Attualità - 02 ottobre 2021, 08:20

Oggetti persi, dimenticati e ritrovati: l’autentico stemma della città di Sanremo ritracciato negli archivi della concattedrale di San Siro

Lo storico Giacomo Mannisi si è dedicato alla ricerca del documento originale che attesterebbe la nascita del blasone che ancora oggi contraddistingue la cittadina matuziana

Documento redatto nel 1701 dai Padri Cappuccini e conservato nella canonica di San Siro

Lo storico Giacomo Mannisi, autore del libro ‘Lo Stemma Civico di Sanremo’ (2016), si è dedicato alla ricerca del documento originale che attesterebbe la nascita del blasone che ancora oggi contraddistingue la cittadina matuziana. Una lunga indagine effettuata da Mannisi coinvolgendo altri due storici: Girolamo Rossi e Nilo Calvini. Ecco il suo scritto: 

Nel libro “Storia della Città di Sanremo” (1867) Girolamo Rossi descrive così un documento di proprietà della Collegiata di San Siro: “Uno stemma di San Remo su una pergamena diligentemente alluminata nella quale è rappresentato un leopardo”¹. Poi aggiungeva “...dello stesso periodogià appartenente alla collegiata di San Siro”. Il periodo citato era il XVI secolo.

Interessante documento, ho pensato, ma dove si trova oggi quel documento oppure, nella peggiore delle ipotesi, che fine ha fatto? Per me, storico, rappresentava una bella sfida poterlo ritrovare. Innanzi tutto dovevo capire cosa cercare esattamente, partendo dal significato della definizione: una pergamena diligentemente alluminata.

Pergamena: che cosa si intenda per pergamena e semplice, basta cercare su un dizionario che la definisce cosi:

1) La pergamena (detta anche cartapecora o carta pecudina) è una pelle di animale di solito di agnello o vitello non conciata e composta di collagene, utilizzata come supporto scrittorio fino al XIV secolo, quando venne gradatamente soppiantata dalla carta di canapa o d'altre fibre tessili. Presenta una struttura coriacea ed elastica, per cui il degrado non avviene frequentemente.

2) Pergamena, pelle animale variamente conciata, detta anche cartapecora, usata nell’antichità come materiale scrittorio pregiato e durevole; attualmente è impiegata nell’industria degli strumenti musicali e in legatoria. Il nome deriva da Pergamo di Misia, centro dell’Asia Minore dove si credeva che fosse stata inventata. L’uso della pergamena (di pecora, capra e vitello) è antichissimo, attestato da un frammento risalente alla XX dinasta egizia (1186/5-1070/69 a.C.). Il più antico documento greco in pergamena pervenutoci è del 195 a.C. e proviene da Dura-1Europo; i primi frammenti noti di opere letterarie datano al 2° o 3° sec. d.C. In campo librario la pergamena soppiantò il papiro fra il 3° e il 6° sec., in campo documentario si affermò definitivamente con l’8° secolo. Sino al 13° sec. rimase l’unica materia scrittoria d’Europa e del mondo bizantino e slavo, poi fu gradatamente sostituita dalla carta.

Alluminata: per questo termine l’interpretazione risulta più difficile perche non tutti gli studiosi sono concordi. Alcuni ritengono che il termine derivi da “allumare”, col significato di rendere luminoso, rischiarare; altri da “alluminare” trattare una stoffa o altro supporto con allume per rischiararlo; ed infine da “allu-miniare” dipingere a colori vivi, usando prevalentemente il rosso (minio) da cui il termine miniare per tute le illustrazioni in “miniatura” usate nei capoversi di codici di particolare importanza per impreziosirli.

Diligentemente: non c’è bisogno di interpretazione, io intenderei di buona fattura.

Finalmente potevo dar corso alla ricerca. Dovevo quindi cercare una pergamena, non doveva essere difficile distinguere una pergamena da un qualsiasi altro supporto di tipo cartaceo o di altra natura. Naturalmente la ricerca non poteva che iniziare dall’ultimo posto dove era stata vista: “già appartenente alla Collegiata di San Siro”, aveva scritto Girolamo Rossi, quindi dovevo iniziare da lì. Sapevo che non sarebbe stato facile. La conferma arrivo subito da Monsignor Alvise, vicario del Vescovo e reggente della concattedrale di San Siro, il quale mi disse di non saperne nulla, essendo egli reggente pro tempore non ne rappresentava la memoria storica; quindi io avrei dovuto cercarla tra la moltitudine di documenti conservati in archivio. Però la sua disponibilità a farmi accedere ad altra documentazione presente nella canonica mi ha consentito di dare un’occhiata in giro e, casualmente, la mia attenzione venne richiamata da un piccolo quadretto incorniciato che mi sono premurato subito di fotografare perché mi sembrava a dir poco interessante. A prima vista ho pensato, preso dall’entusiasmo, che potesse trattarsi proprio della pergamena che stavo cercando, però sarebbe stato troppo bello, così al primo tentativo, senza colpo ferire. Una bella iscrizione in latino, incorniciata da un ricamo con elementi vegetali e due putti, la decorazione era ulteriormente impreziosita da una figura di un vescovo a sinistra e di un frate a destra. La cosa che più ha colpito la mia attenzione e stata la raffigurazione dello stemma di Sanremo che sovrastava l’intero documento. Un emblema che rappresentava un animale che con le zampe si appoggia ad una palma. Dagli antichi Statuti Comunali sappiamo che lo stemma della comunità doveva essere: “unum panno rubeo in quo picta sit arma dicti loci vide licet leopardus cum palma².

Ad un attento esame potevo rilevare che l’animale doveva essere un leopardo, intravvedendosi entrambi gli occhi, infatti secondo le regole araldiche un animale rampante con il volto “in maestà”, cioè frontale, viene definito “leopardo illeonito”. Quindi poteva essere ciò di cui aveva scritto Girolamo Rossi: uno stemma di Sanremo su una pergamena diligentemente alluminata già appartenente alla Collegiata di San Siro, nella quale è rappresentato un leopardo.
Alcuni elementi c’erano: lo stemma di Sanremo con la rappresentazione di un leopardo; era “diligentemente alluminata”; era nella Collegiata di San Siro. Fosse stata su pergamena e datata XVI secolo la ricerca poteva dirsi terminata con successo, ma... non era su pergamena e soprattutto era datata 1701. Persi le speranze non insistetti nelle ricerche fino a quando non mi capito tra le mani un articolo di Nilo Calvini che parlava proprio di questo documento³.

Egli scrive che i Padri Cappuccini volendo ringraziare l’Amministrazione Comunale del contributo elargito per la ricostruzione del loro convento, redigevano uno scritto su una pergamena impreziosita da motivi floreali, con il quale concedevano l’indulgenza e una loro particolare benedizione, uniche ricchezze che potevano offrire, ai Consiglieri comunali. Fui sorpreso nel constatare che uno studioso come Calvini, sicuramente molto attento, definiva pergamena un documento su carta pesante. O meglio, mi resi conto che era prassi comune, anche da parte degli esperti, definire pergamena qualsiasi documento antico di un certo valore, impreziosito da miniature e motivi floreali di buona fattura, pur se il supporto non era propriamente la “cartapecora”; inoltre valutavo che, se fosse stato cinquecentesco, non sarebbe comunque stato pergamenaceo dato che non si scriveva più su quel tipo di materiale dal XIV secolo. Le speranze si riaccesero, un altro tassello, secondo me, era andato al suo posto, a questo punto mancava soltanto la datazione. Rileggendo bene la definizione che ne dava il Rossi riguardo alla datazione si capiva bene che essa era molto vaga, “dello stesso periodo”, sì, ma quale periodo, visto che spesso anche Rossi era piuttosto approssimativo nelle sue definizioni e datazioni, non possiamo escludere che potesse riferirsi alla fine XVII inizi XVIII secolo.

Ormai potevo ragionevolmente pensare che quel documento, che casualmente avevo visto nella canonica di San Siro, fosse lo stesso descritto da Girolamo Rossi in “Storia della Città di Sanremo”. Nilo Calvini, sostiene che questo documento, che egli ha visto nell’Archivio di Stato negli anni ‘60, dopo essere stato trasferito a Genova nel 1753 e restituito a Sanremo nel 1956, oggi sia sparito e non sia più reperibile. L’ipotesi più probabile e neanche troppo azzardata, e che il documento, prelevato dal generale Pinelli dalla collegiata di San Siro insieme alle altre carte dell’archivio storico del Comune e trasferito a Genova, una volta restituito a Sanremo nel 1956, sia stato in un primo tempo conservato assieme agli altri documenti nell’Archivio di Stato, in seguito, riconosciuto come non di proprietà del Comune, riconsegnato, senza che Calvini ne fosse a conoscenza, al legittimo proprietario: la Collegiata di San Siro.

Questa ricostruzione sarebbe compatibile con il fatto che Girolamo Rossi dice “già appartenente alla Collegiata di San Siro”, quindi, se il documento, redatto nel 1701, fosse stato realmente inviato a Genova nel 1753 non poteva essere stato visto nella collegiata di San Siro da Rossi, che scriveva nel 1867 e che ad onor del vero scrive “già appartenente”, ciò ci fa pensare che il documento in quel periodo fosse già a Genova, e che egli non lo abbia visto personalmente, ma ne abbia avuto conoscenza solo da una descrizione fattane dai religiosi di San Siro. Rientrato il documento, a Sanremo nel 1956, insieme a tutto l’archivio storico, fu visto da Calvini nell’Archivio di Stato ed in seguito perso di vista, ritrovato e riconosciuto solo adesso come quello presente oggi nella Canonica di San Siro.


P.S. Questo documento, a quanto mi risulta, e l’unico nel quale lo stemma di Sanremo presenti il leopardo alla destra araldica rispetto alla palma, ma questo non cambia la sostanza che sia effettivamente uno stemma di Sanremo⁴.

Note:

1) G. ROSSI, Storia della Città di San Remo, Ghilini, Oneglia, 1867, p. 118.
2) N. CALVINI, Statuti Comunali di Sanremo, tipolitografia Casabianca, Sanremo, 1983, p. 328
3) N. CALVINI, I Padri Cappuccini ringraziano gli Amministratori Comunali, in “Civitas Sanct Romuli”, Sanremo, 1990, p. 22.
4) G. MANNISI – M. VESCO, Lo Stemma Civico di Sanremo, 2016, pp. 33,34. Giacomo Mannisi

Particolare del documento nel quale si riconosce lo stemma di Sanremo

Redazione