L'emergenza sanitaria, dovuta alla pandemia da covid-19, non ha fermato la migrazione degli italiani all’estero. Lo ha comunicato l'Istat, precisando che nel 2020 gli espatri dei cittadini italiani sono stati 120.950, soltanto lo 0,9% in meno rispetto al 2019. L’impatto del covid-19 sui flussi in uscita dal Paese è riconducibile tanto all’effetto diretto delle restrizioni alla mobilità internazionale, attuate per contrastare la diffusione del virus, quanto al clima di incertezza e difficoltà, che può aver impattato negativamente sui progetti migratori.
La distribuzione degli espatri per regione di provenienza è eterogenea: il tasso di emigrazione più elevato si ha in Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Molise (più di tre italiani per 1.000 residenti). Seguono Marche, Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna (tassi di circa 2,5 per mille). Le regioni con il tasso di emigratorietà per l’estero più basso, invece, sono Puglia e Lazio (valori pari a circa 1,5 per mille).
A livello provinciale, i tassi più elevati di emigratorietà degli italiani si rilevano a Bolzano (4%), Mantova, Vicenza e Macerata (tutte 3,6%), Imperia, Isernia e Treviso (tutte 3,2%); quelli più bassi si registrano nelle province di Foggia e Barletta-Andria-Trani (1,2‰). La nostra provincia quindi è in testa alla classifica del Nord Ovest.
A fronte della lieve contrazione delle emigrazioni, il flusso degli italiani verso i principali Paesi dell’Ue si mantiene consistente e non subisce grosse variazioni. Non si arrestano le partenze degli italiani verso il Regno Unito (36mila, +18% rispetto al 2019) mentre quelle verso la Germania rallentano, ma restano numerose (17mila, -12%). Aumentano gli espatri verso il Belgio (2.700, +15%), rimangono pressoché stabili quelli verso la Francia (13mila, +1,6%), la Spagna (6mila, -1,8%) e i Paesi Bassi (2.700, +0,6%). Al contrario, si riducono molto i flussi con destinazione extra-europea; per esempio, verso il Brasile calano del 30% (5.600) e del 25% verso la Cina del (poco più di 500 espatri).
Nel 2020, gli italiani espatriati sono soprattutto uomini (54%), ma fino ai 25 anni non si rilevano forti differenze di genere (20mila per entrambi i sessi). A partire dai 26 anni, invece, gli emigrati iniziano a essere costantemente più numerosi delle emigrate. L’età media degli emigrati è di 32 anni per gli uomini e 30 per le donne. Un emigrato su cinque ha meno di 20 anni, due su tre hanno un’età compresa tra i 20 e i 49 anni mentre la quota di ultracinquantenni è pari al 14%.
Considerando il livello di istruzione posseduto al momento della partenza, l'Istat rileva che nel 2020 un italiano emigrato su quattro è in possesso almeno della laurea (31mila). Rispetto all’anno precedente, le numerosità dei laureati emigrati è in aumento del 5,4%. L’incremento è molto più consistente se si amplia lo spettro temporale: rispetto a cinque anni prima, gli emigrati con almeno la laurea crescono del 17%.
Sono poco più di 40mila i giovani italiani tra i 25 e i 34 anni espatriati nel 2020 (il 33% del totale degli espatriati); di essi, due su cinque (18mila) sono in possesso di almeno la laurea (+10% rispetto al 2019). Il numero dei rimpatri di giovani italiani laureati, invece, si attesta su livelli nettamente più bassi (6mila, -3,5% sul 2019), generando un saldo migratorio negativo che si traduce in una perdita di circa 12mila unità.
Nel 2020, l’emigrazione giovanile si è ridotta del 7% rispetto al 2019; ma la quota dei laureati sul totale dei giovani espatriati è passata dal 38,7% del 2019 al 45,6% del 2020. Non si arresta, dunque, la fuga delle giovani risorse qualificate verso l’estero, nonostante le limitazioni imposte agli spostamenti durante le varie fasi della pandemia.
Le iscrizioni anagrafiche dall’estero (immigrazioni), nel 2020 ammontano a 247.526 (-25,6% rispetto al 2019); la componente dovuta agli ingressi di cittadini stranieri è pari a 192mila (-27,5%), quella dovuta ai rimpatri ammonta a 56mila (-18,2%). Aumentano di poco solo le immigrazioni provenienti dai Paesi Ue (+1,8% rispetto al 2019), mentre diminuiscono i flussi dagli altri Paesi europei (-4%), dall’Africa (-6,8%), dall’Asia (-7,6%) e da America e Oceania (-9,3%).
Quanto alla dinamica migratoria interna, l'Istat ha censito che in valore assoluto, le regioni in cui si registra il volume più elevato di iscrizioni e cancellazioni anagrafiche sono la Lombardia (292mila iscrizioni e 278mila cancellazioni), il Veneto (134mila iscrizioni e 127mila cancellazioni) e il Piemonte (123mila iscrizioni e 119mila cancellazioni); in termini relativi, invece, rapportando il numero di iscrizioni e cancellazioni alla popolazione residente, la regione che mostra la dinamica migratoria interna più vivace è la Valle d’Aosta, con tassi pari a 34 iscrizioni e 32 cancellazioni per 1.000 abitanti, seguita da Lombardia e Piemonte (entrambe 29 iscrizioni e 28 cancellazioni per 1.000). La regione meno dinamica è la Basilicata con tassi pari circa a 11 iscrizioni e 15 cancellazioni per 1.000 residenti.