Se qualcuno fosse atterrato ieri sul pianeta Liguria e avesse poi osservato da vicino le dinamiche del primo pomeriggio in quel di Ameglia, avrebbe logicamente ipotizzato uno contesto generale di vittoria, con sorrisi, abbracci e voglia di scherzare. Mai avrebbe immaginato che dietro, in realtà, c’è un’inchiesta per corruzione, falso e finanziamento illecito che ha portato il 7 maggio all’arresto del presidente di Regione, poi alle sue dimissioni e infine alla conseguente caduta della sua giunta. E che, inoltre, all’orizzonte ci sono le elezioni anticipate e un probabile processo che vedrà alla sbarra proprio l’ormai ex presidente regionale Giovanni Toti.
Ma per il mondo del centrodestra e per il cerchio magico del presidente quella di ieri è evidentemente stata una giornata di festa, tanto che per qualcuno sembra che nulla sia cambiato. Lo si evince, senza troppo sforzo, anche dal fatto che tutti, ancora, lo chiamino ‘presidente’ o ‘pres’, privilegio, quest’ultimo, riservato ai più intimi. Lo chiama ‘presidente’ l’assessore Giacomo Giampedrone poco prima di incontrarlo a casa (“Credo che il presidente oggi sia felice dopo giorni molto difficili per tutti noi”), lo chiamano ‘pres’ i membri del suo staff che, dopo tre mesi di forzato distacco, ieri sono tornati all’opera mettendo nuovamente in moto la macchina della sua comunicazione.
Senza più un incarico istituzionale e senza una tessera di partito in tasca, Toti sembra essere tornato a esercitare il suo ruolo nevralgico nelle strategie politiche regionali del centrodestra forte del suo nome e dell’autorevolezza guadagnata in nove anni di amministrazione. Tanto che già da oggi inizierà quella lunga serie di incontri che non ha potuto organizzare ad Ameglia durante il periodo di detenzione. I primi ad andare a colloquio con l’ex presidente saranno i fedelissimi arancioni Ilaria Cavo (indicata anche come possibile candidata alla presidenza per la coalizione di centrodestra) e Marco Scajola. Ma ora anche i membri della giunta possono confrontarsi con il loro ‘pres’ senza più la mediazione di una Procura o senza la Guardia di Finanza a battere l’indice sul polso per ricordare che il tempo sta finendo.
Al netto dei vertici politici e degli incontri per decidere le strategie elettorali del centrodestra, quel “qualcuno” dell’inizio avrebbe legittimamente il diritto di pensare che anche sul piano politico non sia successo niente dal 7 maggio a oggi.
Il ‘presidente’, tornato in libertà dopo quasi tre mesi, è tornato anche a dare le carte. Da lui passerà la strategia del centrodestra per le prossime elezioni, l’eventuale composizione di una lista a sostegno del candidato presidente e, molto probabilmente, sarà sua l’ultima parola sul suo successore. E se è vero che, portandolo alle dimissioni, la Procura ha puntato a disinnescare il potere amministrativo di Giovanni Toti, è altrettanto vero che nessun braccio di ferro giudiziario è riuscito a svestirlo della sua carica di centro nevralgico del mondo politico che gravita attorno a lui dal 2015.