“Il reparto ha sempre funzionato bene e anche sul fronte dell’interruzione volontaria di gravidanza non si registrano problematiche né attuali né in sospeso”: cosi al nostro giornale il dottor Pierluigi Bracco, direttore della struttura complessa di ostetrica e ginecologia dell’Asl 1 imperiese.
A differenza di diverse realtà nazionali dove ancora si registrano molte difficoltà ad abortire, nella nostra provincia – al pari del trend positivo registrato in Liguria – le donne che decidono di compiere questa scelta, che è per tutte nessuna esclusa molto dolore sotto diversi profili, psicologici e sanitari, vengono assiste a 360°. Il reparto di ostetricia e ginecologia non ha mai smesso di operare e assistere le pazienti anche durante il lockdown, anche durante i periodi più bui della pandemia.
Ora come nei mesi scorsi non vi è stato alcun cambiamento nell'applicazione della legge 194. “Pur con pochi medici, dice il primario, assolviamo i nostri compiti nei termini di legge. In tutto in reparto ci sono sei medici e di questi 3 sono obiettori di coscienza e anche con questi numeri le donne che hanno deciso di abortire trovano in noi un risposta alla loro istanza”.
Guardando i dati a livello italiano quelli relativi all’interruzione di gravidanza “attestano che il trend è in discesa. L’unico dato in controtendenza si è avuto nel 2021 dove vi stato un leggero aumento, ma già quest’anno si è registrato nuovamente il calo”.
Numeri alla mano nel 2016 le donne che hanno abortito in provincia di Imperia sono state 317, 321 nel 2018, 330 nel 2019, 265 nel 2020 e poi 316 nel 2021 – ossia il picco di risalita- e nel 2022, sino al settembre scorso, sono state 149. Sempre rispetto a questi dati occorre differenziare tra interruzione di gravidanza farmacologica e chirurgica. Nel 2016 sono state 64 donne ad aver optato per la terapia farmacologia, 65 nel 2017, 82 nel 2018 e nel 2019, 87 nel 2020 e 211 nel 2021 mentre, sempre in quest'anno, l’approccio chirurgico è stato scelto da 106 pazienti. Guardando all’anno in corso 81 sono state le Ivg con metodo farmacologico e 68 quelle chirurgiche.
“L’approccio farmacologico supera quindi, spiega il dottor Bracco, quello chirurgico e ciò attesta come si tratti di un circolo virtuoso in quanto l’attività consultoriale è ben gestita e la richiesta di ivg è intercettata in tempi rapidi; anche la normativa italiana si è adeguata alle evidenze scientifiche: negli anni si è spostato termine a 9 settimane e 0 giorni, prima era ferma a 7 settimane. Questo è un termine, prosegue, che serve alle donne in quanto solitamente alla quinta settimana si scopre di essere in gravidanza. In precedenza in una decina di giorni si doveva decidere; estendendolo a 9 settimanale vi è un margine di scelta e di intervento più ampio”.
Non si può attestare con certezza quale sia l’elemento che porta ogni singola donna ad optare per l’intervento chirurgico o per l’assunzione della terapia farmacologica. Per tutte è certamente una scelta dolorosa ed intima verso la quale nessuno può esprimere giudizi. “A volte viene scelto l’intervento, spiega Bracco, per le condizioni di fragilità che si vivono in quel momento perché è più ‘semplice’ dal punto di vista psicologico in quanto è una pratica meno ‘vissuta’ in quanto quella farmacologica ha un impatto più importante e maggiore dal punto di vista psicologico. Noi cerchiamo di implementare le ivg farmacologiche pesando correttamente le fragilità e le situazioni complesse poiché vi è un basso rischio di complicanze, ma vi è sempre il rispetto delle fragilità e delle condizioni di ognuno. Il nostro rapporto col territorio quindi resta virtuoso adesso infatti siamo al lavoro affinché l’approccio farmacologico possa essere espletato anche nei consultori e quindi non solo in ambito ospedaliero”.