Sono passati 30 anni da quando l’imperiese Paolo Aloia, ha messo i suoi sogni in una valigia e si è avventurato per il mondo. Un ragazzo pieno di buona volontà, umiltà, caparbietà e quella voglia incontenibile di arrivare in alto, sapendo bene che ciò comportava diverse rinunce: Natale da solo, così come Pasqua e i compleanni, vita notturna praticamente inesistente; pochi amici e zero tempo libero.
Ma a Paolo non importava: “Avevo degli obiettivi ben precisi e avrei fatto qualsiasi cosa per conseguirli. Sarei bugiardo se dicessi che è stato tutto facile, senza intoppi ne’ rabbia, malinconia e tristezza. Ma erano solo attimi. Ho lavorato in quarantuno Paesi al mondo: dalla Malesia al Marocco, dal Brasile al Messico. Passando per il Giappone e l’Africa. E tanti altri ancora”.
Come sono stati i suoi inizi?
“ Lei non ci crederà, ho iniziato come semplice barista da Marabotto a Diano Marina, poi mi sono trasferito a Birmingham, in Inghilterra. Mi hanno sfruttato come se non ci fosse un domani, dormivamo in otto in tre stanze, eravamo sottopagati e il titolare ci rubava le mance.
In cosa consisteva esattamente il suo lavoro quando, per lei, la situazione è migliorata?
“Sono sempre stato direttore di grandi hotel, resort e Palace. Praticamente dalle cinque stelle in su”.
Qual erano le sue mansioni?
“Tutte. Controllare i dettagli, avere il colpo d’occhio, captare e percepire. Ascoltare e risolvere tutti i problemi, tutte le esigenze e, spesso, anche i capricci degli ospiti “.
Chi erano i suoi clienti?
“Principi e principesse, attori, cantanti, modelle, giocatori di calcio e magnati. Ho veramente visto di tutto”.
Mi racconti un suo ricordo speciale
”Quando nel 2001 ero a Bali, in Indonesia, con un amico, abbiamo deciso di uscire una sera con due ragazze, le quali erano in attesa di loro amici musicisti che tornavano da una tournée in Australia. Esco dal locale per prendere una boccata d’aria con il mio amico, vedo un gruppo di curiosi fermi a guardare e gli dico: Ma chi si crede di essere ‘sto qui? Bono degli U2? Per farla breve erano i musicisti che le nostre amiche aspettavano. Abbiamo passato tutto il fine settimana con Bono, e il suo chitarrista. Siamo stati in elicottero, su di un fuoristrada 4x4, a fare surf come fossimo stati vecchi amici”.
Io sono senza parole; incuriosita, divertita e affascinata dai racconti di Paolo e vorrei non smettesse mai. Mi sembra una favola così mi racconta un altro aneddoto capitatogli a Trancoso, nello Stato di Bahia in Brasile.
Lui era direttore in un hotel di lusso e il calciatore Neymar, allora in forza al Barcellona e, il secondo più pagato al mondo dopo Ronaldo, aveva affittato una villa
“Ne avevamo solo alcune - spiega Paolo - che erano dépendance di lusso dell’hotel e tenevamo riservate ai clienti vip. Costo 30.000 reais al giorno. Il brasiliano l’ha presa senza batter ciglio e, con lui, un codazzo al seguito, composto da: parenti, amici, amiche, personal trainer, chef e la sicurezza, in perfetto stile brasileiro. Lui mi cercava per qualunque motivo, si fidava solo di me e io, tutti i giorni ero in villa da lui”.
Osservo Paolo, immerso nei suoi ricordi e nel suo passato, Capisco che gli vien da ridere, così si lascia andare ad una risata contagiosa, raccontandomi che a Neymar piaceva andare in discoteca ma il grosso problema erano i paparazzi che lo seguivano ovunque.
“Ho fatto arrivare un’ambulanza e l’ho caricato dentro affinché nessuno lo potesse seguire. Ci facevamo un sacco di risate”.
Paolo è un fiume in piena, racconta di un mondo e, di una vita, che sono difficili anche solo da immaginare.
“Ho visto servire, ad un cane in un ristorante, un piatto di spaghetti da 80 euro. E ho visto aprire bottiglie di Dom Perignon, berne un flûte e poi chiedere un’altra bottiglia. Ogni bicchiere una bottiglia, di ogni bottiglia solo un bicchiere”.
C’è un ricordo al quale è particolarmente legato?
“Stavo lavorando, ho visto un uomo tentennare di fronte a tre gradini da fare. Mi sono avvicinato per dargli il braccio, così da poterlo aiutare. Lui si è voltato, mi ha guardato ed io ho riconosciuto subito quegli occhi azzurri come il mare e quel sorriso impossibile da scordare. Era Jean Paul Belmondo. Instintivamente mi sono ritratto, provavo vergogna e pudore perché nei miei pensieri e ricordi lui era la stessa persona spudorata e spericolata che avevo visto al cinema. Lui ha capito, mi ha fatto cenno di avvicinarmi e mi ha porto il braccio per farsi aiutare. Un uomo galante, gentile ed educato. È stata un’emozione indescrivibile che, ancora oggi, serbo tra i miei ricordi più belli”.
Tra le sue esperienze più significative c’è un luogo carico di fascino e magia. Vero?
“Il Marocco, Marrakech. Abbiamo inaugurato l’Hotel La Momunia, il 29 settembre 2009. Alle ore 9.09, con lo spettacolo de Le Cirque do Soleil e, a concludere, il concerto del tenore spagnolo José Carreras. Un evento riservato ad una ventina di famiglie reali, provenienti da ogni parte del mondo. E molti tra gli uomini e le donne più influenti al mondo. Ilary Clinton che, all’epoca era segretario di stato e stava rientrando da un viaggio istituzionale in Katar. Madame Betancure, figlia del patron de l’Oreal, una delle più grandi aziende al mondo nel settore della bellezza. Insignita Cavaliere dell’Ordine della Legion d’Onore nel 2001. Sembrava di essere alla notte degli Oscar, Orlando Blum, Jeniffer Aniston, Sara Jessica Parker con tutta la produzione, in quanto stavano girando alcune puntate della famosa serie Sex and the City, Giuliette Binoche, Gwyneth Paltrow e alcune tra le modelle più popolari al mondo”.
Una vita, la sua, che non lasciava il tempo per annoiarsi, adrenalina pura. Non ha mai avuto un cedimento?
”Cedimento vero e proprio no. Ma ho passato periodi in cui ero troppo stanco e non avevo il tempo per riposare, per ricaricare le energie. E nei miei pensieri c’era la mia famiglia, Imperia, il sole, il mare e i miei amici. Ma, non potevo permettermi di avere tentennamenti ne’ cedimenti. Dovevo andare avanti”.
Tornando all’hotel La Momunia, mi sembra di capire, dalle sue parole, che la lega a quel posto un sentimento particolare:
”È vero; ho vissuto situazioni inimmaginabili per chiunque: ho visto pagare conti da 80.000 dollari, in contanti, per una sola cena. Ed è impossibile non ricordare il Principe dell’Arabia Saudita Bandar, che ogni volta che soggiornava da noi aveva quasi un esercito al seguito ed io, tutte le volte dovevo incontrare i medici per prendere visione sulle sue eventuali intolleranze, poi c’era da scegliere il menù ed infine le plaine de table, per sapere dove si sarebbero seduti gli ospiti. Il capo della sicurezza voleva l’elenco di tutto il personale: quello di sala e di cucina. Voleva sapere chi era il primo a passare il piatto e l’ultimo che lo avrebbe preso per servirlo al principe. Ricordo il giorno in cui è arrivato in elicottero Arnold Schwarznegger, come è sceso si è acceso un sigaro. Era testimonial della squadra olimpica brasiliana. Un ospite eccellente: educato, gentile e rispettoso. Ma, ciò che, realmente, mi è rimasto nel cuore è il Brasile, un misto di cultura, tradizioni, fede e magia. Loro, pur non avendo niente, sono felici. Noi, pur avendo tutto, abbiamo sempre il sangue avvelenato e siamo sempre più depressi”.
Cosa l’ha spinta a tornare ad Imperia, una città che, poco o nulla, ha a che vedere con la sua vita a cinque stelle?
"Ero esausto della vita da nomade, non avere certezze né’ punti di riferimento".
A parte l’amore?
“Quella è tutta un’altra storia, ho conosciuto Jasmim, mia moglie, nel 2006, ci siamo sposati nel 2008 vicino a Casablanca e, ancora oggi, condividiamo le gioie e i dolori che la vita ci riserva".
Più rimorsi o rimpianti?
“Più rimorsi”.
Imperia sarà il suo posto sicuro per sempre?
“Mai dire mai, so solo che ho sempre sognato di aprire un locale sul porto a Oneglia.
Sono rientrato in Italia ad aprile e già il 16 giugno aprivo il mio locale, il Chillout Bar, un luogo nel quale ritrovarsi per un aperitivo o rincontrarsi per un drink a fine serata”.
Cosa si aspetta da questa nuova esperienza? Lei sa bene che, Imperia, è una città difficile, diffidente e controversa.
“Difficile dirlo, io ho fatto una vita da film e ho deciso di portare le mie esperienze, il mio vissuto e l’amore per la vita, nel posto in cui sono cresciuto e, benché io abbia girato il mondo, è l’unico luogo di cui, ogni volta, me ne innamoro sempre un po’ di più”.