La fermentazione, in questo caso alcolica (ve ne sono vari tipi) è una forma di metabolismo energetico che avviene in alcuni lieviti, in assenza di ossigeno. Essa è responsabile di diversi fenomeni che vediamo ogni giorno, quali la lievitazione del pane o la trasformazione del mosto in vino. Essa è operata da una particolare classe di microrganismi, i Saccharomyces, dei quali il più comune è senz’altro il S.cerevisiae, presente sulla buccia dell’uva come nel lievito di birra.
In particolare i Saccharomyces cerevisiae sono dei funghi, invisibili a occhio nudo, che si nutrono degli stessi zuccheri (glucosio e fruttosio) presenti nel mosto. E ne sono ghiottissimi! Infatti, in pochi giorni tutto lo zucchero presente sparisce, lasciando il posto a un interessante prodotto di scarto: l’alcol etilico o etanolo. Un altro prodotto di scarto secondario è l’anidride carbonica: per questo in tutta la cantina si avverte una sensazione di soffocamento, essendo un gas letale; è fondamentale quindi l’aerazione della cantina, per evitare svenimenti o addirittura morti.
La fermentazione dura circa dai 6 ai 10 giorni secondo vari fattori. Abbiamo detto che i lieviti sono già presenti sulla buccia dell’uva, ma di solito, per sicurezza, se ne aggiungono dello stesso tipo per aiutare la fermentazione. In questa fase la temperatura sale notevolmente a causa dello sprigionamento di energia, ed è spesso necessario controllarla con contenitori ad hoc, soprattutto per i vini bianchi, per non alterare le caratteristiche organolettiche del vino. Trascorso questo periodo, i lieviti, che si sono moltiplicati a dismisura, “muoiono di fame”, perché nel mosto non sono più presenti zuccheri.
La fermentazione è solo la prima fase di un più ampio processo, detto vinificazione, cioè la trasformazione biochimica dell’uva in vino e il suo affinamento;
Però, ogni giorno le nostre tavole si arricchiscono di alimenti che sono prodotti attraverso un processo fermentativo. Batteri e lieviti lavorano insieme per trasformare il latte, la carne, la farina , in formaggio, salame, pane oltre al vino. La fermentazione microbica è un processo magico, attraverso il quale i microrganismi, con il loro metabolismo, trasformano le materie prime, in prodotti finali che sono più buoni, più conservabili e più sicuri.
Il celebre giornalista americano Michael Pollan, definisce la fermentazione come essenzialmente una “cottura a freddo”: infatti, l’obiettivo di ogni cottura è di rendere il cibo più salubre dal punto di vista igienico, più digeribile e gustoso, questo vale anche per la fermentazione.
Tuttavia, diversamente dalle preparazioni tradizionali che applicano il calore per conduzione, come la cottura in padella, oppure per convezione come la cottura al forno, la fermentazione avviene per opera di alcuni microrganismi la cui attività trasforma il cibo rendendolo più sicuro, più conservabile e più buono.
La trasformazione del latte in yogurt è uno degli esempi più immediati per comprendere questo processo: in un tempo di circa 8-10 ore e a una temperatura di 42° C, i batteri, già presenti nel latte, oppure aggiunti, si sviluppano consumando il lattosio, lo zucchero del latte; questo processo rende lo yogurt molto più digeribile rispetto alla materia prima dal quale deriva, specialmente per gli adulti e anziani dove la digestione del lattosio col passare dell’età diventa più difficile.
Il consumo di questo zucchero, per opera dei batteri, genera acido lattico, che rende lo yogurt conservabile più a lungo (per oltre un mese) e con una particolare dolcezza.
Dal punto di vista nutrizionale, la fermentazione del latte aumenta la disponibilità di alcune vitamine e minerali, quali l’acido folico e il calcio.
Infatti, si attivano microrganismi vivi in buona quantità, che possono apportare vari benefici.Si tratta dei probiotici e da diversi decenni si indaga in che modo e in quali quantità possano essere positivi per la salute, interagendo con il sistema immunitario e favorendo l’equilibrio della flora intestinale. Ne sono un esempio alcuni tipi di latte fermentato e il kefir.
Quando si parla di cibi fermentati non si pensa mai al pane, che è prodotto con il lievito madre, alle conserve sottaceto, alla classica giardiniera, che spesso rimangono per mesi in dispensa. Eppure tutti questi alimenti sono cibi fermentati come la birra, i crauti, e a tanti altri prodotti tipici anche di altri Paesi europei e asiatici che vanno di moda e il cui impiego in cucina negli ultimi tempi è aumentato.
La particolarità dei cibi fermentati è la ricchezza di batteri vivi e vitali, microrganismi capaci di sopravvivere agli acidi dello stomaco e arrivare integri nell’intestino e contribuire all’equilibrio della comunità di microbi intestinali, la cosiddetta flora batterica intestinale o microbioma, che negli ultimi anni è sempre di più al centro di ricerche e studi scientifici.
Il loro consumo, però, è sconsigliato solo nei casi di intolleranza all’istamina, perché ne sono particolarmente ricchi.
Le classiche verdure fermentate rispetto a quelle fresche o surgelate ad esempio apportano oltre a probiotici, quindi batteri buoni, anche maggiori quantità di vitamine del complesso B, in particolare di vitamina B12, di cui spesso si è carenti, che è utile per la sintesi del Dna e di polifenoli, dall’azione altamente antiossidante. La fermentazione,migliora la biodisponibilità di una serie di nutrienti tra cui il ferro e il calcio perché riduce la presenza di sostanze che ne ostacolano l’assimilazione tra cui l’acido fitico.
Ma i benefici sono anche altri.Alcuni batteri di cui sono ricchi i cibi sottoposti a fermentazione, quelli a base di latte, come lo yogurt, il kefir, i formaggi fermentati tra cui il gorgonzola, il brie e la ricotta sono in grado di produrre acidi grassi a catena corta e altre molecole capaci di influenzare in modo positivo i processi metabolici.
Consumare kefir, verdure fermentate, miso, crauti aumenta la diversità dei ceppi batterici nel microbioma e diminuisce gli stati infiammatori, che sono i principali fattori di rischio di malattie, tra cui anche il sovrappeso e l’obesità. La conferma arriva da una recente ricerca dalla Stanford School of Medicine. I ricercatori americani hanno osservato che una dieta ricca di cibi fermentati ha un’efficacia maggiore sul microbioma e sui livelli di infiammazione rispetto a una dieta ricca di fibre (cereali, verdura, semi, frutta secca, legumi).
Negli ultimi anni diversi studi hanno messo in evidenza che uno squilibrio della flora batterica intestinale è in grado di influire sulla funzionalità di diversi organi compreso il cervello. I batteri intestinali attraverso l’asse intestino-cervello interagiscono ad esempio di continuo con il sistema nervoso e sono implicati nella produzione di una serie di ormoni tra cui quelli del buonumore come la serotonina.
Sono anche degli ottimi alleati per la salute cardiovascolare. Il loro consumo regolare nella dieta è risultato associato in diversi studi a un minor rischio di ipertensione arteriosa e ipercolesterolemia. Una flora intestinale equilibrata aiuta inoltre a ridurre i depositi adiposi. Questi ultimi sono alla base dello sviluppo della steatosi epatica, che influisce sulla salute delle arterie e del cuore.
Prof. Giorgio Bottani
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