Domani alle 16.30 Francesca Rositano Bosso presenta il libro scritto a due mani con il marito Adolfo Bosso 'Noi non tornammo. Guerra amore e lager. Dal fronte jugoslavo alla Germania 1941-1945’ (Trale righe Libri). Lettere scelte interpretate dall’architetto Elio Marchese, attore ed eclettico artista. Ingresso Libero.
Ersilio Bosso era un monarchico e fascista e nel 1941 si arruolò volontario nel 33° Battaglione Camicie Nere da Montagna di Imperia come Capomanipolo al comando del Plotone Esploratori e venne inviato sul fronte jugoslavo. Il 18 agosto 1942 con il Battaglione fu impiegato a Bribir, nel nord-ovest della Croazia, mentre il 29 aprile 1942 era in Montenegro. La zona di impiego era quella di Priboj. L'8 settembre del 1943 non aderì al bando tedesco e fascista e fu rinchiuso in un campo di concentramento a Urosevac (Kosovo). Il 4 novembre raggiunse lo Stammlager XVII A a Kaisersteinbruck in Austria e dopo il rinnovato rifiuto di aderire alla Repubblica Sociale il 21 dicembre venne trasferito nello Stammlager 366 a Sieldce in Polonia. Il 20 marzo 1944 infine fu rinchiuso nello Stammlager X B a Sandbostel in Germania. Liberato dagli inglesi, dopo essere stato trasferito a Brema, raggiunse fortunosamente l’Italia, ma decisero di giustiziarlo per il suo passato. Riuscì a fuggire e grazie ad comandante partigiano amico del padre la cosa si risolse. Nonostante fosse stato un Internato Militare Italiano che aveva rischiato la vita per la sua Patria, subì comunque la cancellazione dalle liste elettorali, in quanto considerato ingiustamente Ufficiale della Guardia Nazionale Repubblicana e venne rifiutata la sua iscrizione all'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci per motivi analoghi. Con il tempo tutto venne chiarito, ma di certo rimase tanta amarezza…
L'autore: “Questo piccolo libro vuole essere la storia della vicenda militare di mio padre durante l’ultima guerra. Non vuole togliere nulla ai tanti eroi e alle tante vittime di quell’evento drammatico, ma solo rappresentare una vicenda personale sotto molti aspetti singolare e avventurosa. Vicenda personale che si lega a quella di un battaglione di volontari, composto quasi interamente da gente semplice, contadini, piccoli artigiani, tutti provenienti dall’estremo ponente ligure, molti dall’entroterra. Con un sorprendente finale nei lager. Mio padre è stato un grande padre e, conoscendo la sua onestà e la sua profonda bontà, non posso che immaginarlo tale anche nella situazione bellica. Quindi questo piccolo libro glielo dovevo proprio. Tutto quanto è scritto riporta fedelmente i suoi racconti che fin da bambino volevo ascoltare più volte e che poi ho annotato con precisione, senza nulla togliere e nulla aggiungere. Ho esaminato attentamente le sue carte, la documentazione, le foto. Per questo motivo, nel testo uso il presente e non il passato: è come se fosse lui a raccontare. A tratti, inserisco i suoi racconti in prima persona, frutto di pazienti registrazioni. In questo lavoro, devo molto alla collaborazione di mia moglie Francesca che è stata talmente importante che ne è risultato un libro scritto a quattro mani. Un’altra considerazione è che sulla guerra in Jugoslavia si è scritto relativamente poco rispetto alla mole di volumi sugli altri teatri di guerra. Certamente si tratta di un fronte di secondaria importanza strategica, ma non per questo meno interessante, sia per la sua caratteristica guerriglia, sia per il valore dei combattenti di entrambe le parti. Adesso, caro papà, leggi anche tu questo piccolo libro. Da lassù spero che ti piaccia”.