Per molti imperiesi il nome “Nannollo Piana” forse rappresenta oggi solo lo slargo alle spalle di piazza Dante in cui fermano i capolinea degli autobus, ma chi era l’uomo a cui questo spazio è oggi intitolato?
Si tratta di una figura la cui dimensione politica e umana sembra, negli anni, quasi completamente sfuggire nelle analisi storiche delle vicende imperiesi. A Giovanni Piana, 1889-1974, imperiese doc e campione del riformismo socialista, andrebbe quantomeno dedicata una monografia per illustrare il ruolo fondamentale che rivestì nella sinistra, imperiese e non solo, dai primi anni del secolo breve almeno fino al dopoguerra, quando fu ancora protagonista della prima amministrazione cittadina dopo il 25 aprile, quella retta da Goffredo Alterisio.
Non avendo lo spazio e la pretesa di tratteggiare qui la biografia che “Nannollo” meriterebbe, ci si limita a cennare all’evento che, ormai cent’anni fa, lo vide quale protagonista assoluto: la clamorosa vittoria socialista alle comunali di Oneglia nel 1920.
Il periodo è di quelli cruciali nella storia d’Italia e la piccola Oneglia fu a suo modo protagonista di una vicenda complessa che travalicò i confini cittadini. Del resto gli attori “locali” in campo, a partire dal giovane massimalista Benito Mussolini per arrivare a Giacinto Menotti Serrati, leader nazionale del PSI, all’epoca il più grande partito italiano, erano di primissimo piano.
Alle elezioni tenutesi il 24 ottobre 1920 la lista socialista ottiene una vittoria schiacciante portando in consiglio ben 24 membri sui 30 complessivi (restanti sei andarono ai liberali e ai popolari).
In un contesto in cui, nell’Oneglia delle fabbriche (la “piccola Manchester”), i socialisti trovarono le casse comunali “nelle più disagiate condizioni, peggio ancora, all’asciutto” Nannollo Piana fu eletto sindaco.
Fu un periodo breve ma tra i più intensi, e a tratti drammatico, della storia cittadina. L’amministrazione retta dal Piana, considerata l’epoca, effettuò massicci interventi sociali. Se da un lato vennero eliminate le tasse sui materiali da costruzione per favorire i più disagiati, dall’altro vennero incrementate le tasse sui beni allora considerati di lusso: le carni, il dolciume, i saponi di pregio e le profumerie.
Venne introdotta ex novo la “tassa di posteggio” (un misto tra parcheggi privilegiati a pagamento e la tassa occupazione suolo pubblico) al fine di ottenere entrate pubbliche da chi esercitava vari commerci occupando spazi pubblici senza prima pagare alcunché. Allo scopo di favorire l’economia cittadina e i meno abbienti l’amministrazione retta dal Piana intervenne pesantemente sul servizio svolto ai tempi dall’Annona, organo comunale che, a prezzi calmierati, doveva distribuire i beni di primo consumo (olio, zucchero, latte, farina tra gli altri) ai cittadini.
La stretta data dai socialisti ai prezzi delle forniture alimentari per l’Annona indispettì i commercianti locali tanto che si dovette arrivare talora a requisizioni forzose viste le prese di posizione dei fornitori che dettero, per dirla con la voce dell’amministrazione “esempio che per noi socialisti è nuova testimonianza del gretto egoismo che alberga in gran parte della borghesia dominante”.
Ancora, l’amministrazione socialista avrebbe aderito ai vari scioperi tra cui quello per la prevista chiusura delle “Ferriere” dell’epoca (che erano nella zona dell’attuale via Foce) che avrebbe comportato il licenziamento di quasi mille operai e la fame per le loro famiglie.
L’azione amministrativa di Piana era fortemente contrastata dalle borghesie locali, dalle nascenti formazioni fasciste (un altro famigerato imperiese, Asclepia Gandolfo sarebbe diventato comandante nazionale delle camice nere) e dalle conniventi istituzioni sabaude che intervenivano ad annullare le decisioni del Comune o a imporle in modo coatto. Come nel caso del ritratto del re nella sala consigliare. I socialisti, al posto dell’effige regale, avevano messo lo stemma comunale e così intervenne il vicequestore a cui il Piana così sottilmente rispose: “Il sindaco, dichiara di cedere all’intimazione solo ed in quanto egli non può alla stessa porre un rifiuto o una resistenza”.
Le condizioni “ambientali”, drammatiche e antidemocratiche, non consentirono al Piana di proseguire la sua avventura. Egli si dimise alla fine del 1921 e con lui l’intera Giunta municipale. Quello che accadrà dopo fa parte di un’altra terribile storia.
La figura di Giovanni Piana, come anticipato in premessa, meriterebbe più alta e approfondita analisi. Egli fu attivo protagonista di una politica fatta di ideale puro, coraggio e intelligenza, di cui il capitolo che lo vide sindaco di “Oneglia Rossa” fu il più alto esempio. Si rammenti comunque già in oggi anche il contributo dato al giornale locale dei socialisti, la celeberrima “Lima”, dove scriveva elegantemente anche con lo pseudonimo di “Virgoletta”. E, ancora, per la sua opera sulle origini del socialismo imperiese quel quasi introvabile “1892-1898 Prime battaglie socialiste nell’ambiente della vecchia Oneglia” pubblicato nel 1952 con i tipi della tipografia Nante per festeggiare il sessantesimo anniversario di quel partito a cui Nanollo dedicò la vita: il PSI.
Perché per dirla con le parole di un altro illustre politico imperiese, quell’Alessandro Natta ultimo Segretario del PCI, che per Nanollo ebbe sempre parole di elevata stima, "in Giovanni Piana prevalse, e per sempre, l'anima del riformismo”.