Sono passati 23 anni dalla morte di Fabrizio De André. L’11 gennaio del 1999 Faber se ne andava a soli 58 anni in una clinica di Milano, stroncato da un male incurabile che lo ha portato via troppo presto al mondo.
Il poeta degli ultimi, capace di regalare uno spaccato reale della vita e delle sue difficoltà, raccontandolo con la bellezza della poesia e della musica, rimane ancora oggi, a 23 anni di distanza dalla sua scomparsa, un’icona per tanti considerata inarrivabile. La scomparsa di De André ha lasciato nel mondo musicale italiano un vuoto che pochi, anzi pochissimi hanno potuto tentare di colmare. Composizioni apparentemente semplici, in cui l’orecchio viene incuriosito da ritmi e dai motivi accattivanti, si rivelano per la loro complessità solo a un ascolto più attento, voluto.
Testi mai banali, capaci di evocare alla mente immagini nitide e dirompenti di una Genova, la sua Genova, quella degli ultimi, degli emarginati. La musicalità racconta di un susseguirsi di strumenti che si “rispondono”, si inseguono richiamandosi, tenuti insieme dalle note della chitarra a tratti arpeggiata a ricordare la delicatezza del tocco, a tratti suonata con forza. E’ impossibile, ascoltando le canzoni di De André, non ritrovarsi con la mente tra gli stretti vicoli attorno a via del Campo, sentire il calore dei raggi del sole che filtrano tra le creuze della città vecchia, sentire le voci dei camalli.
Una carriera che si racchiude tutta tra due grandi canzoni, per citare solamente la prima e l’ultima che vedono la sua firma: l’esordio con “La canzone di Marinella”, un fatto di cronaca raccontato con straordinaria delicatezza e affidato, nel 1966, alla voce di Mina, e Smisurata Preghiera, brano conclusivo di Anime Salve, disco del 1996 da tanti ritenuto il suo testamento spirituale. E in una sorta di preghiera per chi a lui è più caro, Faber sembra congedarsi lasciando la celebre frase “Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria”.
Tanti hanno scritto di lui, lo hanno ricordato e lo fanno ancora oggi, a distanza di 23 anni da quell’11 gennaio del 1999, segno dell’impronta indelebile che Fabrizio De Andrè ha lasciato.