“Gestiamo i pazienti all’inizio della malattia, subito dopo la fase della tracheotomia e della terapia intensiva, e una volta negativizzati abbiamo in cura tutti coloro i quali hanno il cosiddetto long covid e attualmente ci sono ancora quelli della prima ondata, 2020-21, che purtroppo sono diventati pazienti cronici ed eseguono accertamenti e visite in ambulatorio”. Così al nostro giornale Claudio De Michelis, primario di Pneumologia presso l’Asl 1 imperiese, con cui abbiamo tracciato un bilancio non solo dell’attuale situazione pandemica, ma anche sugli effetti che il coronavirus porta con sé anche dopo molto tempo le dimissioni ospedaliere.
La Pneumologia infatti 'gioca'su due tavoli: da un lato la gestione dei pazienti covid e dall’altro tutte le attività riguardanti altre gravi patologie come “l’insufficienza respiratoria, ci spiega il primario, il tumore polmonare, versamenti pleurici, enfisema, pneumotorace. Da un mese a questa parte abbiamo sempre i letti occupati e tra i ricoverati ci sono 10 pazienti con polmonite covid che necessitano della ventilazione meccanica non invasiva. Molti di essi provengono dall’ospedale di Sanremo e dal reparto di rianimazione. Purtroppo le criticità per quanto riguarda la pneumologia non finiscono mai. Siamo una una fase ‘acuta’ dove comunque abbiamo anche un grande afflusso dei pazienti non covid e la pandemia riduce le possibilità di cura per gli altri e nonostante i grandissimi sforzi dei sanitari l’emergenza rischia di diventare anche per gli altri. Noi cerchiamo di non far mancare il giusto supporto, ma avere l’ospedale sempre in affanno rende più complessa la gestione e i sanitari sono sempre più stanchi e non riposano. Questo è il terzo anno di duro lavoro ininterrotto” .
Dati alla mano, come anche confermato dal primario De Michelis, “una grande parte dei ricoverati non è vaccinata. Sono presenti anche anziani e persone con il sistema immunitario compromesso che vengono ricoverati per gravi patologie e poi durante i controlli risultano essere positivi, ma l’accesso in ospedale non deriva dal covid, non sono malati covid, ‘semplicemente’ quando viene eseguito il tampone risulta positivo, ma non è quello il motivo per cui si ricoverano. Poi ci sono altri pazienti che hanno problemi importanti e gravi e non sono vaccinati per scelta. E quindi proprio questa è la dimostrazione che il vaccino è efficace. Se sviluppano la malattia è perché o non sono vaccinati o sono molto anziani, quindi fragili, con il sistema immunitario compromesso”.
La vaccinazione anti-covid che, è bene ribadirlo, come per altri tipi di malattie, protegge dagli effetti - soprattutto quelli gravi- del virus e non dalla possibilità di contagio che purtroppo avviene nel momento in cui entriamo in contatto con il virus. “Il vaccino è un’arma. Ormai, chiosa il primario, il tema ‘no vax’ è diventato un tema ideologico, come quando si parla di fede, è l’approccio che è sbagliato. La medicina è una scienza , il vaccino è una certezza. Non ha un 100% del risultato, niente è sicuro al 100% , ma ciò non toglie che sia altamente efficace”. Per spiegarlo meglio il primario usa una metafora calcistica che rende bene il concetto. “Una squadra di calcio ha l’attacco, il centrocampo, la difesa e il portiere. Noi dobbiamo giocare nella nostra metà campo altrimenti non faremo mai gol. Il vaccino è il nostro attaccante che ci permette di superare la metà campo e mirare alla porta , mentre tutto il resto i farmaci, le macchine della ventilazione compongono la difesa; in porta c’è la terapia intensiva e se il virus fa ‘gol’ vuol dire o la morte o danni irreversibili gravi. Dobbiamo andare in attacco: il vaccino ci permette di segnare un gol al virus”.
Tema centrale resta quindi quello dei cosiddetti 'no vax'. "Esistono tanti modi di esserlo, prosegue De Michelis, c’è chi non si vaccina per paura, chi non lo fa per trascuratezza e sui quali il nostro sistema ha fatto degli errori perché andavano rassicurati di più e senza tutta la confusione iniziale si potevano 'recuperare’. Parolo in via generale, ma all’inizio ci sono stati errori di comunicazione, troppo volte dibattiti tra esperti come se ci trovasse in un dibattito medico. Il dibattito medico non può andare in tv perché la gente non capisce niente e si confonde. Si vedevano solo opinioni diverse. È stato un errore mettere a confronto ideologi ‘no vax’ ed esperti , non sono sullo stesso piano perché l’esperto porta evidenze scientifiche mentre l’altro porta chiacchiere. Adesso molti 'no vax' si sono pentiti, ma altri non si convinceranno mai perché pensano di avere una verità a priori come la fede che non può essere dimostrata. La scienza è ricerca , la fede è credere a priori, poi però si ammalano, hanno gravi problemi di salute, finiscono intubati e c’è chi muore. Non si può affrontare il problema sanitario con gli atti di fede altrimenti torniamo al Medioevo”.
Nel corso degli ultimi mesi infine, ci sono stati tanti i casi di persone che, dopo essere guarite dal covid-19, hanno continuato ad avere tanti problemi di salute di vario genere, anche a distanza di tempo. Veri e propri strascichi del covid difficili da mandare via. “I cosiddetti effetti del long covid, chiosa il primario, sono di due tipi ossia quelli relativi alla persistenza di alcuni sintomi e gli altri invece sono i danni permanenti. Appartengono al primo tipo gli effetti che possono anche non essere non collegati al danno strutturale del polmone, danno che non si vede neanche dalla radiografia, come insonnia, stanchezza, scarsa capacità di concentrazione, sintomi a carico dell’orecchio, perdita di olfatto, mal di testa, disturbano la qualità della vita, in alcuni casi sono meno gravi, ma la funzione di alcuni organi resta alterata. È una malattia nuova, li stiamo studiando. Dal 15 al 30% li riscontriamo prevalentemente sulle donne”.
Poi invece, ci sono i danni a carico degli organi e tra questi le fibrosi polmonari “i pazienti hanno bisogno di accertamenti per tutta la vita e devono stare sempre sotto ossigenoterapia. Le cicatrici le riscontriamo in quasi tutti i pazienti. Questo tipo di danni sono inferiori, sotto al 10%, ma sono comunque gravi poiché - conclude- stare in ossigenoterapia tutta la vita è davvero brutto in quanto ti cambia la vita. Ci sono anche anche patologie non collegate alla respirazione, ma comunque gravi quali miocarditi e ictus”.