I ripetuti contatti avviati negli ultimi anni dall'attuale Principe di Monaco con Genova e la Liguria testimoniano della grande consapevolezza che nel Principato si ha delle radici genovesi e liguri delle genti di quella parte di mondo. Il monegasco, tra l'altro, è una lingua di origine ligure, che si studia a scuola ed è obbligatoria dal 15 Settembre 2014. Monaco ha certo una lingua ufficiale – il francese – e questo fatto è stabilito nella Costituzione (art 9): “La langue française est la langue officielle de l’Etat”.
Fino al 1860 la lingua ufficiale era stata invece l’Italiano, data l'influenza del Regno di Sardegna nella zona, anche se non c’era allora una costituzione che lo stabilisse. Nel 1860, con l’annessione della Contea di Nizza alla Francia, con Mentone e Roccabruna, sui quali il Principe di Monaco vantava diritti, queste terre diventarono parte dell’allora Impero francese e il francese ne è tuttora unica lingua ufficiale. L’Italiano continuava, tuttavia, a sopravvivere nelle scuole e grazie alla immigrazione di lavoratori venuti in massa dal Piemonte e dalla Liguria, richiamati dalle opere imponenti che avrebbero dato vita alla moderna Montecarlo (processo invero già iniziato fin dalla prima metà del XIX secolo in direzione di Nizza e della Francia meridionale). Tuttavia questi immigrati, che erano prevalentemente analfabeti, non parlavano italiano; ma i loro dialetti, liguri o piemontesi erano molto simili al monegasco, più facile da imparare che il francese. Anche i monegaschi, allora, fra di loro parlavano il loro dialetto, mentre l’italiano e il francese era accessibile solo a chi aveva studiato. Così la comunità di lingua monegasca si sviluppò grazie all’apporto di nuovi venuti e il massimo di questa espansione si ebbe a cavallo fra il 1800 e il 1900. Nel nuovo e vicino comune di Beausoleil, scaturito nel 1904, dalla secessione da La Turbie, divenne la lingua di uso comune.
Le cose poi cambiarono: Montecarlo ebbe un grande sviluppo turistico, urbanistico ed economico e divenne il luogo preferito di vacanza delle élite di allora. La popolazione aumentò di molto: era di 1200 anime nel 1861 e 15.500 nel 1903. I servizi e le esigenze del pubblico cosmopolita si fecero sempre più raffinati e costosi. La scolarizzazione di massa e la frequentazione di persone di alto livello sociale e culturale, provenienti da tutta l’Europa, portarono alla rapida introduzione del francese anche come lingua d’uso corrente e popolare.
La pratica del dialetto, che allora non aveva alcuna dignità culturale e veniva considerato un ostacolo sociale a carriere ed impieghi, divenne limitato e si restrinse alla popolazione della Rocca dove vivevano i monegaschi autentici, avviati a divenire una minoranza nel loro paese. Bisogna arrivare agli anni Venti del ‘900 affinché inizi un processo di reazione al declino definitivo della parlata monegasca. Nasce il Comitato nazione della tradizione monegasca (Cumitau Naçiunale de Tradiçiue Munegasche) ed alcuni intellettuali scrivono in monegasco: Louis Notari “A legenda de santa Devota”. Santa Devota è la patrona del Principato a l’opera di Notari viene considerata il poema nazionale. Notari (1879 – 1961) fu il vero artefice della rinascita della lingua, scrisse pure l’inno nazionale. Ingegnere ed architetto diplomato al Politecnico di Torino, non ricostruì solo la lingua, ma tante parti del Principato e partecipò attivamente alla vita politica. Nel secondo dopoguerra, negli anni Settanta, la lingua monegasca viene progressivamente introdotta obbligatoriamente nelle scuole del Principato.
Nelle scuole del Principato naturalmente si studia in francese, ma sono obbligatori l’inglese e il monegasco. Sono pure previste altre due lingue straniere, una di queste è di solito l’italiano, sempre più parlato. E l’italiano, del resto, non dovrebbe essere considerata una lingua straniera in quanto fa parte del patrimonio storico del Principato, molto vicino alla parlata locale. Anche per questo motivo che l'autorità locale spinge verso la riscoperta delle tradizioni italiche e liguri di Monaco. Il monegasco è pertanto una lingua italica, l’erede della parlata dei genovesi che occuparono la Rocca nel lontano 8 gennaio 1297. La lingua si è preservata fino ad oggi anche se vi sono stati cambiamenti, modifiche e interazioni con le parlate circostanti; nei luoghi vicini non si parlavano solo dialetti liguri ma anche provenzali, definiti dai linguisti liguri-provenzali. Simili ma non uguali e non sempre intercomprensibili.
La lingua di Genova ha avuto nei secoli una grande diffusione grazie al dinamismo dei suoi mercanti, banchieri e marinai. La Superba estendeva la sua influenza fino alla Spagna. In Corsica, in Sardegna vi sono località dove ancora lo si parla. In passato è stato presente in Tunisia, a Gibilterra. Il dialetto di Buenos Aires è stato infarcito di parole liguri. Lo si parla ancora a Genova e in Liguria, ma non possiamo prevedere per quanto tempo ancora, se pur si noti una discreta ripresa. C’è chi si batte, infatti, per la sua sopravvivenza, ma l'interesse è dato in ascesa. Solo a Monaco ha acquisito in assoluto dignità letterarie e uno status di lingua nazionale. Vi sono pure dizionari, grammatiche, fumetti di Tintin, reperibili alla FNAC di Monaco e un libro sul Papa, “Joseph e Chico, ün gato chœnta a vita de Papa Benedetu XVI” pubblicato dalla Liamar Editions Monaco, reperibile presso la Libreria Scripta Manent, 29 rue du Portier, Monte-Carlo.
Quando si passa da Monaco si hanno delle vive emozioni: all’ingresso un cartello con scritto “Principatu de Monegu” ti dà il benvenuto nel piccolo stato. Nella Monaco vecchia tutte le strade hanno nomi in monegasco, praticamente vicine al ligure.
Pierluigi Casalino














