Eventi - 31 gennaio 2022, 19:38

72° Festival di Sanremo, impressioni dalle prove all’Ariston: Elisa e Mahmood-Blanco sopra tutti, si balla con Dargen D’Amico e La Rappresentante di Lista

Gianni Morandi punta al tormentone, Ditonellapiaga e Rettore sono chimica pura

Come ogni anno la febbrile attesa della stampa per la ‘prima’ del Festival viene in parte lenita dall’antipasto delle prove al teatro Ariston, il momento per gli ultimi accorgimenti in attesa dell’esordio.
Quest’anno, poi, le prove assumono un ulteriore tono di ufficialità per la ripresa da utilizzare poi in caso di eventuale positività dell’artista. Il ‘lodo Irama’, insomma.
Noi li abbiamo sentiti così (in ordine di apparizione alle prove)

Massimo Ranieri “Lettera di là dal mare”: viaggio d’altri tempi (figurato e non) in una traversata che sa di inizio secolo e attualità. L’atmosfera gli calza, lui la riempie con innata personalità.

Noemi “Ti amo non lo so dire”: la mano di Mahmood si sente forte nelle strofe, l’inciso è più nelle sue corde. A tratti complessa, regala aperture degne di essere ricantate già dopo il primo ascolto.

La Rappresentante di Lista “Ciao ciao”: tutto bello: loro, il brano, il mood, la performance e di nuovo loro. Dopo aver attentato al sistema emotivo con ‘Amare’, ora c’è voglia di ballare. Ci si potrebbe avventurare in giudizi più articolati, ma qui tutto è talmente chiaro che non serve altro. Unico difetto: la sentiremo ovunque.

Yuman “Ora e qui”: il timbro vocale rischia di mettere in secondo piano il brano. Un classico soul di brittiana memoria, ma cattura poco.

Gianni Morandi “Apri tutte le porte”: iniezione di ottimismo firmata Jovanotti, ritmo serrato che a tratti rischia di risultare ripetitivo. Solo lo special spezza la folle corsa, poi si riparte. Tormentone per famiglie.

Giusy Ferreri “Miele”: ormai affezionata al ritmo in levare di estivo stampo, nella sua versione invernale ci regala una rivisitazione malinconica di sé. Si incastra nello stesso giro senza uscirne.

Dargen D’Amico “Dove si balla”: quello che non raccoglierà al Festival lo recupererà con gli interessi in radio. Nasce per essere tormentone e viene difficile immaginare un esito diverso. Nota a margine: contiene il primo palese riferimento sanremese alla mascherina.

Achille Lauro “Domenica”: adamantino nella forma, pecca di sostanza. O, meglio, ci ripropone sempre la stessa. Una ‘Rolls Royce’ aggiornata, schema già visto condito dalla sua ormai consueta punteggiatura di intercalari che, alla lunga, sempre quelli sono.

Rkomi “Insuperabile”: il pezzo richiederebbe un’energia che lui non mette. Quel rap con riff di chitarra che alla fine non è mai diventato un genere e non conquista né le anime vicine all’hip hop, né gli amanti del rock. Sta lì, nel mezzo, e non esplode. 

Mahmood e Blanco “Brividi”: brano massiccio, pieno, completo. Festivaliero dal respiro internazionale, chiama un secondo ascolto nell’immediato per capirlo a fondo e trovare nuovi angoli in un dedalo piacevolmente tortuoso.

Michele Bravi “Inverno dei fiori”: sempre generoso alla voce ‘intensità’, porta un testo articolato che si snoda in un ritornello mascherato per un brano che viaggia diritto sino a una chiusura netta che lascia il vuoto.

Ana Mena “Duecentomila ore”: difficile trovare una collocazione per un brano che sta a metà tra una dance anni 2000 mal riuscita e un brano popolare spagnolo non tramandato. 

EmmaOgni volta è così”: interpretazione sentita con citazione-Bertè nemmeno troppo velata. Ritratto di donna tra potenza e disperazione. L’alchimia con il direttore Michielin funziona.

IramaOvunque sarai”: si percepisce l’importanza personale del brano, ma rischia di essere prevedibile e ripetitivo a mo’ di filastrocca. Non resta addosso.

Elisa
O forse sei tu”: che dire? Sembra giocare un campionato a parte. Intensa, complessa, da scoprire a ogni nuovo ascolto. Si attacca all’anima. Il palco di Sanremo sta stretto a lei a al suo brano.

Giovanni TruppiTuo padre, mia madre, Lucia”: morbido e delicato racconta un amore districandosi tra cantautorato e teatro-canzone. La macchina del Festival rischia di penalizzarlo al primo ascolto, può crescere se approfondito a dovere.

SangiovanniFarfalle”: porta a Sanremo la quota adolescenti e lo fa con un potenziale tormentone da streaming. Non gli si chiedevano contenuti, solo di rappresentare al meglio il suo mondo.

Le VibrazioniTantissimo”: energico, aperto, molto Le Vibrazioni che la cosa piaccia o meno. Non si discosta di molto dalla produzione sanremese della band.

Ditonellapiaga e RettoreChimica”: travolge da subito, travolgono da subito. Scambio generazionale che dimostra ciò che canta: chimica. C’è la storia e il presente. L’Ariston si prepari a battere le mani. 

Iva ZanicchiVoglio amarti”: non esce dalla sua zona di comfort e riporta ai Festival del tempo che fu. Va bene così.

Highsnob e HuAbbi cura di te”: intensi anche se rischiano di essere penalizzati dal live, mai generoso con i testi. Il brano è un crescendo che avvolge in un turbine di sguardi.

Fabrizio MoroSei tu”: rischia di ripetersi con una sorta di “Portami via” aggiornata (vedi Achille Lauro). Piacerà al suo pubblico, la platea sanremese potrebbe considerarla già sentita.

Aka 7evenPerfetta così”: tanta energia, poca sostanza. Testo al limite del banale, tutto assume un qualche senso grazie all’impianto orchestrale sanremese.

Tananai
Sesso occasionale”: da esordiente ‘veste’ bene il palco e porta un brano di personalità. Tra i brani delle new entry potrebbe essere l’unico ad avere un seguito anche dopo la settimana clou.

Matteo RomanoVirale”: c’è dentro un po’ di tutto nel tentativo di abbracciare quello ‘che va’. Ne esce un brano che non resta, eccessivamente articolato per le ambizioni di un esordiente.