Tra caro bolletta, crisi energetica e risvolti di pandemia e conflitto russo-ucraino, è in arrivo per le famiglie italiane uno degli inverni più difficili degli ultimi 50 anni. Il dato emerge dall'ultimo report stilato dall'Ufficio studi della Cgia. Secondo le ultime previsioni, infatti, ben sei province su 10 registreranno una crescita negativa. I tempi a disposizione per il nuovo Esecutivo sono strettissimi e non sarà facile trovare tutte le risorse per confermare, anche per l’anno venturo, molti provvedimenti introdotti dal governo Draghi che, si stima, quantificabili in 35 miliardi di euro, così suddivisi: quasi 15 miliardi di euro per rinnovare nel primo trimestre le misure contro il caro energia previste dal decreto Aiuti ter; almeno 8,5 miliardi di euro per indicizzare le pensioni; almeno 5 miliardi per il rinnovo del contratto del pubblico impiego; 4,5 miliardi di euro per lo sconto contributivo del 2% a carico dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 35 mila euro; 2 miliardi di euro di spese indifferibili.
Il “tesoretto”, che il nuovo governo “erediterà” dal premier uscente Draghi, potrebbe essere di 20 miliardi di euro: 10 da usare subito e altri 10 da impiegare nella manovra 2023. Risorse che sono state “recuperate” senza fare nuovo deficit, grazie al fatto che in quest’ultimo anno l’esecutivo uscente è riuscito a mantenere i conti ordine. Un ulteriore aiuto potrebbe arrivare anche da Bruxelles, che sta per mettere a punto una misura che consentirà di recuperare i fondi strutturali non ancora spesi o non impegnati in modo vincolante. Il nostro Paese potrebbe avere a disposizione tra i 4-5 miliardi di euro.
Pertanto, a fronte di 70 miliardi di spese da impegnare nel giro di poco più di 2 mesi, il nuovo governo può contare su una copertura di circa 25 miliardi. Nel caso non si volesse fare nessun altro scostamento di bilancio, non sarà certo facile trovare in poco tempo ben 45 miliardi di euro. Il 2023 comunque sarà molto difficile. Delle 107 province monitorate da 'Prometeia', ad esempio, 67 (pari al 62% del totale) l’anno prossimo registreranno una crescita negativa.
Tra quelle per le quali è previsto un risultato positivo si trovano invece, le province di Verbania e Asti (+0,3% entrambe), oltre a quelle di Torino, Aosta e Imperia, tutte e tre con l'incremento dello 0,1%. A guidare la graduatoria a livello nazionale sarà invece, la provincia di Milano, dove l’aumento del valore aggiunto sarà dello 0,8%. Al secondo posto, per crescita nel 2023, figura la provincia di Savona con lo 0,6%, a pari merito con quella di Salerno.
Crescita zero invece per Biella e previsioni negative per tutte le altre province del Nord Ovest: Genova (-0,2%), Cuneo (-0,4%), La Spezia (-0,6%), Vercelli, Alessandria e Novara (-0,7%).
Queste ultime si avvicinano alle situazioni più critiche, che riguarderanno Pisa, Cagliari, Ragusa, Messina e Macerata (tutte con una diminuzione della crescita dello 0,8%), Enna e Rovigo (entrambe con -0,9%) e Vibo Valentia (-1%). Cgia segnala infine che sono molte le province che non hanno ancora recuperato il livello di ricchezza che avevano nel periodo pre-Covid (2019). Le situazioni di maggiore ritardo le scorgiamo a Siena (-1,9%), Prato (-2), Belluno (-2,2) e Pisa (-2,3). Maglia nera, infine, per le province di Campobasso e Vibo Valentia (-2,4).
Per quanto riguarda la crescita 2022 sul 2021 nelle diverse province, la Cgia attribuisce il 4,7% a Savona, il 3,9% a Verbania e Asti, il 3,5% a Torino, Genova e Aosta, il 3,3% a Biella, il 2,9% a Cuneo, il 2,1% a La Spezia ed Alessandria, il 2% a Vercelli e l'1,8% a Novara.