Attualità - 21 settembre 2023, 14:29

“E la chiamano Estate”, Imperia alla perenne ricerca della sua identità: commerciale o turistica?

Per convenzione oggi è il primo giorno d’autunno, ecco cosa resta della stagione appena trascorsa. Ultima puntata della nostra rubrica

E con oggi l’estate è finita, le spiagge si sono svuotate e l’aria è più fresca. 

Che estate è stata per Imperia? Cosa è cambiato rispetto gli anni precedenti?  Non è cambiato nulla e mai cambierà finché i residenti continueranno a lamentarsi dei giovani che si riuniscono per ridere, scherzare, parlare e divertirsi come abbiamo fatto tutti noi.

Nulla di nuovo, la raccolta firme per far chiudere quelle due discoteche in croce è un’abitudine tutta imperiese. Sì, perché gli abitanti si lamentano che i turisti danno fastidio, invece di promuovere iniziative che riempirebbero il capoluogo di persone che potrebbero spendere: andare al ristorante e a mangiare la pizza, a fare shopping e in spiagge moderne, attrezzate, accattivanti e alla moda. 

Bisogna, però, fare i conti con lo spinoso problema dei taxi. Assurdo che il numero affisso in piazza Dante, in quello che dovrebbe essere il punto di riferimento per chi cerca una corsa, non sia collegato a un centralino con la conseguenza che il numero di Radio Taxi è sempre intasato e le attese sono infinite. Tutto questo non per colpa dei tassisti, come gli stessi ci hanno raccontato tempo fa. Senza parlare del vecchio, e mai risolto, problema degli autobus, che mettono in crisi i lavoratori che hanno orari da rispettare, immaginiamo i turisti. 

Questi gli eventi che sono rimasti: San Giovanni e la processione, la fiera e il “desbaratu”, i fuochi il  Raduno delle Vele d’epoca, per i quali scendono, dall’entroterra con il vestito buono, quello della domenica.

Negozi chiusi alla sera e alla domenica, quando, anche solo nella vicina Diano Marina, nei festivi gli esercenti rimangono aperti e le serrande le tirano giù a mezzanotte.  Ad Imperia no. Nonostante gli sforzi degli organizzatori e alcune novità positive di quest’anno, nemmeno riescono (da anni) a mettersi d’accordo per restare tutti aperti alla Notte Bianca. La sera di Ferragosto numerosi i ristoranti e le pizzerie chiuse, per non parlare dei bar, molti dei quali sono stati chiusi persino il giorno dopo.

Neppure il famoso Teatro Cavour è aperto ed è diventato più celebre per la lentezza dei lavori di ristrutturazione che per la sua funzionalità.  Ci sarà qualche turista che ama andare a teatro ma, a malincuore, bisogna spiegar loro, che è chiuso e solo Dio sa quando riaprirà.

Certo la Liguria è conosciuta, ovunque, per il suo mare che nulla ha da invidiare ai Caraibi, per la limpidezza delle sue acque e per la pescosità anche se, come hanno raccontato gli stessi pescatori, la maggioranza dei titolari dei ristoranti preferisce comprare pesce importato o, ancor peggio, surgelato che non quelli che loro pescano tutti i giorni.

I paesaggi tolgono il fiato solo a guardarli ma fanno parte del territorio, non è opera dell’uomo. Quando si parla di Liguria, il primo pensiero che sorge spontaneo è il riferimento a Portofino, Santa Margherita, le Cinque terre, Camogli e Sarzana. Posti che sanno sorridere, gioire, divertirsi e far divertire. Dove gli abitanti sono accoglienti e gentili. Ma sembra di parlare di mondi agli antipodi, della preistoria e del secondo millennio.

Questa è una città che non ha ancora trovato la sua collocazione giusta, sempre in bilico tra il voler essere una località turistica e una città commerciale. Né l’una né l’altra, solo un triste ed infinito oblio che fa da filo conduttore a chi ha sempre deciso le sorti della città. E poco importa se è passata l’estate, se arriverà Natale e il 2024. Niente cambierà.

Beatrice Baratto