Le associazioni e le realtà, che nel territorio imperiese si sono interrogate sul progetto della diga in Valle Argentina, hanno scritto ai Ministeri e alle Autorità competenti "che stanno portando avanti un piano calato dall’alto, senza il necessario coinvolgimento degli abitanti e dei comuni della vallata, su un progetto già abbandonato per la sua dimostrata effettiva pericolosità, nonché per l’estrema opposizione delle comunità". A metterlo nero su bianco sono: Acli Sanremo, Anpi Arma-Taggia, Arci Imperia, Attac Imperia, Casa Balestra, Ci Siamo in difesa dei beni comuni, CI-CA -Collettivo Italia-Centro America, CimAP - Coordinamento imperiese Acqua Pubblica, Cittadinanzattiva Imperia, Club per l’Unesco di Sanremo ODV, Csa La Talpa e l’Orologio, Fridays For Future Ventimiglia, Italia Nostra Ponente Ligure, Non Una Di Meno Ponente Ligure, Ortinsieme, Popoli in Arte ODV, Società della Cura , Teatro dell’Attrito, USB Imperia, XXV Aprile Intemelia.
"Le sottoscritte associazioni e realtà, componenti di una rete spontanea e firmatarie dell’appello “le nostre vite e il nostro territorio valgono più di qualunque profitto” segnalano agli enti che "la valle Argentina, come è noto, si estende dal Monte Saccarello alla costa presentando una varietà unica di paesaggi naturali incontaminati che la rendono parte integrante, con i territori dell’alta valle, del Parco Naturale Regionale delle Alpi Liguri; le potenzialità del bacino idrico, per la morfologia e le portate del torrente Argentina, sono state, come testimoniano la numerosa presenza di mulini e frantoi, una risorsa essenziale che le comunità locali, fin dai tempi lontani, hanno saputo gestire e conservare nel rispetto ambientale, quale bene comune naturale della collettività. Le fonti che alimentano il torrente Argentina già garantiscono buona parte dell’approvvigionamento idrico per i comuni della vallata e sono di apporto al “Sistema Roja”, la principale condotta adduttrice costiera del servizio idrico integrato dell’ATO Ovest Imperiese".
"Negli anni ’60 del secolo scorso, proseguono, era stato avanzato il progetto per realizzare, in località Glori nel comune di Molini di Triora, una diga di rilevanti dimensioni, essenzialmente finalizzata alla produzione di energia elettrica; il progetto fu abbandonato per la sua dimostrata effettiva pericolosità, nonché per l’estrema opposizione delle popolazioni della valle e degli enti i cui territori avrebbero dovuto essere interessati dall’opera".
Tutte le realtà associative evidenziano che "la nuova ipotesi di progetto della diga Argentina, è riportato nella missiva, prevede di realizzare lo sbarramento sul torrente sempre in corrispondenza della località di Glori, una zona inserita in un contesto ambientale di pregio (all’interno di un’area protetta Natura 2000), posta all’ingresso del Parco Naturale Regionale delle Alpi Liguri e immediatamente a monte dell’abitato di Badalucco. Il sito di Glori individuato, così come buona parte del fragile territorio dell’estremo ponente ligure, è costituito da rocce di sedimentazione marina (flysch), con stratificazioni spesso in posizione sfavorevole, soggette ad una mobilità continua nel tempo e sottoposte a intensa erosione dagli agenti atmosferici; l’estremo ponente ligure, come è noto, è un’area storicamente colpita da eventi sismici con magnitudo rilevanti (eventi del 1887, 1831 e precedenti), con la presenza di faglie potenzialmente attive e capaci su un territorio che comprende Badalucco, Molini di Triora e i comuni della Valle Argentina. La siccità non è una situazione contingente, ma una crisi sistemica che esige un ripensamento complessivo delle attività umane impattanti con l’ambiente e nello specifico nel modo di concepire la gestione del servizio idrico, ripartendo dalla realizzazione di nuove reti. Le risorse di falda prelevate per il Servizio Idrico Integrato, stimate in 46 milioni di metri cubi d’acqua, sono attualmente da considerarsi sufficienti ad assicurare l’approvvigionamento idropotabile, pari a 26 milioni di metri cubi d’acqua di consumi, sul medio lungo periodo, con perdite nelle reti che si attestano al 44%; - numerosi studi dimostrano come la costruzione di dighe in termini di costi e benefici, siano meno competitivi e producano più rischi ambientali, non siano in grado di dare risposte alle crisi idriche e possano rendersi controproducenti per il raggiungimento degli obiettivi climatici."
"Ulteriori rilasci di CO2 e di altri gas climalteranti, sottolineano, si scontrano con gli obiettivi condivisi di riduzione delle emissioni entro il 2030; l’idroelettrico non è un’energia verde. E’ ampiamente riconosciuto che esiste un chiaro conflitto in relazione agli impatti ambientali negativi a scala locale, in particolare sugli ecosistemi acquatici; il luogo migliore dove stoccare l’acqua è la falda nel sottosuolo. Le alternative ci sono con costi ed interventi sostenibili, a partire dalla rinaturalizzazione degli alvei e dai pozzi di ricarica, immettendo acqua nei periodi in cui è disponibile.
Ed è per questo che tutte le associazioni firmatarie della lettera inviata alle autorità ministeriali "esprimono contrarietà alla diga di Glori in Valle Argentina e alla realizzazione delle varie opere ad essa correlata (diga, condotte e impianti per la produzione dell’energia elettrica, impianti di sollevamento, condotte di adduzione, nuova viabilità) per gli aspetti della sicurezza e della serenità della vita, nonché per il valore ambientale del territorio".
Contrarietà è espressa anche "alla realizzazione di progetti superati anche per i lunghi tempi di realizzazione e di finanziamento, per i costi onerosi e i rischi di speculazioni e per aver calato sulle comunità territoriali un intervento che nel suo complesso è più interessato allo sfruttamento del ìcapitale naturale' e alla costruzione di grandi opere, che non ad intervenire efficacemente e con lungimiranza, sulle necessità del territorio. Infine, tuonano, contrarietà si esprime all’emanazione del bando di gara del Progetto di Fattibilità Tecnica Economica (PFTE), affidato al soggetto attuatore Rivieracqua Spa, come indicato da Decreto del Segretario Generale dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Settentrionale n. 140 del 12/12/2022, per un progetto già abbandonato in passato, per la sua dimostrata effettiva pericolosità".
Per questo le realtà associative sollecitano "ad approfondire e mettere in atto soluzioni alternative a partire dalla realizzazione di nuove reti, una vera 'grande opera' necessaria (la media europea delle perdite negli acquedotti è del 15%), dalla rinaturalizzazione dei torrenti, dalla realizzazione di pozzi di ricarica laddove le falde e gli alvei lo consentano (nelle piane del Roja e dell’Argentina), dallo sfruttamento delle sorgenti ad oggi inutilizzate, dall’esecuzione di pozzi drenanti in corrispondenza delle paleofrane, che rappresentano una peculiarità nel territorio ligure di Ponente, a tutela anche del rischio idrogeologico del territorio".