Il consigliere regionale del Partito Democratico Pippo Rossetti traccia la linea sul futuro delle alleanze all’interno del centrosinistra. Prima di una discussione su quali alleanza costruire, anche in Liguria, il consigliere suggerisce di ripartire prima di tutto da un “esame di coscienza”: “Il Partito Democratico deve ripartire da sé stesso anche in Liguria dove è opportuno riaprire una discussione sulla conduzione regionale. Dobbiamo ripartire dai punti che ci hanno contraddistinto per poi provare ad aprire ad un’ampia alleanza. Le scadenze delle elezioni regionale e delle politiche richiedono di avere un voto in più degli altri. Non possiamo più lasciare la Regione in mano al centrodestra”.
I temi suggeriti dal consigliere Rossetti su cui riaprire una discussione interna sono strettamente legati al territorio e non legati a giochi o interessi di partito: “Saranno fondamentali i temi di una sanità pubblica, incentrata sull’attività del servizio pubblico e quindi un servizio sanitario universale e gratuito che oggi fa acqua da tutte le parti. Abbiamo la necessità di costruire strade e autostrade, moli e ponti per consentire alle merci e per consentire alle persone di girare agevolmente la nostra terra. Esiste una necessità di ripartire da una verifica e da una valutazione della scuola: abbiamo un numero importante di ragazzi che abbandonano la scuola dell’obbligo, oltre il 12%, un dato molto preoccupante. Se non investiamo sulle persone in questo paese non andiamo da nessuna parte. Bonaccini sta chiedendo queste cose. Per quanto il tema del lavoro abbiamo le regioni che hanno necessità di sviluppare ulteriormente i processi che integrano la formazione professionale, il sistema dell’istruzione con quello dell’università e del mercato del lavoro. La Liguria perde abitanti e quindi abbiamo bisogno che il PD diventi una forza trainante per tutti coloro che vogliono cambiare questa situazione”.
Dunque, in vista delle primarie del Partito Democratico, Rossetti ha le idee chiare: serve un partito a vocazione maggioritaria per una cultura di governo, un partito che sappia mantenere al suo interno le diverse anime e provenienze del campo progressista. Stefano Bonaccini rappresenta, secondo Rossetti, la figura adatta ad interpretare il ruolo di segretario unitario: “La gente ci chiede di stare insieme, si tratta di ristabilire una metodologia politica: in primis il Congresso Nazionale sta evidenziando la distanza tra un partito romano e i partiti del territorio. La forza di Bonaccini è che non è stato deputato, non è stato senatore, non è stato europarlamentare e ha avuto la capacità di coniugare e declinare in maniera efficace e vincente i valori e i principi del PD con il buon governo e ha fatto questo, in senso più politico, con le alleanze: in Emilia Romagna governa da solo, in alcune città il PD è da solo, a Bologna invece governa con il M5S, però ha creduto nelle idee ed è stato propulsivo nel programma e nei contenuti. Il metodo è quello di ricreare una circolarità forte: Bonaccini dice che deputati e senatori devono essere scelti dal territorio e non in una stanza chiusa dove dei capi governano i processi di scelta come è avvenuto in queste elezioni politiche. Purtroppo anche alle elezioni regionali abbiamo assistito a questa sorta di imposizione romana di una coalizione che poi, in realtà, non era per niente larga. Noi dobbiamo ritrovare noi stessi, non vogliamo litigare. Non si tratta di ridurre le distanze di pensiero e quindi non confrontarsi (forse il PD si confronta anche troppo al suo interno), bisogna che chi vince abbia rispetto di chi non vince e il Partito Democratico è tale ed è forte nel momento in cui è plurale. La garanzia di Bonaccini è che dentro ci siamo tutti: ci sono quelli che vengono dalla sinistra, quelli che vengono dal centro, i nativi del PD ed è questa la forza del partito: fare sintesi sulle diverse idee, aspirazioni e sensibilità del riformismo. Per riformare il Paese abbiamo bisogno di vincere con il 51% e, se vogliamo avere una politica riformista, dobbiamo tenere insieme i riformismi”.