Sono già cinque i pazienti in provincia di Imperia ad aver ricevuto la pillola anti-covid. La prima somministrazione è avvenuta venerdì scorso, domenica due e altre due sono state prescritte lunedì. Per il distretto sanitario dell'Asl 1 imperiese sono 140 i trattamenti a disposizione. Il farmaco 'Molnupiravir' (Lagevrio), per il trattamento dei pazienti positivi al Covid-19, è stato consegnato il 4 gennaio scorso. Si tratta di un antivirale da assumere per via orale ogni 12 ore, per 5 giorni. Ogni trattamento prevede 1 flacone da 40 capsule (ogni capsula contiene 200 mg) e la posologia è di 800 mg (4 capsule da 200 mg).
Il farmaco è indicato per il trattamento degli adulti che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono a maggior rischio di progressione verso forme severe di covid-19. La prescrizione viene effettuata solo presso il centro autorizzato dell’ospedale. Il medico di famiglia può segnalare il paziente perché considerato a rischio progressione dei sintomi covid.
“È stata somministrata, spiega al nostro giornale Giovanni Cenderello, primario di Malattie infettive di Asl 1, a pazienti paucisintomatici con dei fattori di rischio pesanti come cardiopatie ischemiche , diabete scompensato, pazienti con patologie serie. Non possiamo sapere come stanno andando, visto che sono state somministrate da poco tempo ma non ho dubbi che vada bene”.
Nel contempo però, si va avanti anche con le terapie monoclonali. Gli anticorpi monoclonali infatti, agiscono contro il covid-19 come gli anticorpi naturali, per cui si legano al patogeno facendo in modo che non riesca ad entrare nelle cellule umane, quindi ad infettarle e replicarsi e nel contempo sia più facilmente fagocitato dalle cellule del sistema immunitario deputate a questa funzione, quali i macrofagi presenti nel fegato, nella milza e nei tessuti.
In Asl 1 fino a pochi giorni fa sono rimaste soltanto 20 dosi di monoclonali e al momento non si sa quando verranno integrate le scorte. “La struttura commissariale sta facendo problemi con la fornitura dei monoclonali, continua Cenderello. L’unico monoclonale che funziona con Omicron si chiama 'Sotrovimab' ed è l’unico che abbatte la possibilità di morte e di ospedalizzazione del 79%. Le pillola invece, del 30%. Sono due armi diverse che sono utili in condizioni diverse. La pillola affinché funzioni dee essere assunta dal paziente nei primi cinque giorni, poi non ha più senso. Il monoclonale ti dà due giorni in più ed è un po’ più efficace. La pillola è più facile da usare e quindi la puoi dare al paziente che poi torna a casa invece, il monoclonale lo devi gestire in day hospital. Tutto è utile, ma i pazienti ad altissimo rischio, come le persone che hanno avuto un trapianto di midollo, un trapianto di fegato, il paziente oncologico, devono essere trattati col monoclonale se si riesce”.
Dall’inizio della pandemia sono state somministrate in Asl 1 ben 480 terapie endovenose monoclonali e le stesse sono destinate a candidati indicati con particolari fattori di rischio: immunodepressi, chi ha insufficienza renale, chi ha il diabete, cardiopatie, chi è sottoposto a terapie con steroidi, o chi soffre di obesità. Questo tipo di terapia va iniettate al paziente in un tempo preciso, a pochi giorni dal contagio, ma a differenza della pillola anti-covid lascia un margine d’azione leggermente più ampio.
“La pillola è utile in pazienti che magari non vogliono venire in ospedale, spiega il primario, o non si vogliono far curare in ospedale e quindi presi più precocemente va benissimo la pillola. Già dopo 5-6 giorni sappiamo che può funzionare, ma funziona un po’ meno. La Regione ha chiesto un rifornimento per i monoclonali, stiamo aspettando. Adesso comunque, conclude Cenderello, abbiamo un’arma nuova, ossia la pillola, che ha una gestione più facile perché il paziente arriva e fa un tampone di terza generazione, poi gli si danno le compresse e torna a casa".