L’avvocato Filippo Biolé è sicuramente la figura più autorevole e titolata per quanto riguarda la scena musicale ligure ed in particolare sanremese. Biolé è Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Orchestra Sinfonica di Sanremo. Fra le numerose cariche annoverate, da maggio è anche Presidente dell'Accademia Ligustica di Genova. Una vita dedicata alla musica con i più nobili degli intenti e, nonostante i numerosissimi impegni dovuti anche all’imminente inizio della più importante kermesse canora d’Italia, ci ha fornito il suo autorevole parere in merito al Festival di Sanremo e non solo.
Presidente, se chiude gli occhi, come immagina il Festival di quest’anno? “Il Festival è l’apoteosi della ricerca del consenso, in veste televisiva, da parte dei cittadini italiani, mi aspetto quindi che anche quest’anno sarà quel carrozzone roboante al quale siamo oramai abituati da tempo, che deve a tutti i costi far parlare di sé e che offre un’imperdibile vetrina autoreferenziale al mondo dello spettacolo e al mondo politico”.
Secondo lei, dal triste avvento della pandemia, il Festival è in qualche modo cambiato? “Il festival di Sanremo non è cambiato molto negli ultimi anni a mio giudizio, anzi ha conquistato una sorta di formula, un format di grande successo che è garanzia di enormi ascolti, raggiunti anche in pieno periodo pandemico. Lo stesso a dirsi con riguardo alle regole della gara e della selezione degli artisti che vi partecipano”.
Ovviamente se le è possibile, c’è qualche aneddoto curioso e inedito che può rivelarci sulle passate edizioni del Festival? “Non sono nelle condizioni di poter rivelare alcunché di questa edizione o di qualche episodio curioso avvenuto durante le prove. Tutte le nostre attività sono sottoposte per contratto a rigorose regole di riservatezza. Posso però dire che in generale le nuove proposte musicali, che ho avuto il privilegio di ascoltare in anteprima, talora sono più elaborate e sofisticate di quanto non si pensi”.
Che rapporto ha con i suoi artisti? “Conservo un rapporto privilegiato con i nostri professori d’orchestra che selezioniamo ogni anno da più di 20 anni affinché la qualità artistica del suono prestato alle canzoni in gara così come a stacchi e altri momenti della diretta, con gli strumenti abitualmente vocati alla musica classica, sia la migliore possibile. La mia speranza è che vedere applicata un’orchestra sinfonica a tutti gli effetti alla musica pop possa incuriosire e conquistare ulteriore nuovo pubblico al nostro patrimonio artistico musicale, vincendo resistenza e pregiudizi e induca anzitutto i giovani a continuare a venire ad ascoltare anche altri repertori negli oltre 100 concerti l’anno che la nostra orchestra offre a Sanremo e in Italia”.
Si dice spesso che il passato sia stato migliore del presente, c’è sempre una vena nostalgica nel raccontarlo, e questo avviene anche in campo musicale. Ma è veramente così? “L’orchestra sinfonica di Sanremo ha una storia di 118 anni di attività del repertorio di musica classica. Anche questo, in teoria, dovrebbe indurre coloro che come me rivestono posizioni di vertice in istituzioni culturali storiche come questa a rivolgere uno sguardo privilegiato verso il passato con malinconia o rimpianto. Io sono un grande melomane con un piccolo passato da tenore in cori d’opera o di musica barocca. Ciononostante, anzi forse proprio grazie a questo mio percorso, seguo con forte interesse le nuove proposte musicali. Sovente si ha a che fare con proposte timbriche, ritmiche e interpretative fortemente ripetitive che mostrano l’insicurezza emulativa di chi inizia e cerca così di conquistare il pubblico rifacendosi a stili altrui. Io credo che la conoscenza della musica classica, se fosse più approfondita anzitutto nel percorso formativo dei cantanti, consentirebbe ai nuovi musicisti di essere più innovativi e sofisticati: nel passato di tutte le arti, a cominciare da quelle figurative, le vere strabilianti novità “di successo” sono quasi sempre state frutto di contaminazioni con altri stili o di spinte innovative che partivano sempre dalla conoscenza del passato e dei suoi “modi” e dei repertori precedenti. Se questo avvenisse in musica oggi, anche la proposta di quella popolare potrebbe essere più innovativa e originale di quanto non riesca ad essere. Per questo invito sempre le nuove generazioni di coloro che sentono l’arte viva dentro di sé innanzitutto a frequentare i nostri teatri e le orchestre, come quella di Sanremo”.
Molti giovani o addirittura giovanissimi cantautori sono votati alla trap, uno stile musicale che troppo spesso fa ricorso a termini scurrili e ad un linguaggio ‘aggressivo’, che opinione si è fatto di questo genere emergente? “La musica trap o comunque qualunque proposta che scada nella volgarità, nell’aggressività o nella violenza voglio pensare abbia la velleità di rappresentare uno specchio della società alla quale apparteniamo, nostro malgrado. Non credo voglia essere un incitamento a questi disvalori. Forse è inevitabile che anche questa forma d’arte, nelle nuove composizioni dei giovani artisti, rifletta quel che ci circonda e lo reinterpreti in chiave artistica. Certo, è anche vero che in passato abbiamo anche esempi che hanno interpretato e saputo rendere eterni la violenza della guerra e l’eroismo della resistenza e non certo con altra violenza o volgarità. La Sinfonia n. 7 Op. 60 in do maggiore Leningrado di Dmitrij Šostakovič ne è un fulgido esempio che mi viene in mente, composta come fu nel 1941 durante l'assedio di Leningrado da parte dell'esercito nazista. Torno a ripetere che la conoscenza della musica del passato potrebbe realmente contribuire alla creazione di nuove forme d’arte più elevata e anche più persuasiva e duratura nei messaggi che il compositore o l’interprete intende far pervenire al pubblico”.