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Attualità | 06 agosto 2023, 07:11

Delitto per diletto, "Una pistola tra la Riviera e Torino" (continua)

Il racconto a puntate del giallista Rodolfo Rotondo

Delitto per diletto, "Una pistola tra la Riviera e Torino" (continua)

Il noto giallista Rodolfo Rotondo ci regala un racconto estivo da leggere sotto l'ombrellone, ambientato tra la Riviera e Torino. Continuate a seguirci per sapere come andrà a finire...

È mattina presto e sistemando i vasi intorno al dehors di un noto caffè nel centro, il titolare nota un oggetto metallico scuro tra le piante. Avvicinandosi meglio quello che vede non lascia spazio all'immaginazione: è una pistola.

Sulle prime pensa si tratti di un giocattolo, ma guardandola con attenzione nei dettagli, capisce che si tratta di una vera arma.

L'uomo, molto allarmato, chiama immediatamente i carabinieri, che nell'arco di pochi minuti accorrono sul posto. La volante parcheggia proprio di fronte al locale , e dal lato passeggero dell'auto scende il capitano Pietro Forti.

"Buongiorno!" Dice il capitano all'uomo che contraccambia e prontamente gli mostra il punto in cui è nascosta l'arma. Forti, utilizzando un sacchetto asettico, con molta attenzione la prende. La pistola non solo è reale, ma è anche di grosso calibro, con  i numeri di matrice abrasi. Tra l'altro , annusandola  il capitano ha l'assoluta certezza che abbia sparato da pochissimo tempo. 

Presa in consegna la pistola, i due carabinieri in servizio al comando di Albenga, salgono in auto e si dirigono velocemente presso la caserma di Andora. L' intenzione del capitano Forti è quella di segnalare immediatamente a tutti i dipartimenti il ritrovamento dell'arma da fuoco, e contemporaneamente, con l'aiuto del suo collaboratore: il giovane appuntato Giusto; verificare se recentemente siano stati commessi reati utilizzando un'arma di quel calibro. L' appuntato ha appena parcheggiato l'auto, e mentre anche il capitano Forti scende, entrambi notano la splendida facciata dello storico palazzo Tagliaferro; ma ora non è proprio il momento di perdere tempo con le bellezze architettoniche. Nemmeno l'atto di inserire le caratteristiche della pistola nel sistema informatico, che immediatamente compare sullo schermo la segnalazione di un omicidio avvenuto proprio la sera prima a Torino. La vittima sarebbe un noto avvocato penalista, freddato alle spalle, mentre portava a spasso il cane, in una zona poco frequentata della passeggiata sull'argine sinistro del fiume Po.

Le primissime informazioni raccolte dal capitano Forti sulla vittima sono molto chiare. Si tratta di Ettore De Vita, noto avvocato, professionista irreprensibile, marito e padre di famiglia esemplare; insomma, una persona con una vita piatta di una noia mortale e neanche una piccola ombra a offuscarne la rispettabilità.

Inoltre, il povero avvocato De Vita, insieme ad altri due soci, era uno dei cofondatori di un prestigioso, quanto storico, studio legale associato, situato in un attico del grattacielo Reale Mutua a Torino; l'imponente edificio vicino a piazza Castello, nel centro della città, sempre presente nelle immagini panoramiche del capoluogo piemontese.Ora le operazioni di indagine da parte dei carabinieri di Albenga proseguono con una serie di esami balistici e biologici, del reparto scientifico, sulla pistola ritrovata ad Andora; e la stretta collaborazione a distanza con la Questura di Torino. Infatti proprio in una telefonata con il Questore, il capitano Forti scopre che la vittima da alcuni mesi stava lavorando alla difesa legale di un pericolosissimo pregiudicato; il capo cosca di una importante famiglia di 'ndrangheta, tale Antonino Fuoco, stabilitosi a Torino nei primi anni novanta.

Proprio pochi giorni prima dell'omicidio, l'avvocato De Vita aveva perso una causa fondamentale per il suo cliente, facendolo condannare definitivamente all'ergastolo in regime di carcere speciale.

Questo fatto chiaramente è determinante per lo sviluppo delle indagini, sicuramente una organizzazione mafiosa di questo livello non può accettare un fallimento del genere. Infatti il capitano Forti, conclusa la telefonata con il questore di Torino, riaggangiando il telefono pensa: "Quella è gente che non scherza, probabilmente l'avvocato De Vita aveva prospettato una soluzione del processo più favorevole per l'imputato, e quindi lo hanno punito a modo loro... definitivamente!"

Tra l'altro, certamente, l'avvocato era anche da tempo duramente minacciato dai mafiosi. Visto che la difesa del 'ndranghetista aveva messo in cattiva luce la rispettabilità dell'intero studio legale, e iniziasse seriamente a minarne la solidità economica.

Continua....

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Rodolfo Rotondo

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