tra segnalazioni e denunce, rimangono sotto la decina, in linea con gli anni passati: nel 2022 si sono registrati 8 casi, e nel 2023, in leggero aumento, 10. A differenza di altre realtà italiane, dove le aggressioni in ospedale sono in crescita, Sanremo sembra essere un’"oasi felice", con un numero contenuto di episodi, merito di una gestione attenta della sicurezza e dell'importanza data al dialogo con i pazienti, un metodo dettato dal primario del pronto soccorso, Giancarlo Abregal.

Professore Abregal, rispetto ai dati nazionali Sanremo sembrerebbe resistere. La sua è un'"oasi felice"? "Sì, abbiamo un buon rapporto con i nostri pazienti. In questi anni non abbiamo mai avuto grossi problemi di vere e proprie aggressioni fisiche. Certo, qualche screzio verbale c'è stato e continuerà ad esserci, specie quando Sanremo si popola per le vacanze estive o per il Festival. Abbiamo registrato qualche dimostranza, ma niente di più. Il confronto con i dati nazionali ovviamente ci sorride, anche se ci tengo a specificare che quel numero, già importante e significativo, è solo la punta dell'iceberg. Tanti medici, infatti, decidono di lasciare perdere e di non denunciare. Questo porta ad avere numerosi casi persi nel nulla."

Negli anni c'è stata una vera e propria evoluzione del rapporto medico-paziente: è stata la pandemia la goccia che ha fatto traboccare il vaso? "Penso proprio di sì. Il Covid ha reso le persone più egoiste. Alcune persone pretendono di essere visitate prima di altri che magari stanno lottando tra la vita e la morte. Io faccio questo lavoro da 35 anni. C'è sempre stato il paziente che pretendeva di essere visitato prima di tutti, ma era una eccezione: adesso il fenomeno si è diffuso su più fronti."

A proposito, dall'arrivo del Covid e di conseguenza dei vaccini è iniziato un accanimento nei confronti dei medici forse senza precedenti. La violenza di oggi è una conseguenza del recente passato? "I media, i social e la corrente no vax hanno sicuramente inasprito i rapporti tra il medico curante e il paziente: hanno instillato i dubbi nelle persone e aumentato la distanza tra le parti."

Un altro fattore può essere la mancanza di medici in corsia? "No, non penso. Il rapporto tra il medico e il paziente è una cosa che prescinde dal contesto. Quando ho iniziato a lavorare c'era un medico per 50 pazienti in un camerone. Eppure il rapporto era ottimo. Le persone si fidavano e portavano rispetto. Quindi non è detto che se ci sono più dottori, il rapporto cambia. Quella che è cambiata è la figura del medico: oggi non c'è più rispetto. In Francia la figura del medico è ancora riconosciuta a livello istituzionale. Da noi ha perso di credibilità e, devo ammetterlo, buona parte anche per colpa nostra."

Il segreto, quindi, per uscire da questo labirinto è utilizzare l'empatia nei confronti dei pazienti? "Questo è il taglio che ho voluto dare all'ospedale di Sanremo. Io penso che se il medico riesce a parlare con la gente (e a contare fino a 10) le cose possono andare soltanto bene. Bisogna parlarci con le persone: solo così si possono capire certi atteggiamenti. Certo, molte volte le esperienze precedenti li portano ad essere prevenuti. Se un paziente viene trattato male o si sente abbandonato in un altro ospedale, la sfiducia nei confronti della sanità aumenterà, credo sia anche normale. Se poi ci aggiungiamo quanto detto prima, e quindi tutto quello che passa dai social e dal passaparola... Fortunatamente noi non abbandoniamo i pazienti. Cerchiamo di essere sempre disponibili e vicini a tutti. Bisogna lavorare sulla comunicazione, questa è la strada da percorrere."

Andrea Musacchio

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