Dietro grandi successi spesso ci sono menti creative destinate a vivere nell’ombra anche per una carriera intera. Cristiano Minellono con oltre 600 milioni di copie vendute nel mondo (stima Siae) è uno degli autori musicali italiani più prolifici, ha firmato successi per icone della canzone italiana come Adriano Celentano, Al Bano e Romina, Mina, Edoardo Bennato, Alice, Domenico Modugno, Iva Zanicchi e, soprattutto, Toto Cutugno. “L’italiano” è forse il brano di maggior successo, una sorta di inno che ha portato il Toto nazionale dal Festival di Sanremo alla ribalta di tutto il mondo. Toto Cutugno se n’è andato nell’agosto del 2023 e quest’anno Sanremo e il suo Festival, per iniziativa di Carosello Records, lo omaggeranno con il testo de “L’italiano” in versione luminarie su via Matteotti, la strada principale nel cuore di Sanremo, quella che ospita il Teatro Ariston.
A pochi giorni dall’accensione del testo luminoso, Cristiano Minellono si è raccontato ai microfoni di Radio Onda Ligure, intervistato da Maurilio Giordana, per una panoramica sulla sua carriera e un racconto in prima persona sulla difficile vita dell’autore, spesso relegato dietro cantanti sempre in prima fila e canzoni che rischiano di oscurare anche chi le ha generate.
L'intervista
“Ci sono due versioni per la nascita de “L’italiano” - ha raccontato Minellono - la prima vede Toto che, in concerto in Canada, vede tanti italiani e pensa che sia giusto fare una canzone per loro e poi io ne scrivo il testo, poi c’è l’altra versione, la mia. Tornando a casa dopo una festa durata tutta la notte, accendo la televisione e c’è un programma di Canale 5 che si chiama “Buongiorno Italia”. Metto da parte l’idea e il giorno dopo scrivo il testo de “L’italiano” sulla musica che aveva fatto Toto”.
Una canzone che, inizialmente, sarebbe stata destinata a un altro interprete.
“Adriano Celentano la rifiuta pensando che per lui fosse troppo logica, troppo banale - racconta Minellono - non voleva rappresentare l’Italia, fare un monumento a se stesso. Allora l’ho proposta a Toto. Nemmeno per un momento ho pensato di scartarla dopo il rifiuto di Adriano. La canzone aveva qualcosa di speciale, era un periodo in cui appena si nominava l’Italia si veniva subito etichettati come fascisti e io non lo sono mai stato nemmeno lontanamente. Durante il Festival mi trovai in prima pagina su L’Unità, diceva che era una canzone banale, ma io risposi che avevo scritto un testo con il cuore. Ho detto loro che lavoravo per la gente. A distanza di 40 anni non cambierei nemmeno una virgola di quel testo. “L’italiano” è una fotografia critica dell’Italia, alcuni giornalisti non l’hanno capita. E così mi sono giocato anche le partecipazioni al Premio Tenco, non mi reputano all’altezza, dovrei scrivere cose concettuali che a me non importano, la politica con la musica non deve avere niente a che fare”.
Poi Minellono analizza la figura dell’autore, del paroliere che spesso rimane nascosto dietro il cantante, la canzone e anche i riconoscimenti: “Sono arrabbiato per come viene considerato il paroliere in Italia. Sanremo è il Festival della Canzone Italiana e, fino agli anni ‘60, si annunciava la canzone vincitrice citando anche gli autori. Ora è diventato il Festival del cantante. Anni fa ho scritto una lettera al sindaco di Sanremo: ho vinto due volte, sono arrivato secondo quattro volte, ma non ho niente, nemmeno un piccolo certificato. Mi farebbe piacere avere una copia dei premi del Festival e sono disposto a pagarli io. Il sindaco non mi ha nemmeno risposto. Sanremo ha avuto una bellissima idea con le targhe in via Matteotti per celebrare le canzoni che hanno vinto, ma c’è scritto il titolo e il cantante, se è il Festival della Canzone Italiana devi mettere anche l’autore. Ora si celebra Toto ed è una cosa bellissima, viene pubblicato il mio testo celebrando Toto. Ma quel testo l’ho scritto io”.