Nei dieci anni che precedono la guerra francoprussiana (che segna la caduta di Napoleone III), i piccoli alunni delle scuole elementari di Nizza e dintorni, a seguito della cessione della omonima Contea e dintorni alla Francia, vengono continuamente sottoposti ad una pulizia linguistica piuttosto disdicevole e senza alcun rispetto e ritegno.
Di lingua italiana per origine, storia e tradizioni, ai nuovi francesi ("forzatamente francesi"), viene messo in bocca sapone di Marsiglia per correggerne idioma, accento italiano e influenza ligure-piemomtese nella cadenza, oltreché nei costumi.
Il tutto accompagnato da minacce, mentre è in corso quello che sarà definito l'esodo nizzardo in direzione della Liguria e dell'Italia. Ventimiglia, Bordighera, Sanremo, Oneglia (dove per le memorie sabaude convergono molti compagni d'arme di Garibaldi), Porto Maurizio, Alassio e Savona, ma anche Genova, sono i centri liguri maggiormente interessati da questo movimento di genti che rifiutano di restare sotto la sovranità francese.
Un processo che tocca anche la Savoia, terra di origine della Casa Regnante, che, pur essendo in genere francofona, non accetta volentieri di essere ceduta alla Francia, di cui non condivide lo spirito centralistico.
Non è qui il caso di ricordare la forte opposizione di Giuseppe Garibaldi, nizzardo di nascita, ad un'operazione politica che a lui e a molti altri, anche nel parlamento sabaudo, sembra un vile mercanteggio. Ciò nondimeno l'Eroe dei Due Mondi non manca di mettersi con i suoi garibaldini a servizio della Francia e di Nizza per combattere i prussiani, ottenendo a Digione, nel gennaio 1871, l'unica vittoria dei francesi contro le armate tedesche, che giungono presto a Parigi.
Alla notizia delle dimissioni di Napoleone, al grido di viva Garibaldi e di viva l'Italia, il popolo nizzardo scende in piazza per reclamare l'unione al Regno d'Italia della città e del suo circondario. Torino, tuttavia, per non compromettere i rapporti con la Francia, allora sconfitta, non muove un dito in ossequio ad un realismo politico che è persino criticato da molte potenze europee, in primo luogo dal Regno Unito (che non vede di buon occhio l' allargamento ad est dei confini francesi, dopo l'esperienza di Napoleone Bonaparte) e anche oltre Atlantico.
La sottoprefettura di Sanremo, come abbiamo detto in altra occasione, segue con molta attenzione l'evolversi degli eventi, soprattutto per non turbare i rapporti con Parigi, e, anche dopo la proclamazione della Repubblica, impartisce direttive ad agenti ed informatori di non incoraggiare il sentimenti filo italiani del popolo nizzardo. Il sottoprefetto di Sanremo, nel confermare la neutralità italiana nel conflitto, tende, infatti, ad addormentare le spinte patriottiche, riferendone alle superiori autorità.
Circostanza che, dopo la sconfitta francese a Sedan, mira a non irritare l'opinione pubblica cattolica di quel Paese, già ferito dal disastro militare, e ostile all'Italia per la questione romana, risolta con la forza il 20 settembre 1870. A Sanremo e Ventimiglia sono creati centri di collegamento con le spie sabaude oltre frontiera per capire le intenzioni della gente e pure per seguire il permanere della cultura italoligure che sopravvive alla cessione alla Francia di un territorio naturalmente italiano.
La realpolitik è in ogni caso alla base dell'atteggiamento di Vittorio Emanuele II in una sorta di precario equilibrio che trova a Sanremo solerti funzionari decisi ad eseguire le direttive governative del momento. Documenti riservati presso la detta Sottoprefettura contengono una serie di importanti indicazioni su impressioni e linee guida relativamente al pensiero delle autorità del Regno sul da farsi in occasione degli eventi nizzardi e sulle informazioni in arrivo dagli osservatori stranieri in zona. I due prefetti che si succedono alle redini della Prefettura di Porto Maurizio in quel periodo, Efisio e Cammarata svolgono un ruolo di prima grandezza sul piano informativo.
Ad Oneglia, intanto, uomini dei servizi americani, inglesi, austriaci e anche prussiani istituiscono centri di osservazione della situazione in atto per intuire il destino la Francia con il cambio di regime.