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Attualità | 14 novembre 2023, 08:59

Pensioni, attese e speranze: "Sono nato nel 1962 e, pur vedendo il traguardo... non arriva mai"

"Grazie al nostro sacrificio i conti pubblici sono salvi: potremo continuare a mandare armi in Ucraina e Israele all’infinito"

Pensioni, attese e speranze: "Sono nato nel 1962 e, pur vedendo il traguardo... non arriva mai"

Un nostro lettore, lavoratore imperiese che da anni insegue il pensionamento e preferisce mantenere l'anonimato, ci ha scritto un suo ‘sfogo’. Si tratta di un iscritto a Rifondazione Comunista di Imperia, che ha deciso di divulgare l’intervento.

“Sono nato nel 1962. In quegli anni ero un ragazzo che non voleva proseguire gli studi e, una volta fatto il militare cercava un lavoro, incredibilmente per noi oggi spesso lo trovava: tre mesi di prova e poi veniva assunto. Firmava il contratto di lavoro e, contemporaneamente, firmava un patto con lo Stato: tu lavoravi scrupolosamente per 35 anni e poi te ne andavi in pensione calcolata col metodo retributivo, cioè uguale all’ultimo stipendio percepito, considerando che all’epoca gli stipendi erano adeguati al costo della vita; già perché allora esisteva la ‘scala mobile’, una roba che se ne parli ai ragazzi di oggi ti dicono che è una scala che si muove; invece era un meccanismo che adeguava automaticamente i salari all’aumento del costo della vita: lasciamo perdere. E’ stato uno dei primi diritti che i lavoratori hanno perso con l’accusa che favoriva l’ inflazione (…). Bene, cioè male”.

“Nel 1995 un personaggio di nome Dini, si inventa la ‘riforma Dini’ che consisteva nel portare da 35 a 40 gli anni di lavoro necessari per poter andare in pensione: lo stile di vita (si diceva) è migliorato, la gente si cura meglio, è più in salute e quindi può lavorare di più. Va beh, uno pensa forse è giusto: alcuni prima di me andavano con 20 anni di contributi, a volte anche prima, e qualcuno il conto lo deve pagare. Passano gli anni, lo stipendio non corrisponde più al costo della vita però quota 40 si avvicina… ma l’importante è la salute… bene cioè male. Arriviamo al 2011: una matura signora, Elsa Fornero, con la scusa che i soldi non ci sono, si inventa la ‘riforma Fornero’ che aumenta ancora di qualche anno i contributi che servono per andare in pensione e stabilisce che continueranno ad aumentare sempre in parallelo con la speranza di vita (una scala mobile per lo sfruttamento)”.

“Da una decina di anni, un altro personaggio della stessa area politica, Salvini, inveisce contro la Fornero, promettendo che in caso di sua vittoria elettorale ne abbatterà la riforma e promette la famosa quota 41 di contributi a prescindere dalla età anagrafica: difatti con quelle promesse per ben due volte vince le elezioni, ma di quella quota 41 non se ne sa ancora nulla. Poi inizia l'era delle quote pazze per mascherare il fatto di non voler mantenere la parola con gli elettori: si comincia con quota 100 poi 102, poi 103 e vi risparmio i meccanismi per non essere cattivo con chi legge. Dico solo che in tutte queste quote i lavoratori si trovano nello stato di quei bambini che cercano di prendere la ‘coda del coniglio’ sulla giostra e… niente, devono aspettare un altro giro, e poi ancora un altro”.

“Veniamo al 2022: il governo Meloni-Salvini si inventa la 103 per i nati entro il 1961 (62 anni di età) con 41 anni di contributi con calcolo misto retributivo e contributivo; noi nati nel 1962 dobbiamo cominciare a sperare che la 103 venga riconfermata anche nel 2024: visto che ancora non sono riusciti a mantenere la promessa della quota 41 a prescindere dalla età anagrafica, non vorranno mica peggiorare ulteriormente la 103: figuriamoci! Stavolta tocca a noi a prendere la coda del coniglio! Infatti per tutto quest’anno 2023 Salvini e compagnia cantante giù a dire che la 103 sarà prorogata. Invece un mese fa salta fuori quota 104: si va in pensione con 41 anni di contributi e 63 anni di età e… noi del 1962 di nuovo fuori. Una settimana dopo però Salvini, da buon uomo qual è, ecco che pensa agli sfigati del 1962 e ritorna magicamente a quota 103. Evviva ci siamo, stavolta la coda la prendiamo davvero anche noi! Ma siccome i soldi non ci sono si inventano la ‘103 con penalità’, perché noi del 62 non ne abbiamo già prese abbastanza di penalità. Difatti non una ma ben due penalità: la pensione viene calcolata tutta col metodo contributivo e non bastano più 3 mesi di attesa per prendere il primo assegno ma ce ne vogliono 7 (dico 7) per i privati e 9 (dico 9) per i pubblici: in sintesi da 140 a 450 euro in meno ed a cominciare da 7 o 9 mesi dopo la cessazione del rapporto di lavoro”.

“Ma il dramma è – termina il nostro lettore - che mentre Salvini e dintorni sbraitano che hanno migliorato la Fornero, la gente ci crede anche. Ma grazie al nostro sacrificio i conti pubblici sono salvi: potremo continuare a mandare armi in Ucraina e Israele all’infinito, progettare e pagare il ponte sullo stretto senza farlo, comprare F35 e strapagare agli Stati Uniti il loro gas rigassificandolo vicino alle nostre spiagge”.

Carlo Alessi

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