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Sanità | 06 luglio 2023, 07:21

Sanità. Con la divisione in due punti nascita i numeri non garantirebbero sicurezza, lo dicono i medici

Ogni anno in provincia di Imperia nascono circa mille bambini che, divisi tra capoluogo e Sanremo, porterebbero i due reparti di ginecologia sulla soglia di rischio indicata dai medici in audizione alla Camera

(Foto di Claire51700 da Pixabay)

(Foto di Claire51700 da Pixabay)

Per garantire la massima sicurezza alle mamme e ai bambini i punti nascita devono contare almeno mille parti all’anno e mai meno di 500”. Chiaro e lineare il concetto espresso dalle associazioni dei medici ginecologi (Sigo), neonatologi (Sin) e degli anestesisti-rianimatori (Siaarti) durante l’audizione alla Camera in merito alle “Iniziative per aggiornare gli standard per la distribuzione dei punti nascita”. L’appuntamento del marzo scorso nell’aula della XII Commissione Affari Sociali ha messo nero su bianco i requisiti minimi che un punto nascita deve a avere per fare in modo che si possa partorire in piena sicurezza. Numeri che, per forza di cose, non possono essere ignorati guardare alla riorganizzazione delle ginecologie di Imperia e Sanremo annunciata nei giorni scorsi dall’assessore regionale alla Sanità Angelo Gratarola durante l’assemblea dei sindaci.

A oggi in provincia di Imperia si contano circa mille parti all’anno che, se suddivisi nei due eventuali punti nascita nel capoluogo e a Sanremo, porterebbero a circa 500 parti ciascuno, sulla soglia del pericolo secondo quanto stabilito dai medici e riconosciuta anche dallo stesso Giovanni Toti in occasione di un incontro sulla sanità in provincia di Savona. “Un punto nascite deve avere un minimo di 1000 o 500 nati stabili, non può scendere sotto questa soglia - aveva dichiarato Toti - la letteratura scientifica dice che è più pericoloso sotto quel livello e se realizzato in un DEA di secondo livello”.

Il progetto di Regione Liguria vedrebbe anche una suddivisione in base alla tipologia di parto tenendo a Imperia quelli considerati a rischio e a Sanremo quelli naturali. Una circostanza che, però, non può trovare riscontro nella pratica. È impossibile, infatti, stabilire a priori se un parto sarà a rischio o meno. Alcuni iniziano senza intoppi e poi finiscono in sala operatoria per salvare sia la mamma che il bambino. Motivo per il quale un punto nascita deve per forza essere dotato di tutti i sistemi necessari per portare a termine anche un parto iniziato come naturale e finito a rischio per eventuali complicazioni. L’evento parto è imprevedibile.

Stando ai dati di chi lavora nel mondo dell’ostetricia locale, su circa 100 parti sono 20-30 i cesarei (anche se se, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità non dovrebbero essere più del 15%). Dei restanti 70 la metà arrivano a compimento senza nessun intoppo, mentre l’altra metà può avere qualche complicazione. In alcuni casi è necessario anche il trasferimento in sala operatoria. Motivo per il quale un punto nascita deve per forza essere pronto anche a gestire un parto diventato a rischio.

C’è poi la questione del personale. Al momento la ‘squadra’ dei dipendenti Asl1 in ostetricia a Imperia è composta di 8 elementi: 6 ostetriche più il primario e una ginecologa. Ma, dal venerdì al martedì, il reparto è tenuto in piedi dai medici a gettone delle cooperative che li mandano in base alla necessità.
Inoltre pare che la maggior parte dei dipendenti del reparto sia di Sanremo e, quindi, ben favorevole a un ritorno nella Città dei Fiori.

Infine il tema del pronto soccorso pediatrico. Anche se l’argomento non è al centro del dibattito, insieme al punto nascita Sanremo ha perso anche il punto di primo soccorso per i più piccoli. Di fatto, ora, se un bambino sta male il punto di riferimento è a Imperia. Un lungo tragitto che rischia di diventare non poco pericoloso in caso di emergenza. Motivo per il quale il ritorno del punto nascite a Sanremo comporterebbe anche il ritorno del pronto soccorso pediatrico in un centro nevralgico del territorio provinciale, utile da Latte a Cervo.

Pietro Zampedroni

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