Attualità - 03 maggio 2023, 07:15

L’Associazione Italiana Donne Medico commemora la dottoressa Barbara Capovani barbaramente uccisa a Pisa

"Ci auguriamo che le istituzioni prendano nel più breve tempo provvedimenti definitivi atti a tutelare l’integrità fisica di tutti gli operatori sanitari in ogni ambito, in modo da consentire loro di lavorare con serenità e senza paura nell’interesse di tutta la comunità come desiderano"

“È così facile ucciderci… Ancora una volta un atto di violenza assurda ed ingiustificata spegne una vita dedicata alla cura della salute degli altri.
Questo è stato uno dei tanti, troppi atti di violenza distruttiva e premeditata contro una donna. L’Associazione Italiana Donne Medico, riunita in assemblea, manifesta il suo profondo cordoglio alla famiglia ed a colleghe e colleghi, tutti per la loro spaventosa perdita. 
Chiede fermamente atti concreti a protezione e salvaguardia del personale sanitario tutto e in particolare il personale femminile, che rappresenta oltre il 70% della forza lavoro in sanità, la cui professionalità troppo spesso è misconosciuta, troppo spesso viene umiliata, fino alle conseguenze estreme della lesione e dell’annientamento fisico”: questo il comunicato emanato a livello Nazionale dall’Associazione Italiana Donne Medico cui la Sezione di Sanremo vuole aggiungere alcune riflessioni.

"Noi ci associamo al dolore per la perdita della collega Barbara, uccisa barbaramente e senza pietà - scrive Elena Lanteri Cravet, Presidente AIDM Sanremo -. Ma nello stesso tempo condividiamo con sgomento ed amarezza le preoccupazioni di tutti gli operatori sanitari che, svolgendo un lavoro fondamentale di assistenza e cura, rischiano troppo spesso la propria incolumità per non essere inseriti in una doverosa rete di protezione da parte delle Istituzioni.
Purtroppo è opportuno tenere presente che la salute mentale della popolazione è un serio problema, che interessa anche, secondo l'OMS, il 20% degli adolescenti.
I pazienti non trovano adeguata diagnosi e trattamento e abbiamo un Sistema Sanitario Nazionale da troppo tempo sottofinanziato ed in sostanziale smantellamento. Dietro alcuni di questi assassinii non sempre c'è la malattia mentale ed è necessaria una legislazione che meriterebbe un'ampia revisione.

"Tutti gli operatori sanitari ed in particolare, gli operatori della salute mentale, lavorano in trincea. Chiusi i manicomi ed assolutamente insufficienti i posti letto nelle REMS, i centri di salute mentale si trovano ad operare con pazienti psichiatrici autori di reato, obbligati alla cura ma senza una minimale compliance. Non sempre si riesce a mettere in atto la possibilità di 'contenimento' dell'utente psichiatrico con pericolosità sociale, esponendo al rischio gli operatori che lavorano in centri aperti senza alcun supporto di tutela e protezione".

La dott. Liliana Dell’Osso, presidente eletto della società italiana di Psichiatria e Direttore della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa, scrive che "Chi ha ucciso la dottoressa Barbara Capovani non può essere considerato un paziente psichiatrico e il caso non rientra nell’ambito della psichiatria, ma della criminologia e troppo spesso ci si trova di fronte a casi che rientrano in quest’ultima. Ci ricorda anche che il vero paziente psichiatrico raramente mette in atto comportamenti violenti, anzi molto spesso i pazienti psichiatrici sono essi stessi vittime di violenza. Questo però è un momento doloroso in cui è doverosa una riflessione su come non ci sia rispetto e considerazione del valore della nostra professione".

I medici tutti e le Donne Medico in particolare, data la loro prevalenza, chiedono atti concreti alla politica, atti che ancora mancano: "Occorre quindi aumentare il personale, dotare tutti i Pronto Soccorso ed i poliambulatori di tutori delle forze dell’ordine e mediatori culturali o interpreti. Pretendere di non essere mai sole negli ambulatori, quando si visita o si cura, ma sempre con un operatore sanitario che possa intervenire anche solo per chiamare aiuto. Occorre che gli operatori tutti vengano considerati pubblici ufficiali e poter procedere di ufficio verso chi minaccia o agisce contro di loro, come saggiamente ha fatto la Regione Lazio, assumendosene lei stessa l’iniziativa Occorrono pene più severe e non giustificare ogni atto violento con l’esasperazione per le inevitabili attese. Occorre liberare i luoghi di Pronto Soccorso dalle patologie che non sono tali ma creano intasamento, ritardi nelle cure dei casi più gravi ed impellenti, inutile affaticamento in chi non riesce più a seguire tutti coloro che si presentano, anche a sproposito.
Non è più sufficiente la protesta silenziosa o la rassegnazione ad una situazione vissuta come inevitabile perché imprevedibile. Ed accettare queste situazione rende tutti responsabili".

"A distanza di cinque anni dall’omicidio del dott. Giovanni Palumbo che ha strappato a tutti noi un collega ed un amico che tutte noi desideriamo ora ricordare per la capacità di comprendere e trattare con delicatezza ogni situazione; un collega profondamente competente e preparato, figura di riferimento che aveva sviluppato un servizio di Medicina legale capillare su tutto il territorio, le Donne medico della sezione provinciale di Sanremo esprimono il loro cordoglio ma soprattutto rabbia, indignazione e preoccupazione. Le stesse espresse cinque anni fa quando erano state avanzate queste identiche richieste di sicurezza, anche se duole constatare che poco o nulla è cambiato. Ora nuovamente tutte si augurano che le istituzioni prendano nel più breve tempo provvedimenti definitivi atti a tutelare l’integrità fisica di tutti gli operatori sanitari in ogni ambito, in modo da consentire loro di lavorare con serenità e senza paura nell’interesse di tutta la comunità come desiderano. Sperando, la prossima volta, di non essere proprio loro le vittime. Ciao Barbara... sei una di noi...”.

C.S.