I mesi immediatamente successivi alla fine del primo conflitto mondiale furono tutti pervasi da quell'idealismo del Presidente americano Wilson che mirava a rifondare il Vecchio Continente (e non solo) sui principi della autodeterminazione dei popoli. Il crollo dell'impero asburgico e di quello ottomano, più ancora della disfatta del Reich guglielmino, segnavano un tempo nuovo per i destini del mondo secondo la visione wilsoniana, una visione che sarà sempre più chiara a partire dalla Conferenza di Versailles per arrivare a quella di Sanremo e agli altri appuntamenti diplomatici di quegli anni.
D'altra parte gli Stati Uniti, pur allungando sull'Europa e sul resto del pianeta l'ombra della loro crescente influenza, in realtà, in quella fase, tenevano a distinguere un certo distacco dagli affari internazionali. Circostanza quest'ultima che non nascondeva peraltro una certa scelta missionaria, non disgiunta da una non troppo dissimulata volontà egemone e pedagogica. Si comprenderà tutto ciò al termine della seconda guerra mondiale quando si affermerà il condominio russo americano scaturito dall'ordine di Yalta, come previsto dalla lucida profezia di Alexis de Tocqueville. Ma non poteva sfuggire che anche in quegli anni Washington muoveva pedine strategiche (vedi nella penisola Arabica, già alla fine degli anni Venti del XX secolo, si muovevano solleciti gli interessi petroliferi targati stelle e strisce) che con il tempo si sarebbero rivelate decisive per le sorti delle relazioni mondiali.
A Sanremo, tuttavia, il vecchio equilibrio europeo sembrò ancora dominante. Gli Stati Uniti d'America e la stessa Germania, da parte loro, figuravano soltanto come osservatori all'assise sanremese, se pur divise dal ruolo di vincitore la prima, di sconfitta la seconda, che sperava di evitare una sua totale umiliazione economica e militare. Ovviamente scontata l'assenza della Russia sovietica, che peraltro sarà presente alla Conferenza di Genova due anni dopo, stringendo con la Germania di Weimer il celebre accordo di Rapallo tra potenze deluse e reiette. E la Russia avrà recuperato allora la sua antica veste diplomatica di impronta zarista sotto la guida di Cicerin, aldilà e a dispetto della sua immagine rivoluzionaria. L'illusione anglo-francese rappresentata dal caracollare di un generale francese vittorioso per le vie di Istanbul e dall'accordo segreto per dividersi il Medio Oriente e le sue risorse, (pianificato proprio nella Città dei Fiori all'insaputa della potenza ospitante), furono tuttavia gli ultimi fuochi dei sogni coloniali di Parigi e di Londra: tutto questo stante la momentanea messa fuori gioco dei tedeschi e la pochezza dell'Italietta uscita stremata dal conflitto e con minor capacità di influenza sugli assetti postbellici.
Solo la bellezza di Sanremo rappresentava il fiore all'occhiello di quel momento. E a Sanremo l'ombra della "vittoria mutila" e le invettive al vetriolo di Gabriele D'Annunzio da Fiume contro quelli che il Vate definiva i biscazzieri di Sanremo non parevano smuovere i giochi già fatti. Solo la costituzione fiumana suscitava un certo interesse presso il vertice. L'altra ombra che aleggiava sulla Conferenza era ovviamente quella del pericolo rosso proveniente dalla prima Russia sovietica, percepita come una realtà enigmatica, se pur lontana. La vittoria delle truppe polacche contro l'avanzata dell'Armata Rossa, fermata alle porte di Varsavia il 16 agosto 1920, farà tirare un sospiro di sollievo nel Vecchio Continente, ma prima di quei giorni del pericolo rosso si parlo' durante i lavori del vertice sanremese. Anche a Sanremo il miracolo della Vistola ( come lo definì l'Osservatore Romano) verrà enfatizzato dalla stampa locale e nelle chiese di tutto il Ponente si levarono preghiere di ringrazamento, unite alle invocazioni a San Francesco Saverio di salvare la Russia, come ricordava anche mia madre.
La perfetta organizzazione messa in atto dalla Regia Prefettura di Porto Maurizio e soprattutto della Sottoprefettura matuziana riusci a tenere lontano dai lavori quello che era considerato in quei mesi il pericolo numero uno per la democrazia liberale, Benito Mussolini. Il divieto assoluto fatto ad ogni struttura ricettiva della Riviera di ospitare il futuro Duce venne rigorosamente rispettato dagli albergatori della zona e se mai ci furono solo degli strascichi relativi alle spese effettuate per la Conferenza e da saldare a favore dei fioristi e di altri commercianti locali: spese ottemperate con un certo ritardo, grazie ai solleciti della Prefettura presso gli organi superiori. Le autorità di pubblica sicurezza di Sanremo erano impegnate intanto ad intercettare il lavoro sporco di molte spie straniere e persino degli agenti della nuova Russia sovietica che monitoravano nobili e transfughi russi che si erano trasferiti nella zona. in Riviera uno speciale sguardo era rivolto verso l'albergo De Russie di Sanremo. Il lavoro della Mosca bolscevica puntava anche a reclutare a Sanremo persone vicine alle idee rivoluzionarie o in grado di promuoverle con la propaganda. Per tutto il 1917 e ancora per gran parte del 1918 a Sanremo e ad Alassio era stato attivo pure il servizio segreto tedesco impegnato nella propaganda disfattista a favore degli Imperi Centrali in Italia, considerata l'anello debole dell'Intesa, mentre gli agenti austro-ungarico si era già dissolti fin dai primi mesi del 1918.
L'intelligence germanica, a dire il vero, era ormai dedita a verificare di più i motivi di penetrazione comunista che dall'estero avrebbe potuto minacciare le incerte istituzioni di Berlino soprattutto dopo la fine della guerra. I tedeschi bloccati a Sanremo durante le ostilita' non avrebbero certamente simpatizzato per la causa rivoluzionaria per la loro estrazione sociale. Il nostro controspionaggio militare, nello specifico, non sarà mai così attivo come in quei giorni e, secondo i carteggi prefettizi, non mancherà di allentare la vigilanza in vista della Conferenza sanremese, ma neanche dopo l'avvento del nuovo regime politico a Roma due anni dopo. Sanremo, infatti, era considerata all'epoca la capitale mondiale dello spionaggio. Per tornare al clima politico precedente la Conferenza di Sanremo e vissuto intensamente durante i negoziati, va nuovamente ricordato che in quella sede si ebbe il primo riconoscimento del focolare della nazione ebraica. Non furono così fortunate le aspirazioni di altri popoli della regione. Le notizie che erano arrivate a getto continuo dalla Conferenza di Versailles, e che la Regia Prefettura di Porto Maurizio aveva puntualmente rilanciato alla pubblica opinione e alla stampa, tramite la Sottoprefettura di Sanremo, sulla scorta delle comunicazioni ministeriali e della rappresentanza diplomatica italiana a Parigi, ponevano in luce, in particolare, il vasto movimento in atto da parte del mondo arabo: un movimento inteso ad acquisire, anche sotto previo mandato occidentale, le basi di uno stato unitario degli Arabi nel Vicino Oriente.
Aspirazione che finì per avere scarso successo come avvenne per curdi ed armeni che avevano avanzato ai negoziatori di Castello Devachan analoghe richieste di indipendenza. Sappiamo, infatti, che tali vicende presero un'altra strada. Molti dispacci ministeriali erano inoltre interpretati, nell'aura ovattata e profumata dai mille fiori, come un avvertimento alle numerose personalità di origine mediorientale che a Sanremo si erano trasferite e si trascinavano in un esilio dorato. La storia per essi stava cambiando e non avrebbero mai più avuto la possibilità di rientrare nei loro Paesi e di contare qualcosa laggiù. Oltre agli epigoni della dinastia ottomana, che si dilettavano non di rado con i giochi del Casinò e il cui ultimo rappresentante terminò i suoi giorni nel 1926 a Villa Magnolie, giunsero qui quelli della deposta dinastia persiana Qajar, il cui erede morì a Sanremo nel 1925, mentre la moglie si spense sempre a Sanremo nel 1947. Nella Città dei Fiori erano già presenti comunque soggetti provenienti da altre parti di quel mondo orientale e che guardavano con ansia lo sviluppo degli avvenimenti, se pur distratti dalle attrattive accattivanti del luogo. Nel 1934, come ricordato in altra occasione, si sarebbe fermata a Sanremo persino la coppia reale di quello che era noto allora come il Regno del Siam.
Nel 1939 fu poi la volta di Herman Goering e di altri esponenti del III Reich, richiamati dal fascino della città e dalla presenza di una nutrita colonia teutonica in Riviera. L'atmosfera di Sanremo attenuava in un certo senso l'eco dei mutamenti epocali in corso e si pensava di vivere in un'altra dimensione. Sanremo, del resto, continua ad offrire queste sensazioni oggi, nonostante che si fronteggi una congiuntura non meno difficile di ieri e che vede tuttora tra le sue vie muoversi, anche in incognito, personaggi di mezzo mondo, che vogliono qui godere di qualche momento di pace, di libertà e di quell'aria salubre, di cui la zona è rinomata dalla notte dei tempi.