Le violente sollecitazioni dei costi indotte dagli effetti del conflitto, scoppiato lo scorso 24 febbraio nel cuore d’Europa, mettono sotto pressione una ampia platea di imprese. Non ne sono esenti molte realtà della provincia di Imperia, alle prese con un aumento dei costi che si è abbattuto pesantemente sulle produzioni in un momento già difficile.
Secondo il report redatto dalla Confartigianato ‘Venti di guerra e caro-commodities: i rischi per le imprese e la crescita’ questa situazione riguarderebbe in Liguria circa un terzo (34,3%) del sistema produttivo regionale pari a quasi la metà (45,9%) degli occupati in micro e piccole imprese. Si tratta di imprese esposte all’escalation dei prezzi dell’energia, alla carenza di materie prime provenienti dai paesi del teatro di guerra, al caro-carburanti, ai flussi turistici provenienti dalla Russia, alle vendite in Russia e Ucraina di macchinari e prodotti. Nel primo semestre 2022, si prevede che il 18,8% delle imprese avrà un parziale o grave rischio operativo, e comunque circa 2 imprese su tre segnalano la presenza di ostacoli ai piani di sviluppo nei prossimi sei mesi.
In provincia di Imperia questa situazione riguarda, secondo la Confartigianato, un totale di 6612 imprese (che contano complessivamente 17.935 addetti), sommando quelle colpite dalla carenza di materie prime provenienti dalla Russia e dall’Ucraina, quelle con difficoltà all’export verso quei Paesi, le realtà colpite dal caro carburanti e le imprese che lavorano a stretto contatto con il turismo.
Nel dettaglio si collocano nella trincea avanzata i settori con una maggiore intensità energetica: dalla metallurgia alla petrolchimica, dalla carta al vetro, dalla ceramica ai trasporti. Nei comparti manifatturieri energy intensive sono sempre più numerosi i casi in cui il divario tra costi e ricavi diventa insostenibile: a due anni dal lockdown sanitario siamo arrivati al rischio di lockdown energetico. Il caro-carburanti colpisce il trasporto merci e persone, comprimendo i margini d’impresa.
Le carenze di materie prime provenienti da Russa e Ucraina, associate a costi crescenti delle forniture, coinvolgono soprattutto le imprese nei settori dell’alimentare, dei metalli e delle costruzioni. Il report della Confartigianato evidenzia inoltre come il conflitto ripresenti pesanti conseguenze anche sul turismo, già duramente colpito dalla recessione da Covid-19. Il blocco del turismo dalla Russia innesca effetti pesanti su tutte le attività ad esse legate presenti sul territorio, per quello che storicamente ha sempre rappresentato la spesa dei turisti russi.
“Gli aumenti, soprattutto di acqua ed energia, si sono fatti sentire – ha detto Emanuele Corradini di CLC Corradini ceramiche di Montegrazie – Questo incremento ha avuto riflessi anche sul costo finale del materiale che forniamo ai nostri clienti. Se a fine anno si tirano le somme e non ci si adegua, considerando già i costi di mutui, tasse e dipendenti, la situazione diventerebbe davvero difficile. L’impennata dei prezzi in edilizia ha riguardato il cemento, il ferro, i mattoni e tutto il materiale da costruzioni da rifinitura come appunto le piastrelle. L’aumento del gas ha poi portato tante aziende a chiudere i forni, con un conseguente problema di forniture che, a cascata, si riflette su tutto il settore”.
Non è esente da questa realtà anche il mondo del vetro. “Le difficoltà sono iniziate già prima, ora con l’aumento gas e dell’ossigeno la situazione è ancora più difficile – ha dichiarato Giuseppe Ballarin di TreArchi – Uno dei problemi derivanti da questi aumenti è stata la chiusura dei forni che, se non ci sarà una diminuzione del gas, non riapriranno e il nostro settore rimarrà senza bacchette di vetro con cui realizzare le produzioni artistiche, obbligando a fermarsi o ad auto prodursele con ulteriori perdite di tempo”.